Camminando nel passato di Piazza della Marina

Vi riporto ancora indietro, nel passato della Superba e grazie ad una mia nostalgica cartolina faremo un inatteso viaggio nel tempo.
Ci troviamo in una piazza ampia e ariosa accarezzata dalla brezza del mare che non lontano da qui vibra e ruggisce: siamo in Piazza della Marina, in un tempo diverso dal nostro, laggiù sulla destra si può andare in Via Madre di Dio e tutte le persone qui ritratte in questo scorcio genovese potrebbero raccontarci tante storie a noi sconosciute.

È un’avventura essere bambini in questo tempo del passato e in questa parte di Genova, i più piccini paiono godere di una certa libertà.

Questa è una zona di solerti lavoratori, consultando la mia Guida Pagano del 1926 ho scoperto che in Via della Marina c’erano diversi falegnami e tornitori, c’erano però anche una bella merceria e un fornitissimo negozio di ricami e non sapete quanto mi piacerebbe averli veduti!

Sulla Piazza della Marina ci si ferma anche a riprendere fiato lasciando le ceste posate lì per terra e nessuno di noi, purtroppo, sa indovinare cosa ci fosse dentro.

E si cresce, si diventa grandi e si impara la vita tra ostacoli e difficoltà.
Questi bambini, divenuti adulti, forse riguarderanno ai luoghi della loro infanzia e ad un certo punto non sapranno più riconoscere la loro piazza, quelle scalette dove andavano a sedersi, il portone nel quale andavano a nascondersi, la finestra dalla quale si affacciava sempre sorridente la signora Maria.

Cosa è rimasto di quel mondo e di quelle case svettanti colorate dai panni stesi e vibranti di vita?
Proviamo a viaggiare tra passato e presente per comprendere quei luoghi e il loro destino e osserviamo insieme questo scorcio della cartolina focalizzando la nostra attenzione sui due edifici collocati sull’estrema sinistra dell’immagine.

Ora volgiamo lo sguardo ai giorni nostri e osserviamo quei palazzi dalle diverse tonalità di rosa che risultano più avanzati rispetto agli altri.

Intendo questi tre palazzi così bene restaurati e caldi di sole.

Ho accostato la mia fotografia ad una porzione della mia immagine d’epoca, la riga rossa separa l’immagine del passato dallo scatto contemporaneo: i due palazzi rosa risulterebbero essere quindi i due palazzi all’estrema sinistra della cartolina.

Non è semplice ritrovare ciò che è rimasto da quel passato e dopo essere andata alle Mura della Marina a fare queste fotografie ho sottoposto le mie supposizioni agli amici Pier Giorgio Gagna e Stefano Finauri che sono molto esperti di cose genovesi ed entrambi hanno confermato la mia impressione, da qui li voglio così nuovamente ringraziare per il loro aiuto.
Gran parte degli edifici ritratti nella porzione destra della mia cartolina scomparvero a causa dei bombardamenti della II Guerra Mondiale, così questa parte di Genova ha mutato aspetto.
In quel tempo c’era questo spazio aperto con le case inondate di luce e di salmastro, lassù svettava imperiosa la Basilica di Santa Maria Assunta in Carignano.

Rivolgendo di nuovo lo sguardo in quella direzione, ai giorni nostri, il panorama è questo: la modernità ha stravolto questo zona della vecchia Genova senza donarle nuova ulteriore bellezza ma lasciando, in luogo degli edifici scomparsi, una costruzione che nella mia opinione non ha nulla di attrattivo.

E ancora, camminando in Via della Marina, ecco ancora una diversa prospettiva, i bambini della mia cartolina se rimarrebbero amareggiati e dolorosamente stupefatti.

Riguardando indietro a quei giorni che non abbiamo vissuto possiamo ritrovare le vedute di questa Genova perduta.
E allora ci sembra quasi di sentire le voci di quei bambini che giocano sulla piazza, il frastuono di quella vita lontana e laggiù, alla finestra, ci pare di scorgere la signora Maria che forse pensa di andare a fare qualche acquisto in quella merceria della quale vi parlavo.
In un giorno di un tempo lontano, camminando nel passato di Piazza della Marina.

L’Immacolata Concezione di Via Madre di Dio

Il passato, a volte, resiste alla furia del tempo e ancora ritorna, in qualche modo, davanti ai nostri sguardi.
L’antica Via Madre di Dio è una delle vie perdute di Genova, fu demolita negli anni ‘70 insieme al dedalo dei caruggi che la circondavano, certo era una zona che era stata danneggiata durante la guerra ma risanarla e restituirla ai genovesi sarebbe stato un dono prezioso.
Di quei luoghi scomparsi, talvolta, qualcosa si salva ed è ancora tra noi la statua dell’Immacolata Concezione opera di Gio Domenico Casella detto lo Scorticone, artista vissuto tra la fine del ‘500 e l’inizio del ‘600.

Cosi radiosa si erge la bella immagine di Maria, un tempo era collocata in un’edicola votiva di Via Madre di Dio.
E allora immaginatela là, in quelle strade di popolo e di gente devota, immaginatela in un caruggio percorso da vita vitace, tra il frastuono delle voci dei bottegai e le risate dei monelli.
Provate a pensare che quella luce che accarezza il suo manto sia quella del sole che filtra tra le case alte di Genova per illuminarla con il suo chiarore.

La magnifica scultura è conservata al Museo Diocesano, Maria è così ritratta secondo i canoni classici, tiene i piedi posati su una falce di luna dove si notano anche certi piccoli angioletti.

Era un tempo in quella strada tanto immaginata e mai percorsa, molte volte però ho fantasticato di attraversarla.
Lei porta la corona sul capo, volge lo sguardo al cielo e all’infinità, tiene le braccia aperte in un gesto amoroso.
Dolce e materna, è l’Immacolata Concezione di Via Madre di Dio.

Via Eugenia Ravasco: l’edicola della Madonna Immacolata

È una delle belle edicole genovesi e si staglia in un tratto della Superba dove più forte si coglie il mutare dello spirito dei tempi.
Si trova infatti in Via Eugenia Ravasco, strada che dall’antica Piazza di Sarzano conduce al quartiere di Carignano, percorrendo Via Eugenia Ravasco si attraversa quel Ponte di Carignano sotto il quale un tempo si snodava la popolosa Via Madre di Dio.
Erano strade affollate di vita, di persone operose e di sogni, poi come sappiamo quel quartiere venne spazzato via per lasciar posto a freddi e anonimi edifici moderni.
E così visse un altro tempo anche l’edicola di Via Eugenia Ravasco verso la quale si alzarono molti occhi devoti.

L’opera risale XVII o XVIII secolo ed ha beneficiato di un recente restauro che di certo ne esalta le armonie.
Così nella nicchia si ammira la bella statua marmorea: Maria tiene le mani al petto e il capo così dolcemente reclinato.

Ai piedi di lei e sotto la nuvola sulla quale si posa ecco certi piccoli putti come spesso si trovano in simili rappresentazioni della Madre di Dio.

Il palazzo sul quale potete ammirare questa raffinata edicola è il medesimo sul quale è affissa la targa dedicata a Giulio Cesare Drago della quale scrissi diverso tempo fa in questo articolo.

Sotto la luce di Genova, come in anni lontani, in Via Eugenia Ravasco lo sguardo ancora ritrova la grazia e l’armonia della Madonna dell’Immacolata.

Mugugni e fatterelli di un giorno di maggio del 1914

Ogni stagione ha i suoi mugugni e i suoi fatterelli di poco conto, andiamo così alla primavera del 1914 e sfogliamo le pagine del quotidiano Il Lavoro del 7 di Maggio, i cittadini di Genova per farsi sentire scrivono delle belle lettere che vengono poi pubblicate sul giornale con la speranza che i problemi vengano così risolti.
Dunque, gli abitanti di Boccadasse e Via Caprera hanno una precisa richiesta da fare: servirebbe una fermata del tram all’inizio di Via Felice Cavallotti e pregano che la loro necessità venga riferita alla direzione dei tram elettrici, guarda un po’ se per una cosa simile bisogna rivolgersi al giornale!

In Via San Vincenzo, invece, c’è un’altra bella grana: la strada è praticamente al buio e priva di illuminazione.
E questo è gravissimo, intanto per la sicurezza e poi per il fatto che una via così centrale e vicina alla stazione merita ben altro decoro e i cittadini hanno tutto il diritto ad avere la strada ben illuminata, come chiosa un lettore che si firma Uno per tutti.
C’è un signore poi che invece si lamenta dei rami secchi sugli alberi dei giardini di Corso Carbonara e dell’Acquasola, ma è mai possibile che non si possano tenere con cura queste benedette piante?

Quelli di Vico Chiuso Peirera, dalle parti di Via Fieschi, hanno pure le loro ragioni per mugugnare.
Pare infatti che ci sia gente che ha la bella abitudine di lanciare la spazzatura dalla finestra e quindi un assiduo lettore come sempre si fa parte diligente e parla anche a nome di quei poveri cittadini che devono sopportare cotanta maleducazione.
Qualcuno provveda, per carità!
Non va meglio in Via Madre di Dio, sembra che a causa degli eccessivi annaffiamenti della strada chi passa da quelle parti rischia di andare a gambe all’aria, sicché gli abitanti chiedono che venga fatta un po’ di attenzione, nessuno ha voglia di rompersi l’osso del collo!

Cartolina appartenente alla Collezione di Eugenio Terzo

Tra i fatterelli di cronaca ne ricorderei uno avvenuto in Vico Sottile dalle parti di Soziglia.
Sembra che nottetempo dei malfattori abbiano cercato di fare un grande buco nel reticolato di ferro che protegge il cancello del negozio di macelleria del signor Romolo, zitti zitti hanno tentato il colpaccio.
Tutto questo per rubare con l’ausilio di un gancio un mezzo vitello che era appeso nella macelleria: il furto grazie al cielo non è riuscito in quanto il buco era troppo piccolo e il vitello non ci passava, con gran sollievo del povero macellaio, immagino.
E sicuramente in Soziglia si sarà parlato parecchio di questa faccenda!

Dedichiamo anche spazio alle frivolezze ed ecco una bella novità per le signore genovesi, le più ambiziose non si faranno sfuggire la sorpresa annunciata sulle pagine del quotidiano.
In Via Carlo Felice, nota in seguito come Via XXV Aprile, alla celebre Pellicceria Genovese si terrà la vendita di eleganti capi provenienti dai celebri magazzini Lafayette di Parigi, ci sono mantelle, abiti, camicette all’ultima moda, è un’occasione imperdibile!
E per finire mi preme citare la disavventura della signorina Olimpia, mi auguro proprio che qualcuno l’abbia aiutata!
È accaduto in centro, nel tragitto da Via Colombo a Via del Seminario: la signorina Olimpia durante il percorso ha perduto una borsetta contenente 10 lire e due piccoli ritratti e tramite il giornale si auspica che tutto ritorni alla legittima proprietaria.
Povera signorina Olimpia, spero che i suoi cari ritratti siano tornati tra le sue mani così come tutto il resto che aveva smarrito, in un giorno di maggio del 1914.

Sotto il Ponte di Carignano

Sotto il Ponte di Carignano c’è una cesta di vimini posata in terra, proprio nei pressi della soglia di una bottega.
E c’è una donna genovese energica e indaffarata, ondeggia la sua gonna scura sospinta dai suoi passi.
Sotto il Ponte di Carignano si odono risate allegre di bimbi, toni concitati che risuonano all’interno di certe osterie, voci vivaci di popolo raccontano la vita di queste strade.

Sotto il Ponte di Carignano si percorre questa Via Madre di Dio che molti anni dopo sarà solo un nostalgico ricordo ma adesso, in questo frammento di vita, è semplicemente vita vera.
Si chiacchiera, si lascia scorrere il tempo restando di fronte alle proprie case ed è un giorno qualunque, la luce del sole sa anche battere gioiosa su questi vicoli.
C’è un cane che mesto attraversa la strada e tre uomini camminano uno accanto all’altro discutendo di chissà quale argomento.

E il vento a volte soffia su questi caruggi.
Spira sulle lenzuola, sulle tovaglie a quadretti, sulle persiane tirate in fuori, sulle corde da stendere e sulla vita di ogni giorno che sembra così normale eppure per ognuno ha la sua piccola cifra di eccezionalità.
Nel luogo che è casa e rifugio, cuore e anima.

Sotto il Ponte di Carignano una mamma tiene per mano la sua bimba, un signore se ne va in giro con le mani in tasca, un altro laggiù trasporta sulle spalle qualcosa di ingombrante.
Ed è un momento straordinario che mai più si ripeterà in questa maniera: con queste persone, con queste voci, con questi sguardi che si sono incrociati.

Ed è davvero un giorno qualunque, in un altro tempo.
Semplicemente vita, vita vera e cuori che battono per qualche istante all’unisono, sotto il Ponte di Carignano.

Sui passi di Niccolò Paganini

Forse non tutti sanno che è possibile camminare per le strade di Genova seguendo i passi di uno dei suoi più celebri figli, il musicista e compositore Niccolò Paganini.
Nella sua città natale gli è stato dedicato un percorso, a dire il vero non so quanti genovesi conoscano le targhe che sono poste nei luoghi della vita del grande violinista, in ogni caso basta recarsi all’Ufficio di Promozione Turistica del Comune e lì troverete un opuscolo con una cartina sulla quale sono i segnati i luoghi della Genova di Paganini.
Io ho trovato una di queste targhe per caso diverso tempo fa e in seguito ho veduto le altre, a volte a Genova bisogna camminare guardando per terra.
Passate in Via Lomellini e fermatevi davanti alla Chiesa di San Filippo Neri.

Luccica la targa di ottone e racconta di un ragazzino appena undicenne che suona per la prima volta da solista in questa chiesa.

Spostatevi poi in Via Garibaldi e precisamente all’inizio del Vico del Duca, il caruggio posto di fronte a Palazzo Tursi.

E qui si ricorda ai passanti che il prezioso violino del celebre musicista è conservato proprio a Palazzo Tursi.

Ed è ancora giovanissimo il nostro Niccolò quando si esibisce per la seconda volta nella Basilica delle Vigne davanti ad ammirati spettatori.

Accade nel giorno della la festa di Sant’Eligio, patrono degli Orefici, antica corporazione che elesse questa bella chiesa a propria sede religiosa.

Il geniale talento di Paganini lo conduce poi sul blasonato palcoscenico del Teatro Carlo Felice.

Cartolina appartenente alla Collezione di Eugenio Terzo

Ed è il trionfo, a questa prima esibizione ne seguirà un’altra e l’incasso sarà interamente devoluto a famiglie di persone in grave difficoltà.

Troverete questa ed altre informazioni nell’opuscolo dedicato alle targhe, la breve guida è curata con grande attenzione dall’Associazione Amici di Paganini, sono riportati anche dei brani tratti dalla Gazzetta di Genova dell’epoca con la narrazione degli eventi ai quali si riferisce una certa targa.
E non vi svelo nulla di più, vi lascio il piacere di scoprire per conto vostro certi dettagli.
Luci ed ombre, nella vita di Paganini ci fu anche il carcere, il nostro geniale violinista finì nella Torre Grimaldina di Palazzo Ducale.

Accadde a causa di una relazione che egli ebbe con una certa Angiolina Cavanna, di quella storia travagliata ho già avuto modo di scrivere in questo articolo dedicato agli amori appassionati del musicista.
La traccia di quella vicenda resta in una targa che trovate nelle vicinanze del carcere dove Paganini venne recluso.

In questo percorso manca un luogo molto importante ed è assente per una precisa ragione in quanto non esiste più, tuttavia io aggiungo questa tappa alla nostra passeggiata.
Infatti, malgrado l’edificio sia stato demolito, c’è ancora la memoria della casa in cui nacque il nostro Niccolò e per trovarla vi basterà oltrepassare questo archivolto che si trova in Campo Pisano.

Al di là di esso c’è questo luogo dove vado poco volentieri, dire che lo detesto è veramente riduttivo.


Qui nulla vi parla di Genova e della sua vera anima, soltanto il Ponte di Carignano risveglia la memoria di luoghi ormai scomparsi.

La casa natale di Niccolò Paganini si trovava in Passo di Gatta Mora, anche di questo luogo perduto ho già avuto modo di scrivere in passato in questo articolo, sulla facciata c’era un’edicola con una Madonnetta ora conservata al Museo di Sant’Agostino.

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

Sono stata in questi giardini solo per fotografare la targa che rammenta la storia di questo luogo.
La lastra sottostante non è chiaramente leggibile e così sotto la foto riporto il testo.

ALTA VENTURA SORTITA AD UMILE LUOGO
IN QUESTA CASA
IL GIORNO XXVII DI OTTOBRE DELL’ANNO MDCCLXXXII
NACQUE
A DECORO DI GENOVA E DELIZIA DEL MONDO
NICOLÓ PAGANINI
NELLA DIVINA ARTE DEI SUONI INSUPERATO MAESTRO

Resta di Niccolò Paganini l’atto di battesimo, lo trovate nella Chiesa di San Donato.

Luoghi del quotidiano per noi.
A Genova guardate a terra, qualche volta.

La grandezza di un artista non si perde come le pietre di un’antica casa demolita dalla mano dell’uomo, la grandezza di Paganini sopravvive alle cose terrene e rimane eterna nella sua musica e nelle sue note.

Opera conservata presso l’Istituto Mazziniano
Museo del Risorgimento

Questo percorso vi conduce nei luoghi della sua vita, le tappe sono 11 ed io ve ne ho mostrate di proposito soltanto alcune, in certi punti di Genova riluce una targhetta di ottone sulla quale è incisa la firma di un grande musicista.
Cercate queste targhe, scopritele ed emozionatevi.
In memoria di un grande genovese, in memoria di Niccolò Paganini, eternamente vivo nelle sue inconfondibili note.

Salita alla Montagnola dei Servi, camminando nel nostro passato

In questa città dalle mille sorprese a volte capita di fare nuove scoperte e questa volta è accaduto in pieno centro, in Via Fieschi.
Se per caso doveste trovarvi da quelle parti prestate attenzione agli edifici situati nell’ultimo tratto, noterete che le fondamenta posano su una strada sottostante e l’accesso a Via Fieschi è garantito da una passerella posta ad un piano intermedio.

Ecco ancora un altro portone.

Dall’immagine che segue si può apprezzare ancor meglio l’altezza del muro di contenimento di Via Fieschi.
E poi c’è quella stradina laggiù, dove porterà?

Per scoprirlo occorre recarsi in Piazza Carignano ed imboccare la discesa a sinistra del palazzo dell’Agenzia dell’Entrate.
Troverete un toponimo che ricorda luoghi antichi e perduti, state per percorrere ciò che rimane di Salita alla Montagnola dei Servi.

Si scende e ci si imbatte in un vetusto portone, è situato al piano terra di uno di quei palazzi che hanno l’ingresso su Via Fieschi.
Ed è proprio un portone di caruggi simile ad altri che ancora si trovano nella città vecchia.

Del resto in questa zona un tempo c’era Via Madre di Dio con il suo intrico di vicoli e con le sue strade ormai perdute, ne scrissi diverso tempo fa in questo articolo.
Il passato resta, in qualche modo, anche se la mano dell’uomo lo ha cancellato.

Un cancello, un passaggio e un piccolo mistero, non so dirvi con esattezza cosa ci fosse in questo punto, ovviamente sarei felice di scoprirlo.

E ancora si cammina: finestrelle, piante, un altro portoncino.
Un tratto di strada miracolosamente sopravvissuto alle rivoluzioni urbanistiche che hanno spazzato via un intero quartiere, la zona di Via Madre di Dio suscita sempre malinconico rimpianto nei genovesi.
Io non l’ho mai veduta ma tante volte ho provato a immaginarla.

Ancora qualche passo, alla fine di Salita alla Montagnola dei Servi c’è un altro vicoletto e ancora viene alla mente quel quartiere che non ho potuto conoscere: ci troviamo in Salita Boccafò.
Il solito fidato Amedeo Pescio scrive che i Boccafò erano originari di Chiavari, di professione erano lanieri e qui, a Portoria, c’erano un tempo Borgo dei Lanaiuoli e Vico della Lana, certi abili artigiani esercitavano con sapienza la loro arte antica in questi luoghi ormai scomparsi.

Rosso di Genova e vasetti di coccio.

La mia naturale curiosità mi ha quindi portato a consultare la mia Guida Pagano del 1926, in Salita Boccafò c’erano un rigattiere e un falegname, le loro botteghe profumavano di legno e di vita.
E c’era anche la Colomba, lei era levatrice, chissà quanti bambini ha fatto venire al mondo!

Il passato, a volte, svanisce.
Non resta l’eco di quelle voci, non sappiamo neanche credere che qui un tempo fosse tutto diverso.
Ancora si scende ma il cammino è breve, la nostra Salita Boccafò si perde nel cemento e nella modernità.

E se alzate lo sguardo sopra di voi vedrete quel palazzo che ha soppiantato una zona amatissima di Genova.
Non sprecherò tanti aggettivi per descriverlo, l’ho già scritto in altre occasioni e lo ribadisco, trovo questo edificio veramente orribile.

Si può soltanto provare ad usare l’immaginazione, si può cercare la traccia di quei luoghi perduti sulle cartine di un’altra epoca.
Nell’immagine che segue vedrete la pianta della zona pubblicata sulla mia Guida Pagano del 1926.
Salita alla Montagnola dei Servi si estendeva per un lungo tratto e terminava nella Via dei Servi, davanti alla chiesa di Santa Maria dei Servi, Salita Boccafò terminava invece in Via Madre di Dio.
Non esiste più nulla, non trovo neanche parole per esprimere il mio rammarico.

Ciò che rimane è evidenziato in un dettaglio della cartina.
I numeri 10 e 12 di Piazza Carignano corrispondono all’edificio dell’Agenzia dell’Entrate, lì ha inizio Salita alla Montagnola dei Servi.
Una discesa, una curva, il breve tratto che io ho percorso.
Questo è ciò che resta di quella via, si vede anche Salita Boccafò.

Il passato, a volte, rimane dietro ad una porta chiusa.
Imperscrutabile e misterioso, è composto da giorni semplici e da vite che conobbero gioie e fatiche, il passato risuona nella memoria e nei nostri giochi di fantasia.
E allora puoi vedere i visi, sentire i rumori delle botteghe, provare ad immaginare i bambini che corrono a perdifiato giù per la discesa.

Da Salita alla Montagnola dei Servi a Salita Boccafò, nei luoghi di Genova perduta.

C’è la serratura ma noi non abbiamo la chiave e forse solo guardando con occhi diversi possiamo sperare di aprire quell’antico portone.

La trattoria Zolezi in Via Madre di Dio

Nomi e vicende riemergono dal passato, sono frammenti di vita che non abbiamo veduto.
Ricorderete che poco tempo fa su queste pagine è apparso un articolo dedicato a Pier Enrico Zolezi e al suo glorioso locale una volta sito in Galleria Mazzini.

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Pier Enrico non era il solo della sua famiglia a dedicarsi alla ristorazione, come lui anche Giuseppe Zolezi aveva un esercizio commerciale che si trovava in Via Madre di Dio, una strada molto amata di Genova.
Una storia ne rievoca un’altra ed è proprio ciò che è capitato in questo caso.
A seguito del mio post dedicato a Pier Enrico Zolezi sono stata contattata da Renata e Michela, entrambe sono imparentate in diversa maniera con gli Zolezi e le ringrazio di cuore per la loro generosa disponibilità.
Michela è figlia di Armando Morselli, discendente di Giuseppe, proprio al signor Armando si deve una testimonianza preziosa, una splendida immagine d’epoca conservata con autentico amore e attaccamento alle proprie radici.
Quella foto ci porta in Via Madre di Dio, la strada perduta e abbattuta dalla mano dell’uomo come tutti quei vicoli che la circondavano.

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Cartolina appartenente alla Collezione di Eugenio Terzo

Ed è scomparsa anche la zona delle Mura di Santa Margherita, consultando le mie vecchie guide ho scoperto che Giuseppe Zolezi e la sua consorte avevano lì una fabbrica di acque gazzose.
Come dicevo, nella rimpianta Via Madre di Dio c’era invece il loro locale con la sua bella insegna ben evidente.
Trattoria, caffè e bottiglieria, per la gioia dei genovesi.

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Mettiamo indietro le lancette e andiamo a quel giorno, è un giorno speciale per gli Zolezi: si festeggia il primo compleanno del più piccino.
A sollevarlo con fierezza e orgoglio è proprio suo papà Giuseppe, il proprietario del caffè.
Seduta sulla sedia una bimbetta dal fare un po’ impacciato, mani amorose si posano sulle sue spalle.

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Eccoli i bambini di casa, ritti e impettiti per fare la fotografia, un evento che non capitava certo ogni giorno.
Il signore con giacca, panciotto e paglietta chi sarà? Un avventore o forse uno di famiglia?
Restano tutti ritratti in un istante della loro vita, in una bella fotografia antica.

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Vermouth, birre e gazzose, tintinnano i bicchieri dei clienti davanti al bancone del Caffè.

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E passano i piatti con le pietanze fumanti, chissà che delizie escono dalla cucina: torte di verdure dalla sfoglia impalpabile, cibo sano e genuino.
E certo, molti sono abituali frequentatori del locale, vengono accolti con sorrisi e con parole di benvenuto.

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L’animata e vivace Via Madre di Dio è frequentatissima nel tempo del suo fulgore.
La strada è abitata da lavoratori e da gente del popolo, uno di essi lo si nota appena in questo piccolo ritaglio: è seduto davanti alla sua casa, probabilmente.
Guarda scorrere la vita del quartiere, la vive ogni giorno, questo è il suo mondo, qui batte il suo cuore.
Accanto a lui un giovane uomo con le mani in tasca osserva la porta del locale, forse si domanda cosa stia accadendo da Zolezi.

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Ve l’ho detto, si festeggia una piccola vita che cresce, un bimbo che compie un anno.
E sono numerosi gli altri bambini che affollano questa porzione di strada: timidi, esitanti, curiosi di ciò accade attorno a loro.

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Il cappello calcato sulla testa, il sole che batte sugli occhi, i più piccini che si sporgono dietro a quelli più grandicelli.
E la bimba con l’abitino bianco e leggero, di lei non si vede il volto, si può solo immaginare il suo dolce sorriso.

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Era un giorno lontano, in Via Madre di Dio.
In un luogo dove non possiamo ritornare, in una strada che non possiamo vedere.
Davanti al locale di Giuseppe Zolezi, in un momento importante per questa famiglia.

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Le Mura del Barbarossa

Gli affascinanti misteri dei caruggi, io ho iniziato a scoprirli da ragazzina.
Avevo 15 anni e me andavo in giro per la città vecchia in cerca di luoghi mai veduti, uno dei miei posti preferiti era la zona di Ravecca.
Su e giù, per tutte le traverse come faccio ancora adesso.
E poi là, sopra le antiche mura della Superba, le mura del Barbarossa.
Allora quella parte di Genova era diversa, c’erano ancora molti edifici da ristrutturare e il mio ricordo fa riemergere un’impressione di suggestiva decadenza.
Su e giù per le mura poi un brutto giorno, ahimè, sono state chiuse da cancelli e rese inaccessibili.
Ditemi, negli ultimi anni avete per caso visto una tizia seduta per terra lì davanti?
Ecco, si trattava di me, ho passato ore in paziente attesa che il caso mi facesse incontrare qualcuno in possesso delle chiavi per poter entrare.
E orfana della mia passeggiata preferita ho scattato diverse foto da quest’unica prospettiva sulle mura del Barbarossa.

Mura del Barbarossa (2)

Ora è nuovamente possibile visitarle, purtroppo restano chiuse al libero accesso ma c’è maniera di effettuare un percorso sulle mura e oggi vi porterò proprio là sul camminamento dove i soldati un tempo facevano la ronda per assicurare la tranquillità ai genovesi.
Da Via Ravasco si sale verso Passo delle Murette, su per una scala di ferro, fermatevi ad osservare il muro che la costeggia, ci sono i resti delle antiche tubature in terracotta e non si trovano solo in questo punto ma anche altrove, presto vi mostrerò altre immagini.

Mura del Barbarossa (3)

Ecco il cancello.

Mura del Barbarossa (4)

E non sapete la mia gioia di vederlo alle mie spalle!

Mura del Barbarossa (5)

Le antiche mura di Genova costruite in sua difesa a partire dal 1155 contro un temibile nemico, il Barbarossa con le sue minacciose truppe.
Le mura vengono edificate a ridosso di Porta Soprana che già esisteva nel X secolo, la sua costruzione venne ultimata in quel 1155.
Tutto il popolo accorre in soccorso, si lavora senza sosta, si elevano palizzate e si usano gli alberi delle navi, nel 1159 l’opera è terminata.

Mura del Barbarossa (6)

Di quelle mura che cingevano la città ne resta una parte, il camminamento si addentra tra le case e non potete dire di aver veduto Genova se non siete stati qui, in una delle sue parti più antiche e ricche di storia.

Mura del Barbarossa (7)

E guardate in ogni direzione, voltatevi indietro e vedrete il mare e le campate del ponte sotto il quale brulicava di vita la ormai perduta Via Madre di Dio.

Mura del Barbarossa (8)

Usate la vostra fantasia e allora vedrete la gente di Genova di un altro tempo, sentirete le voci delle popolane e udirete il clangore delle armature di quei temerari soldati che presidiano le mura.

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Case alte e svettanti, le potete vedere dai caruggi che salgono da Ravecca da dove si ammirano le mura del Barbarossa da una diversa prospettiva.

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Camminate nel vicolo stretto che si snoda tra curve e saliscendi.

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E guardate verso la strada che avete già percorso.

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E davanti a voi, tra antiche case color ocra e rosa di Liguria.

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E poi affacciatevi sulle piazzette e sui caruggi circostanti, su queste ardesie e su questi colori, ho iniziato a innamorarmi di Genova scoprendo questi suoi vicoli nascosti, ora immacolati e rinati a nuova vita.

Mura del Barbarossa (14)

Un luogo che appartiene a un’altra epoca eppure è in perfetta sincronia con il nostro tempo.
Arancio, giallo e grigio di cielo plumbeo.

Mura del Barbarossa (15)

Curve, finestre e mura.

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Persiane, panni stesi e sfumature della città vecchia.

Mura del Barbarossa (17)

Guardate ancora indietro, la veduta della città in salita.

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E scale e gradini da scendere.

Mura del Barbarossa (19)

Su e giù per le mura del Barbarossa, tra le case della vecchia Genova.

Mura del Barbarossa (20)

Qui, in questo tratto, concedetevi una deviazione, alcuni scalini vi porteranno al lavatoio di Salita di Coccagna, ve ne parlai in questo articolo, lo avevo fotografato dal vicolo rimanendo al di là del cancello.

Lavatoio

I muri raccontano storie, celano testimonianze di giorni che noi non abbiamo vissuto.
Osservate con attenzione, qui ci sono le derivazioni dell’antico acquedotto.

Lavatoio (2)

E ci sono anche piccole targhe in marmo sulle quali sono riportati i numeri degli antichi bronzini.

Lavatoio (3)

Il tempo che non abbiamo vissuto è scandito dagli scrosci d’acqua, dal profumo del sapone e dalle chiacchiere delle lavandaie.

Lavatoio (4)

Il tempo che non abbiamo vissuto resiste con protervia, è l’immagine di una giovane donna curva sul lavatoio, sfrega con energia i suoi panni, ha il volto affaticato, arrossato e stanco eppure sorride.
Abita qui, nei dintorni.
E il suo tempo vissuto è per noi soltanto immaginato ma ha una cifra di realtà e la leggi sul muro, incisa nel marmo.

Lavatoio (5)

Anche i secoli si coprono di ruggine ma se guardi con occhi nuovi tutto sembrerà vero e presente.

Lavatoio (6)

Scale, finestre, Genova: da un lato c’è Via del Colle e dall’altro c’è Via Ravecca.

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E ancora uno sguardo indietro verso le splendide angustie della Superba, in una giornata di sole qui la luce rimbalza sui muri rossi.

Mura del Barbarossa (22)

E si incontra ancora un altro cancello, al di là di esso prosegue la camminata sulle mura del Barbarossa.

Mura del Barbarossa (23)

E sopra c’è una lapide dove si leggono parole in latino: ad beneplacitum patrum communis che significa con il  beneplacito dei padri del Comune.

Mura del Barbarossa (24)

Varcherete questo cancello e vi troverete nel tratto che conduce alle torri di Porta Soprana.

Mura del Barbarossa (25)

Sono a breve distanza da voi, ancora pochi passi e potrete salire sulle torri da dove si domina il magnifico scenario della Superba vista dall’alto.

Mura del Barbarossa (26)

Diverse epoche di una città convivono fianco a fianco.

Mura del Barbarossa (27)

Case dai tetti spioventi si affacciano sulle mura e le sovrastano.

Mura del Barbarossa (28)

Termina qui il percorso sulla mura del Barbarossa, un’esperienza che consiglio a genovesi e visitatori, vi calerete in un’atmosfera dalle suggestioni intense.
E come vi ho detto all’inizio questo post l’accesso alle mura è reso ora possibile da una cooperativa che ha in gestione alcune interessanti realtà cittadine.
Le mura sono visitabili nel contesto di un pacchetto che comprende la visita al Museo di Sant’Agostino, alle torri di Porta Soprana e alla Casa di Colombo, per tutte le informazioni e i dettagli guardate qui.

Mura del Barbarossa (29)

Io sono tornata nel luogo delle mie prime emozionanti esplorazioni.
Ho un ricordo preciso di me, ho lo zainetto sulle spalle e corro su per Salita della Fava Greca, mi guardo intorno e tutto è stupore e meraviglia.
Io sono rimasta uguale, Genova è rimasta uguale, tutta da scoprire.

Porta Soprana

Le Madonnette di Genova, dai caruggi a Sant’Agostino

Se volete conoscere Genova dovete camminare per i suoi caruggi.
Se volete conoscere Genova dovete alzare lo sguardo verso le tracce di una devozione antica, verso quelle edicole che un tempo ospitavano le immagini sacre di Maria e dei Santi.
Oggi vi porto a fare una passeggiata particolare, tra i vicoli e il Museo di Sant’Agostino, tra passato e presente, tra le edicole che ancora si trovano in quei caruggi e alcune statue che potrete vedere in quel Museo.
Lì si trova la statua della Madonna che un tempo era situata nell’edicola posta  sulla casa di Paganini.
L’infinita dolcezza di quegli sguardi si posa su di voi e si prova una sorta di emozione difficile da spiegare, le custodi silenziose dei nostri caruggi sono là, in Sant’Agostino.

Museo di Sant'Agostino

Il culto della Madonna ha origini antiche in questa città, Lei fu anche proclamata Regina di Genova e trovate qui la motivazione.
Ai giorni nostri nelle edicole sono esposte copie fedeli delle statue originali, bisogna andare in quel Museo per trovare i visi benevolenti e i sorrisi che un tempo si posavano sui genovesi.
E bisogna conoscere Genova e i suoi caruggi per poter ricondurre ogni Madonnetta alla sua collocazione originaria.
Vi porto con me, in Via Prè, amo molto questa antica strada.

Via Prè (5)

E lì, dove la via ha inizio poco dopo la Commenda c’è questa bella edicola che ritrae il Beato Botta in contemplazione della Madre di Cristo.

Beato Botta 1

Eccolo il Beato Botta in preghiera, la scultura risale al XVIII secolo.

Beato Botta 1a

Sempre in Via Prè, poco distante, c’è un’altra edicola che ritrae lo stesso soggetto religioso.

Beato Botta 2

E ancora ecco la statua che un tempo era lì collocata.

Beato Botta 2a

E già che siamo da queste parti facciamo una deviazione in Piazza dei Truogoli di Santa Brigida, un angolo di caruggi davvero suggestivo.

Piazza dei Truogoli di  Santa Brigida

E fermiamoci davanti all’edicola.

Piazza dei Truogoli di Santa Brigida

E’ dolce e tenera l’immagine seicentesca della Madre di Dio qui ritratta con Gesù e San Giovannino.

Piazza dei Truogoli di Santa Brigida 9

Le belle e numerose edicole di Via Prè, a loro ho dedicato un intero articolo, lo trovate qui.
La nostra passeggiata continua, scendiamo e arriviamo in Piazza Del Campo.

Piazza del Campo (3)

 

Anche qui troviamo un’edicola, collocata proprio sopra i banchi di frutta e verdura, sacro e profano convivono armoniosamente nei caruggi.

Piazza del Campo (2)

Ed è particolare la statua della Madonna che qui si trovava, è attribuita ad un artista del ‘300, lo scultore che la eseguì faceva parte della scuola che lavorò al restauro della cattedrale quando questa subì diversi danni a causa di un incendio nel 1296.

Piazza del Campo

Andiamo ancora oltre e ci troviamo in Via di Fossatello, qui aveva posto un dipinto, un olio su ardesia che ritrae la Madonna del Cardellino.

La Madonnetta

Anche quest’opera si trova nel Museo che tutti i genovesi dovrebbero vedere.

Via di Fossatello

Camminiamo ancora, ci inoltriamo in Via della Maddalena dove troveremo un’edicola dedicata a Sant’Antonio da Padova che merita certo attenzione, ho già avuto modo di scriverne in questo articolo.

Via della Maddalena

Il Santo di Padova è ritratto in una statua lignea.

Via Della Maddalena (2)

E tiene a sé il Bambino Gesù.

Via della Maddalena 1

Torniamo in San Luca, dove sono davvero numerose le edicole votive, come del resto in tutto il centro storico.
E qui ci fermiamo nei pressi dell’Archivolto di San Raffaele.
Eh, su quei fili elettrici così a vista non dico nulla ma potete immaginare quale sia il mio pensiero.

Via San Luca- Madonna con il Bambino

E ancora si trova uno sguardo dolce e amorevole.

Via San Luca - Madonna con il bambino 1a

E poco distante ancora una nicchia per la Madre di Dio.

Via San Luca  - 2

E questa è la statua che lì si trovava.

Via San Luca

Genova era questo, le Madonnette nei caruggi, ce n’erano ovunque.
Si cammina, nel saliscendi e nella penombra dei vicoli, arrivate in Via di Scurreria Vecchia, un altro vicolo che è tutto sfumature di colore.

Via di Scurreria Vecchia (2)

E andiamo ancora oltre, la strada si incrocia con Vico Indoratori e lì si trova questa edicola.

Via di Scurreria Vecchia

Anche qui era collocato un dipinto, attribuito a un artista della famiglia Calvi, l’opera risale al ‘500 e forse ne fu autore proprio Lazzaro Calvi, celebre pittore.
Il dipinto ritrae la Madonna con il Bambino tra i Santi Giovanni Battista e Lorenzo.

Via di Scurreria Vecchia 1

E’ un’emozione grande camminare tra le Madonnette di Sant’Agostino, qui ci sono anche statue che provengono da luoghi che hanno subito sconvolgimenti e profonde trasformazioni, luoghi che non abbiamo saputo difendere come avremmo dovuto.
Lei è la seicentesca Madonna con il Bambino benedicente attribuita a Domenico Amadeo,  si trovava dall’edicola situate nel pilone sotto il Ponte di Carignano, in Via Madre di Dio.

Madonna con il Bambino Benedicente (3)

Perduta la strada, a noi è rimasta questa Madonna.

Madonna con il Bambino benedicente

Ed è piena di grazia e bellezza la statua di Maria che un tempo era nella chiesa di San Silvestro, ormai perduta sotto i bombardamenti della II Guerra Mondiale.

Madonna della Misericordia Chiesa di San Silvestro

Dolcezza infinita nel suo sguardo.

Madonna della Misericordia - Chiesa di San Silvestro

E ancora, altri caruggi, andiamo giù da Salita del Prione.

Salita del Prione

Anche lì troverete una bella edicola che un tempo ospitava la Madonna.

Salita del Prione (2)

Lei calpesta il maligno che ha le fattezze di un drago, la Madonna pura e candida scolpita nel marmo bianco volge lo sguardo a Dio.

Salita del Prione

Queste Madonnette che oggi troviamo in uno dei Musei più interessanti della città erano un tempo per le nostre strade, a loro ci si rivolgeva confidando le proprie speranze e i propri pensieri.
E no, davvero non potete dire di conoscere Genova se non avete mai veduto queste sue antiche vie e i tanti volti della Madonna che potete incontrare qui, in Sant’Agostino.

Madonna con Gesù e San GIovannino

Non tutte sono state salvate, va ricordato che purtroppo nel passato, quando ancora erano esposte nelle edicole, alcune statue sono state sottratte e sono così andate perdute.
Questo rende ancora più care e preziose le Madonnette che invece sono al sicuro dento al Museo.
Accanto ad ognuna c’è una scheda esplicativa che illustra la sua storia e la collocazione originaria dell’opera, io ve ne ho mostrate alcune, ve ne sono altre che potrete scoprire da voi.

Museo di Sant'Agostino (2)

Qui in Sant’Agostino, c’è parte del nostro passato, c’è il ricordo di luoghi che non possiamo più vedere perché non siamo stati capaci di difenderli.
Quartieri interi, strade e piazze, pietre millenaria.
Là, in Piccapietra, un tempo sorgeva la Porta Aurea, non ne è rimasta più traccia.

Porta Aurea

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

Sulle sue braccia aperte si posa il drappeggio del mantello, è sottile ed eterea la Madonna che un tempo si trovava sopra la porta perduta di Genova.
Lei è ancora tra noi, nella pace e nel silenzio di Sant’Agostino.

Madonna dell Misericordia - Porta Aurea