Fratello e sorella

Sono due piccoletti ritratti insieme in un giorno lontano dal fotografo Alfred Noack.
Ho immaginato che fossero fratello e sorella e a vederli così vicini, nella foto del ricordo dei giorni d’infanzia, non penso di essere in errore.
Sono due bimbetti, vestiti con cura con abiti all’apparenza piuttosto ricercati e di buon gusto.
Sono due bimbetti di un altro tempo eppure, ad osservarli con attenzione, hanno dei visetti che ci sembra di riconoscere, sono proprio come i loro coetanei della nostra epoca.

L’espressione vivace e curiosa, un mezzo sorriso appena immaginato.
E un fiocchetto e un completo a quadretti.

E le calze bianche, gli stivaletti e i piedi incrociati che forse lui vorrebbe poter dondolare avanti e indietro.

La sorellina, con il suo vestitino chiaro tutto pizzi, tiene una manina sulla gamba di lui, ha i capelli tirati indietro e tenuti fermi da un cerchietto.
E osserva, in questa maniera.
E magari è un po’ timida e magari un po’ sogna, immagina, si perde nelle sue fantasie di bimba.

In un giorno distante, nei caruggi di Genova.
In Vico del Filo, nello studio del fotografo Alfred Noack, fratello e sorella, così vicini, con tutta la vita davanti.

La ragazza con l’abito a quadretti

La ragazza con l’abito a quadretti aveva gli occhi celesti e i lineamenti regolari, portava i capelli raccolti in una semplice pettinatura e orecchini minuti ai lobi.
La ragazza con l’abito a quadretti era così seria, con questa espressione imbronciata, eppure non dobbiamo pensare a lei come ad una fanciulla ombrosa: la ragazza con l’abito a quadretti avrà svelato, in qualche altra diversa circostanza, il suo luminoso sorriso.
Quel giorno, nello studio di Alfred Noack nei caruggi di Genova, così rimase, immobile e graziosa.
Oggi quel suo ritratto fa parte della mia piccola collezione.

La ragazza, come le sue coetanee di quel tempo, aveva quel vitino di vespa certamente dovuto alla consuetudine di indossare il bustino.
E il suo abito era delizia di sfumature differenti con una fila di bottoncini e delle bordature raffinate: da principio ho immaginato che fosse sui toni del verde prato e poi ho invece supposto che potesse essere rosso o quasi amaranto.

La ragazza con l’abito a quadretti aveva la pelle chiara e diafana e reggeva l’immancabile ventaglio, teneva poi le dita della mano sinistra posate ad arte sullo schienale della sedia, chiaramente secondo le indicazioni dello stesso Noack.
Quella sedia era un arredo di studio e compare spesso nei ritratti di Alfred Noack, lo stesso può dirsi a riguardo del grazioso cestino colmo di fiorellini che ho ritrovato diverse volte nelle fotografie in formato carte de visite di giovani donne oppure di bimbette.

Alfred Noack aveva il suo studio in Vico del Filo, un caruggio che collega San Lorenzo e Canneto il Curto e ogni volta che attraverso quella parte di Genova antica mi immagino tutta quella gente che si recava da lui: giovani madri con la loro numerosa prole, azzimati gentiluomini con cravattini lucidi e garbate signorine delle nobili famiglie genovesi.
In un giorno distante, perduto in un passato lontano, un giorno in quello studio fotografico giunse anche lei.
Si sistemò la gonna, trattenne il fiato, puntò lo sguardo verso un punto indefinito e si immerse nei suoi pensieri.
Unica, come ogni persona che attraversa questo mondo, lei era la ragazza con l’abito a quadretti.

In cima alla Torre dei Morchi

Arrivando a Caricamento, a metà dell’Ottocento, avreste trovato sulla piazza carri e carretti e un gran traffico di gente molto diverso da quello odierno.
Laggiù, tra i palazzi, la Torre dei Morchi, dove aveva sede un celebre e rinomato albergo, l’Hotel Croce di Malta.
Vi soggiornarono scrittori e poeti, era la meta del jet set culturale del tempo, tra gli altri vi dormirono Stendhal e Mark Twain, ne scrissi in questo articolo dedicato appunto al prestigioso Hotel.
E qui vedete una preziosa fotografia di Alfred Noack, appartiene alla ricca collezione dell’amico Vittorio Laura che ringrazio per il cortese prestito.

Noack

E a Caricamento ancora svetta la Torre dei Morchi, risale al XII secolo e malgrado nel corso degli anni abbia subito diverse modifiche  mantiene intatto il suo antico fascino.
La Liguria dei viaggiatori, la Liguria amata da americani e inglesi, tra i tanti visitatori figura anche la scrittrice  Octavia Walton Le Vert alla quale capitò una sorta di dissaventura.
Dovete sapere che la signora giunse a Genova  con la famiglia a notte fonda e il regolamento prevedeva che le diligenze non potessero condurre i passeggeri agli alberghi.
Che disdetta!
E per di più non si trovava una carrozza neppure a pagarla oro, un bel problema!
Per fortuna Octavia trovò qualcuno che la accompagnò nel labirinto dei caruggi e così giunse sana e salva a destinazione.
E al Croce di Malta le avevano riservato una camera lassù, nella Torre.

Torre dei Morchi

Ed io ho seguito i passi di Octavia, finalmente sono salita anch’io sulla Torre dei Morchi, ai giorni nostri la torre è un’abitazione privata e quindi visitarla è stato un graditissimo privilegio.
Su, su, su, un gradino dopo l’altro.

Torre dei Morchi (2)

E poi una porta si spalanca sui merli della Torre e sul cielo  di Genova.

Torre dei Morchi (3)

Cari lettori, potete immaginare lo stupore mio e di Octavia?
Lei era giunta lì in una notte scura e  la mattina dopo ebbe una splendida sorpresa, davanti al suo sguardo si estendeva una spettacolo straordinario.
E lascio a lei la parola, le sue memorie sono degne di nota:

The tower in which we were lodged was the loftiest in the city, and thence we overlooked Genoa, the harbor, the sea, and the coast; the sky was of intense blue, and the Mediterranean calm as an Alpine lake, while afar off the sails of ships and feluccas seemed like the white wings of great birds  gleaming in the sunlight.

La torre nella quale eravamo alloggiati era la più alta della città, e così ammirammo Genova, il porto, il mare e la costa; il cielo era di un blu intenso, e il Mediterraneo era calmo come un lago alpino, mentre in lontananza le vele di navi e feluche sembravano ali bianche di grandi uccelli brillanti alla luce del sole.

Souvenirs of Travel – 1857

Panorama da Torre dei Morchi (2)

Questo brano è riportato in uno degli ottavini di Vittorio Laura dedicato proprio al Croce di Malta, insieme a queste memorie Vittorio ne ha trovate altre, sempre scritte da turisti del passato.

Ottavini

Ottavini di Vittorio Laura

 Io vi porterò ancora per le strade di Genova insieme a questa viaggiatrice, oggi restiamo con lei nella torre del celebre albergo.
E volgiamo lo sguardo verso Caricamento e verso San Giorgio.

Panorama da Torre dei Morchi

 E poi cerchiamo certe insolite prospettive, anche Octavia avrà guardato la Lanterna in questa maniera!

Panorama da Torre dei Morchi (3)

Tra i merli della Torre, il mare e il simbolo di Genova.

Panorama da Torre dei Morchi (4)

E lassù, con mia grande sorpresa, ho trovato persino una lapide, vi venne affissa alla fine dell’Ottocento e ricorda che l’attempato Arcivescovo di Genova, sprezzante della fatica, salì tutti quegli scalini per arrivare lassù e quando arrivò in cima impartì  la benedizione alla Torre dei Morchi.

Torre dei Morchi (4)

Fotografia di Vittorio Laura 

AFFINCHE’
VADA RICORDATO AI POSTERI
CHE SULL’ALTO DI QUESTA VETUSTA TORRE
RITORNATA AL PRISTINO DECORO
MONS. TOMMASO MARCH. REGGIO
L’ARCIVESCOVO DI GENOVA
NELLA GRAVE ETA’ DI 82 ANNI
ASCESE PER BENEDIRLA
IL GIORNO XIX NOVEMBRE MDCCCXCIX
LA FAMIGLIA TRUCCO
Q.M.P.

L’alto prelato e Il brivido dell’altezza!
Ma torniamo ad Octavia, a esser sinceri lei  preferì scegliere una diversa sistemazione e chiese che le fosse assegnata una stanza a un piano più basso.
L’albergatore la accontentò ma rimase stupefatto di questa richiesta e non mancò di farlo notare alla sua gentile ospite.
E con un certo disappunto esclamò:

But, Signora, the prospect from the tower is the most famous in Italy.

Ma, Signora, la vista dalla torre è la più famosa d’Italia.

Panorama da Torre dei Morchi (5)

Eh, certo allora non si vedeva la Sopraelevata, al suo posto c’erano le terrazze di marmo, le vedete qui in una rara immagine sempre di proprietà di Vittorio Laura.
E anche Octavia fece una passeggiatà lassù, all’ora del tramonto.

Terrazze di Marmo

La città dei tetti sarà rimasta impressa nella memoria di chi vide Genova da quassù.

Panorama da Torre dei Morchi (6)

E lo sguardo incontra una bellezza nuova, i palazzi di Via Gramsci e ancora la Sopraelevata, io non la amo per niente, tuttavia vista da lassù suscita meravigliata ammirazione.
Bella Genova, sconosciuta a molti, nascosta e da scoprire, città di torri che donano vedute sorprendenti.

Panorama da Torre dei Morchi (7)

 E poi ancora la Spianata e l’Ascensore di Castelletto.

Panorama da Torre dei Morchi (8)

E guarda Genova, ancora.

Panorama da Torre dei Morchi (9)

Octavia Walton Le Vert si trovò splendidamente nella sua nuova camera al quarto piano, la stanza era riccamente arredata, c’erano pavimenti di marmo e affreschi al soffitto.
Stava seduta alla finestra Octavia, seduta a guardare il mare al di là dei vetri.

Panorama da Torre dei Morchi (10)

E come la capisco, non me ne sarei andata mai!
E poi dalla Torre dei Morchi si vede Torre Piccamiglio, presto o tardi arriverò lassù in cima, potete contarci!

Panorama da Torre dei Morchi (11)

 E quella spettacolare sinfonia di ardesie che io tanto amo.

Panorama da Torre dei Morchi (12)

 E ancora campanili, tetti, il profilo inconfondibile di Torre Embriaci e i palazzi di Sottoripa, il fascino dei luoghi che non hai mai veduto da questa prospettiva.

Panorama da Torre dei Morchi (13)

E piante, panni stesi e terrazzini.

Panorama da Torre dei Morchi (14)

E Torre Piccamiglio, di nuovo.

Panorama da Torre dei Morchi (15)

E le colline, le case e Genova alle nostre spalle.

Panorama da Torre dei Morchi (16)

E gerani, tende azzurre e sole a picco, in questa estate capricciosa.

Panorama da Torre dei Morchi (17)

Guarda Genova, in una maniera insolita, inusuale, stupefacente.
Ecco le palme, il Porto Antico, il Bigo sul quale non sono mai salita, lo guardo dall’alto, mentre mi affaccio dalla Torre dei Morchi.
Che felicità!

Panorama da Torre dei Morchi (18)

C’è ancora tempo per seguire con gli occhi le macchine che scivolano via sulla Sopraelevata, posata come un nastro di seta nera tra le case e il mare.
Lassù, in cima alla Torre dei Morchi, il tempo si ferma.

Panorama da Torre dei Morchi (19)

Sì, il tempo si ferma e si compie una sorta di magia, presente e passato si sovrappongono e scorrono davanti al tuo sguardo e ancora ti ritrovi all’epoca di Octavia Walton Le Vert e del fotografo Alfred Noack, a Caricamento si sente il clangore degli zoccoli dei cavalli e c’è un uomo che trascina un carretto carico di botti, pare quasi di udire il cigolio delle ruote.

Noack (2)

Alfred Noack – fotografia di proprietà di Vittorio Laura

 A me è accaduto in un giorno d’estate, quando sono stata in cima alla Torre dei Morchi.

Torre dei Morchi (5)

San Lorenzo, le tracce della storia sul Portale di San Gottardo

La cattedrale di Genova e i suoi numerosi e affascinanti misteri, di alcuni di essi vi ho già parlato in questo articolo.
Ci sono figure e simboli scolpiti sulla facciata di San Lorenzo, questo è un tema che merita un ulteriore approfondimento.
Oggi vi parlo di altri segni, sono i segni del passato e della storia.
Camminiamo accanto a loro, non li notiamo e passiamo oltre.
Eppure chi ci ha preceduto ha lasciato qui traccia di alcuni istanti probabilmente tragici, è la traccia di aspri combattimenti che si tennero nel cuore della Superba.
Salite Lungo Via San Lorenzo e superate la Piazza e la facciata della Cattedrale.

San Lorenzo

Poco oltre, sul lato della chiesa, troverete il Portale di San Gottardo.
In questo periodo il portale, così finemente decorato, è oggetto di restauri e pertanto è parzialmente coperto.
E non potendo scattare una fotografia che mostri tutta la sua raffinata bellezza mi avvalgo del prezioso aiuto di un caro amico, Vittorio Laura, che ringrazio di cuore per aver cercato per me la fotografia che vedrete.
Vittorio possiede un archivio sterminato di immagini rare e di grande pregio, questo è il portale di San Gottardo immortalato dall’obiettivo del celebre fotografo Alfred Noack.

Portale San Gottardo

Avvicinatevi alle colonne e osservate bene, notate nulla?

San Lorenzo (1)

Su entrambe, ma in particolare sulla colonna alla vostra sinistra, vedrete dei segni, sono delle profonde scalfiture.

San Lorenzo (3)

E sapete da cosa vennero causate?
Questi sono i segni dei dardi scagliati dalle balestre, in qualche evento sanguinoso avvenuto nel cuore della città.

San Lorenzo (6)

Sono segni profondi e a guardarli con attenzione sembrerebbe che siano stati lanciati da una precisa direzione, ovvero dall’attuale Piazza Matteotti.

San Lorenzo (5)

E in certi punti si vede davvero il solco lasciato dalla punta del dardo.

San Lorenzo (7)

E insomma, un giorno sono venuta a fotografarli.
Era estate e San Lorenzo era colma di turisti e di gente che passeggiava.
E ho provato ad estraniarmi, a dire il vero da sognatrice innamorata dell’immaginario ci riesco senza alcuna difficoltà.
La fantasia che può farti vedere anche quello che non c’è, in una strada nel centro della città, può farti sentire le grida concitate, mentre il popolo fugge per mettersi in salvo.
Puoi udire pianti e i lamenti di chi resta ferito, puoi sentire lo scalpiccio degli zoccoli del cavalli che battono sul selciato.
E poi alzi lo sguardo verso il cielo azzurro e puoi vederlo attraversato dalla pioggia di dardi che impietosa si abbatte contro le colonne sulla cattedrale.
Dal presente al passato, una mattina di luglio, in San Lorenzo.

San Lorenzo (2)

Staglieno, guida alla scoperta dei suoi capolavori

Oggi desidero segnalarvi una bella iniziativa che è divenuta realtà sul web.
Riguarda il Cimitero di Staglieno, un luogo ricco di storia e di statue di grande valore artistico, camminare per i suoi viali è come viaggiare nel tempo.
E accanto a voi, centinaia di vite passate, sguardi, gesti, sorrisi.
Un mondo, un patrimonio da conservare.
La tutela di questi Monumenti è fondamentale, alcuni meritevoli volontari si impegnano in prima persona affinché questo luogo magico e tanto speciale non cada vittima dell’incuria e dell’abbandono, a beneficio della nostra città e di quanti vengono in visita al Cimitero Monumentale di Staglieno.
Vennero a visitare Staglieno i più famosi scrittori, Nietzsche, Maupassant, Twain.
Lo scrittore americano camminò lungo i porticati, ammirando le statue, da lui definite cariche di grazia e bellezza, come scriverà nel suo The Innocents abroad:
Sono nuove e candide come la neve.
Ogni sagoma è perfetta, ogni tratto del tutto privo di mutilazioni, difetti e pecche.
Lo scrittore Evelyn Waugh, ugualmente ammaliato, scriverà di Staglieno nel suo A tourist in Africa.
E narrerà degli angeli, delle statue dei ricchi genovesi, dei drappi degli abiti, delle crinoline e delle piume, degli scialli e delle marsine dei gentiluomini.

Molti sono i personaggi illustri sepolti a Staglieno.
E’ sepolto qui Giuseppe Mazzini, e accanto a lui molti rappresentanti del nostro Risorgimento.
Trovate qui la tomba del fotografo Alfred Noack, che tante volte ritrasse la nostra bella Liguria.

E nel cimitero degli inglesi riposa Mary Lloyd, la sfortunata moglie di Oscar Wilde.
Quando Oscar venne a Genova, per omaggiare la tomba di lei, trovò una lapide che recitava testualmente: Constance Mary, figlia di Horace Lloyd, Q.C.
Il nome del suo celebre marito non era nemmeno citato,  una grande amarezza per Oscar, come se lui non fosse neppure mai esistito.
In seguito venne aggiunta la dicitura che oggi tutti possono leggere, Wife of Oscar Wilde.

Quante storie, quanti misteri a Staglieno!
Alcuni le conoscono nel dettaglio, perché in quel cimitero hanno prestato per lungo tempo la loro opera di volontari.
E’ a uno di loro, il Signor Eugenio Terzo, che si deve la nascita del sito Per Staglieno, collegato ad una O.N.L.U.S. che ha come scopo primario la tutela e la conservazione delle opere d’arte del Cimitero Monumentale di Genova, cliccando qui potrete accedere alla homepage e trovare approfondimenti di pregio riguardo a Staglieno.
Mi onoro di avere Eugenio tra i lettori di questo blog e i suoi contributi sono sempre particolari, lui conosce la storia di Genova in profondità ed ogni volta che lascia un commento su queste pagine scrive una curiosità o un aneddoto, le sue sono sempre parole preziose!
Riguardo a Staglieno, poi, credo che lui sia uno dei massimi conoscitori del luogo e delle sue opere, conosce ogni pietra, ogni monumento, ogni vicenda degna di essere narrata.
Sul sito troverete un forum, al quale contribuisce un altro amico, un maestro dell’obiettivo, il fotografo Enrico Pelos autore di un libro, Passeggiate a Levante, all’interno del quale troverete un capitolo dedicato a Staglieno, con un itinerario che vi guiderà attraverso le tombe più suggestive.
Enrico è un grande fotografo, se andrete sul suo sito potrete ammirare i suoi paesaggi di montagna, i panorami di Liguria, le immagini dei fiori e degli animali.
Troverete anche una sezione su Staglieno, e in quegli scatti scoprirete una magia, è uno sguardo di artista a posarsi su quelle tombe.
Chiunque fosse interessato a conoscere l’arte e la grandezza racchiusa nel cimitero di Staglieno, visiti le pagine di Eugenio e  di Enrico, sono due amici,  persone che sanno raccontare e guardare, un giorno mi piacerebbe camminare per quei viali insieme a loro.
Io leggo e imparo da loro, è una grande ricchezza questa.
Vi lascio con uno splendido scatto di Enrico, un’immagine che è un visione.
Una chitarra, le rose bianche, un mazzo di calle.
La chitarra di Fabrizio De André, là dove lui riposa, a Staglieno.

(Fotografia di Enrico Pelos)

Meravigliato paesaggio

Fuori c’è il gelo, pungente ed intenso, eppure anche in questi giorni vorrei perdermi per quelle strade viste tante volte, delle quali non sono mai stanca.
Ci sono tante maniere per conoscere una città, una di queste è scoprirla attraverso le immagini del tempo passato, con l’incanto e lo stupore che questa esperienza comporta.
Nelle stanze del prestigioso Palazzo della Meridiana ha aperto ieri i battenti la mostra Meravigliato Paesaggio, la scoperta della Liguria e i fotografi dell’800, a cura di Pietro Boragina e Giuseppe Marcenaro.

In esposizione si trovano veri capolavori della fotografia appartenenti a collezioni private: il paesaggio, meravigliato e meraviglioso, è quello della nostra Liguria, da Levante a Ponente, un’ampia sezione è dedicata alla Superba ed alle sue strade.
E allora eccola, la Liguria.
Ecco le palme di Bordighera, gli ulivi, le spiagge assolate e deserte.
E Dolceacqua, Noli, Ceriana, le immagini, antiche e seppiate, restituiscono un panorama a noi caro, vedute di luoghi conosciuti ed amati.
Autore di molte delle opere in esposizione è Alfred Noack, fotografo tedesco realmente innamorato della nostra regione, che ebbe il suo studio in Vico del Filo, nel cuore della città vecchia.
Luoghi e gente di Liguria, marinai con le loro vele, contadine che raccolgono l’acqua alla fonte.
All’inizio del percorso vi soffermerete ad ammirare delle lastre al collodio opera di Giuseppe Cortese risalenti al 1850, che ritraggono persone dell’epoca.
Forse anche voi, come me, indugerete davanti a quei visi, a quelle pose composte e studiate.
Oh, fra queste donne e questi uomini per caso c’è qualcuno dei miei antenati? Oh sì, questa sembra davvero la zia, siamo davvero sicuri che non lo sia? Eh, no, eppure lo sembra!
Le foto di quel tempo traggono in inganno, ecco le dame con i loro vestiti ampi, ritte davanti a un colonnato, i gentiluomini seri e compunti con tanto di soprabito e cappello, davvero sembrano i nostri bisnonni!
C’è un fascino assoluto in queste immagini, qualcosa lega il nostro presente a quei giorni che sembrano lontani ma che hanno come scenario le nostre strade, le nostre piazze, quelle che ogni giorno percorriamo e viviamo.
E le molte immagini di Genova qui esposte suscitano nel visitatore una meravigliata ed impagabile nostalgia.
Le strade, le nostre strade: Via Caffaro, Via Garibaldi, Via Palestro, Piazza della Nunziata.
De Ferrari, che a quei tempi si chiamava Piazza San Domenico.
E i carretti, i cavalli, le carrozze.
Dagherrotipi, stampe all’albumina, gli albori della fotografia.
Non si vedono quasi mai persone ed ho letto che questo è dovuto ai lunghi tempi di esposizione che richiedeva la tecnica della fotografia a quell’epoca: semplicemente, in certi casi, i passanti non rimanevano impressi.
In alcune circostanze i contorni della figura appaiono sfumati, come in dissolvenza, così accade nel caso di un’immagine di struggente bellezza, che ritrae l’ormai perduto Vico di Ponticello e la Porta di Sant’Andrea.
E poi ancora, Caricamento con la statua di Raffaele Rubattino, che guarda a ponente, là dove passava la ferrovia, come era in origine.
Rubattino era un armatore, suo era il Cagliari, la nave che Carlo Pisacane usò per la sua tragica spedizione di Sapri, e sempre a Rubattino appartenevano il Piemonte e il Lombardo, a bordo delle quali Giuseppe Garibaldi compì l’impresa dei Mille.
Così si pensò che il grande imprenditore, colui che aveva così tanto contribuito ad unire l’Italia, dovesse guardare quel mare, il mare di Liguria.
La statua venne girata e poi, ahimé, in tempi più recenti, le costruirono di fronte la sopraelevata e io davvero non so come l’abbia presa il Signor Rubattino!
Se verrete a vedere la mostra, troverete il grande armatore assiso lassù, e guardate bene Caricamento! Quanti carretti carichi di merci!
E poi soffermatevi su una fotografia del Fratelli Alinari, i panni stesi sventolano allegri sospinti dalla tramontana di Liguria, in quella Via Madre di Dio che non esiste più, la strada che i tutti i genovesi rimpiangono, perchè con lei ci è stato portato via un pezzo di cuore.
Si sogna davanti a queste immagini, si sogna, ci si sofferma incantati a guardarle.
E si gioca con quella nostalgia che inevitabilmente ti coglie, senza che tu possa evitarlo.
Ho visto un gruppo di genovesi che tentavano di indovinare una toponomastica ormai perduta sulle immagini del quartiere di Carignano. Ecco Corso Andrea Podestà! Ma questa costruzione imponente? Oh, non la conosciamo! Quante supposizioni, quante fantasie!
Ho visto una signora sospirare e soffermarsi a lungo davanti a una fotografia di Vernazza, una delle Cinque Terre sfigurata dall’alluvione.
Luoghi dell’anima, molti di essi sono identici a ieri.
Ecco Portofino, Camogli, San Fruttuoso.
E poi, una  sorprendente Santa Margherita, ai tempi semplice borgo di pescatori, ecco le case alte e strette, i gozzi, la sabbia, un bambino e poche altre persone che camminano.
Suggestioni infinite, questo vi lascerà la visita a questa splendida mostra, che è aperta al pubblico fino al 9 di aprile, trovate qui tutte le informazioni in merito.
Tornerete alle vostre case stringendo tra le mani un catalogo che raccoglie quelle immagini splendide ed uniche che immortalano luoghi che conoscete bene, altri invece non li avevate mai visti e li avete scoperti qui, a Palazzo della Meridiana.
Questa è Genova, questa è la terra di Liguria.
Oggi come ieri, un meravigliato paesaggio.

Mostra prorogata fino al 6 Maggio 2012