
Nacque nel 1447 in questa casa in Vico Indoratori, a poca distanza dalla Cattedrale di San Lorenzo.
Caterina, la Santa dei genovesi, ebbe una vita specchiata ed esemplare, e ancora oggi è ricordata per le sue opere di carità.
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La sua vicenda, arricchita di accurati dettagli storici, potete leggerla nel libro del giornalista Paolo Lingua “Caterina degli Ospedali”, edito da Camunia. Invece, per un approfondimento sulla storia del culto di questa Santa così amata nella nostra città, vi consiglio di procurarvi un libro di Paolo Fontana, edito da Marietti dal titolo “Celebrando Caterina”, nel quale troverete rare testimonianze e documenti provenienti da molti Archivi.
Era nobile Caterina, della famiglia dei Fieschi, e nacque in un periodo di grandi tumulti politici.
Aveva quattro fratelli ed era particolarmente legata a Limbania, la sorella monaca.
Poco si conosce della sua formazione, certamente improntata su ideali religiosi, per certo sappiamo che Caterinetta dipingeva e ricamava con una certa perizia e che, in una seconda fase della sua vita, si avvicinò a quelli che Paolo Lingua definisce testi profani: Dante, Petrarca e Iacopone da Todi.
Si narra, inoltre, che fosse molto bella: scura di occhi e di capelli, con il naso aquilino, alta e con un portamento regale.
I matrimoni, a quel tempo, erano dettati da rigide regole di convenienza, fra famiglie del medesimo stato, l’amore e la passione c’entravano poco con il legame coniugale.
Accadde anche a Caterinetta, come da copione.
Lei, una Fieschi della fazione dei Guelfi, sposerà un Adorno, di famiglia dichiaratamente Ghibellina.
E l’uomo che la sorte ha in serbo per lei, Giuliano, secondo le cronache, è tutt’altro che ideale.
Lei ha sedici anni, lui più di quaranta.
Giuliano ha molto vissuto e viaggiato, ha trascorso la giovinezza a Schio, isola della quale fu governatore.
E’ un donnaiolo, uno che ama il gioco e le belle donne, uno che alza il gomito e porta in dote alcuni figli illegittimi: una di essi, Tobia detta Primofiore, sarà allevata da Caterinetta come una vera figlia.
Durerà dieci anni questo matrimonio, e in questo periodo Caterina si lascerà coinvolgere da marito nella dorata vita mondana genovese, ma non è il suo mondo quello, non è ciò che lei desidera per sé.
E’ il 1473 l’anno della svolta.
Poco a poco Caterina si allontana dalle cose terrene e si immerge in una sorta di misticismo che la porterà a mutare radicalmente vita: non mi addentro su questi aspetti spirituali e teologici, in quanto non me ne sento all’altezza, molto semplicemente.
Influì sulle sue azioni questo suo cambiamento, e sono queste che vi racconterò: sono gli ammalati dell’Ospedale di Pammatone coloro ai quali la Santa destina la le sue cure.
Si trasferirà con il marito da Via Sant’Agnese a una casa nella zona di Portoria, sembra dentro le mura dell’Ospedale.
E Giuliano, da scapestrato impudente qual’era, accanto a lei si converte ed entra nel Terzo Ordine Francescano.
Fu l’esempio, la vicinanza di questa donna di rara bontà ad operare questo mutamento, fu il vederla intenta nelle sue opere, noncurante di sè, tra i malati ai quali Caterina non fece mai mancare né un bacio né una carezza.
A Pammatone la Fieschi Adorno diviene rettora: cura i malati di peste, quelli di lue, una malattia che, al tempo, per la maniera in cui si contrae, era legata al concetto di peccato.
Tra le braccia di Caterinetta finiscono gli esposti, i tanti bimbi abbandonati da famiglie indigenti. E’ grande e immensa l’opera di questa donna coraggiosa, tra i più poveri e i diseredati, e lei mai si risparmierà.
Molti anni dopo la sua morte quell’Ospedale sarà ancora attivo e lì i degenti le rivolgeranno le loro preghiere, ottenendo la grazia di miracolose guarigioni. Nel libro di Paolo Fontana troverete questi racconti, troverete la storia di Bianca Semino, guarita da una paralisi e quella di Francesco Nobile, un cieco che riacquistò la vista.
Crediate o no ai suoi miracoli, la grandezza di Caterinetta, nei suoi gesti e nelle sue azioni concrete, è indiscussa e indiscutibile.
Morì il 15 settembre 1510 e due anni dopo, durante un’ispezione della salma, si scoprì che il suo corpo era mummificato.
E fu così, che da quel tempo, Caterinetta non lasciò più i genovesi, né nello spirito, né nel corpo.
Riposa in un’urna di vetro, nella Chiesa della SS. Annunziata in Portoria, ora denominata di Santa Caterina. Se andate in questa chiesa, dirigetevi verso la vostra destra.
Troverete un cancelletto, poi una scala.
Salite quei gradini.
Lì è Caterina, davanti a lei si trova un quaderno, dove molte persone lasciano i propri scritti, alcune sono disperate richieste di aiuto, altre sono testimonianze di affetto.
Se volete, potrete lasciare anche voi un vostro pensiero a Caterinetta, la Santa di Zena.
Dicono che ascolti.
