Chiesa della Santissima Annunziata di Portoria: la cappella di Sant’Antonio

Vi porto ancora una volta nella Chiesa della Santissima Annunziata di Portoria più nota come Chiesa di Santa Caterina in quanto qui prestò le sue buone opere Santa Caterina da Genova che riposa nella quiete di questo luogo a lei caro come ebbi già modo di scrivere in questo post.
L’antica chiesa, ora circondata da edifici moderni, è uno scrigno di bellezze e devozioni.

È una bella chiesa ed io torno spesso a visitarla.

Al termine della navata sinistra si trova la Cappella dedicata a Sant’Antonio e meritano una certa attenzione i diversi dipinti che trovate alle pareti, uno è di Aurelio Lomi, artista vissuto tra la fine del ‘500 e gli inizi del ‘600, altri sono invece Giuseppe Palmieri e Domenico Parodi, pittori che vissero a cavallo tra il ‘600 e il 700.
La volta venne invece affrescata da Pantaleo Calvi.

A suscitare il mio interesse per questa particolare cappella è stata la maniera in cui è realizzata e in fatto che venga riproposta in diverse maniere la figura di Sant’Antonio al quale è dedicata.
Il santo è effigiato nei due dipinti di Giuseppe Palmieri che rappresentano rispettivamente Sant’Antonio che predica ai pesci e la Visione del Bambino a Sant’Antonio.

Ed ecco ancora Sant’Antonio e la bella statua che lo raffigura posta tra i due dipinti.

Vi è inoltre anche una statua più piccola.

E un bagliore di oro che illumina e rischiara.

Se andrete nella bella Chiesa della Santissima Annunziata di Portoria a portare le vostre preghiere a Santa Caterina da Genova non dimenticate di volgere lo sguardo anche verso questa cappella che con tale graziosa armonia è dedicata a Sant’Antonio.

Il Santuario di Nostra Signora delle Grazie al Molo

Oggi vi porto con me a scoprire una chiesa dalla storia antica, il Santuario di Nostra Signora delle Grazie al Molo è situato in Piazza delle Grazie: alle sue spalle si snodano i caruggi della città vecchia e lì davanti scorre il traffico cittadino di Corso Quadrio.
È una sovrapposizione di tempi diversi a svelare le particolarità di questa chiesa che all’esterno risulta ricostruita in anni recenti in conseguenza dei gravi danni subiti durante la II Guerra Mondiale.

Al suo interno, nella luce delle fede, risplende di ori lucenti.

Vi troverete qui dipinti e opere di diversi artisti, non mancate poi di alzare lo sguardo sopra di voi.

Ad una parete, in quadro credo piuttosto recente, si riconosce il volto gentile di Francesco Maria da Camporosso, noto come Padre Santo, l’indomito frate che nel corso della sua vita compì le sue buone opere di carità anche tra la gente del Molo.

E la memoria di lui e delle sue buone azioni è scolpita nel marmo, alla base di una delle due colonne poste al termine della balaustra che delimita la zona dell’altare.

Sull’altra colonna, invece, è ricordata Caterina Fieschi Adorno, nobile e santa genovese che si prodigò per il suo prossimo e che era solita venire qui a pregare.

L’immagine sacra di Maria proviene dalla lontana Armenia, così attestava un’antica iscrizione posta sulla facciata della chiesa fino al 1566.
La statua, narrano le cronache, venne con tutta probabilità messa in salvo dalle profanazioni e qui condotta da devoti fedeli venuti da quelle terre distanti.

Come la fede cresce sulla base di una fede più lontana, questa chiesa nasce su un luogo di culto assai antico.
E infatti in tempi lontanissimi venne qui edificato un edificio religioso in onore dei Santi Nazario e Celso, apostoli della fede cristiana e martiri, furono i primi a portare la parola di Dio a Genova e nelle sue terre.
Sorta intorno al V Secolo d. C. la chiesa fu poi in seguito riedificata e dedicata appunto alla Madonna delle Grazie.

L’antica cripta che racchiuse lontane devozioni è tuttora visitabile.

Scenderete una scala e vi troverete in questi locali che accolsero un tempo speranzosi fedeli.

È un luogo dalle molte suggestioni, come sempre accade quando il passato ancora sussurra e racconta di sé.

In questa antica chiesa genovese, nei suoi angoli più vetusti e in quelli più recenti, ogni luogo narra della forza della fede.
Qui, davanti al mare di Genova, sono anche conservate le reliquie di Nazario e Celso, i santi venuti dal mare.

Qui c’è una statua della Madonna portata in salvo da mani salde e fidenti.

Tutto resta, nel mistero della vera fede, tra le mura della Santuario di Nostra Signora delle Grazie al Molo.

Il Mausoleo di Santa Caterina da Genova

Il suo nome è sinonimo di carità e altruismo, Santa Caterina Fieschi Adorno lasciò il segno nella vita di coloro che la incontrarono negli anni bui e difficili nei quali ella visse.
Venuta al mondo nel 1447, era di nobile e ricca famiglia, per nascita aveva ricevuto in dote molti privilegi ai quali rinunciò per dedicarsi ai più umili e ai più sfortunati.
Lei, che avrebbe potuto vivere di agi e lussi, diverrà rettora dell’Ospedale di Pammatone, con le sue amorevoli cure tenterà di alleviare i dolori dei malati di peste, tra le sue braccia stringerà i piccoli infanti abbandonati, è grande l’amore che Caterina ha nel cuore.
Di lei e della sua storia nei suoi diversi dettagli ho già scritto in passato in questo post ma oggi voglio dedicarle ancora questo spazio: Caterina Fieschi Adorno lasciò le cose del mondo il 15 Settembre 1510, la Diocesi di Genova celebra la festa liturgica della Santa il giorno 12 Settembre.
E allora vi porterò là, nel luogo dove lei dorme il suo eterno sonno.
Attigua all’Ospedale di Pammatone dove ora c’è la sede del Tribunale, la piccola chiesetta nella quale la Santa riposa si trova in Via Bartolomeo Bosco, tra le case moderne di Piccapietra.
È denominata Chiesa della Santissima Annunziata di Portoria ma è nota come Chiesa di Santa Caterina proprio perché legata alla figura di lei che in questi luoghi operò.

E là, nella navata destra, c’è il Mausoleo di Santa Caterina da Genova, nella settecentesca urna di bronzo e cristallo è posto il corpo incorrotto di lei.
C’è una scaletta che conduce al suo cospetto, là c’è anche un tavolino e su di esso un quaderno sul quale fedeli provenienti dai più disparati luoghi scrivono preghiere e parole dirette a lei: Santa Caterina da Genova continua ad occuparsi di coloro che hanno bisogno del suo aiuto.

Il magnifico mausoleo è fastoso e scenografico, quattro sono le statue che circondano Caterina in una mistica armonia di gesti.

Le statue risalgono al 1737-38 e sono opera di Francesco Maria Schiaffino, rappresentano l’Amor Divino, la Fortezza, l’Ubbidienza e la Penitenza.

Ed è un gioco di armoniose simmetrie.

Un’assoluta bellezza di sguardi e gestualità.


Luce radiosa illumina Caterina nella Chiesa dove molti vanno in cerca di lei.

Sul soffitto che la sovrasta c’è un affresco di Pantaleo Calvi nel quale è ritratto Dio Onnipotente.

Grazia celeste custodisce il sonno di una donna indomita e coraggiosa che trovò la sua forza nella sua fede.

Così lei riposa tra le figure che circondano l’urna nella quale è adagiata.

Il suo sorriso gentile spicca poi sulle piccole immaginette dove sono riportate le preghiere da rivolgerle.
E sono davvero numerosi coloro che affidano a lei le loro inquietudini e i loro pensieri, la ringraziano per il soccorso ricevuto, a lei si rivolgono per ricevere la grazia della salute o della serenità.

Nella pace silenziosa della raccolta Chiesa di Portoria, Santa Caterina da Genova resta ancora vicina ai genovesi e a tutti coloro che a lei rivolgono sguardi colmi di fiduciosa speranza.

Piazza Pollaiuoli, l’edicola di Santa Caterina e Sant’Antonio

E’ una delle edicole più belle e raffinate che possiate ammirare nella città vecchia, affacciandosi da certe finestre la si scorge là sul muro, in Piazza Pollaiuoli.

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L’opera settecentesca ritrae due Santi cari a molte persone: Sant’Antonio da Padova e Santa Caterina Fieschi, nobildonna genovese che si adoperò con tutte le sue forze per il bene dei più umili e bisognosi.
E lo scenario scolpito nel marmo è armonioso e al contempo movimentato, lo si deve al drappeggio degli abiti e alla grazia di quei gesti devoti, tra i due Santi c’è il Bambino Gesù.
E tutto attorno piccoli putti e angeli lievi dalle fattezze eteree e celesti.

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Un’edicola di caruggi, forse davvero una delle più scenografiche e dettagliate.
E poi.
E poi a volte puoi vederla sotto a una luce particolare.
Quando il sole brilla e i suoi raggi fanno divenire specchi evanescenti certi vetri.
E compare il cielo azzurro, si distinguono i contorni di Palazzo Ducale, un tempo dimora del Doge della Superba.
E alla grandezza celeste dei Santi si affianca il simbolo dell’effimero potere terreno.
Sacro e profano.
E lo splendore della bellezza in Piazza Pollaiuoli.

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Caterinetta, la Santa di Zena

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Nacque nel 1447 in questa casa in Vico Indoratori, a poca distanza dalla Cattedrale di San Lorenzo.
Caterina, la Santa dei genovesi, ebbe una vita specchiata ed esemplare, e ancora oggi è ricordata per le sue opere di carità.

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La sua vicenda, arricchita di accurati dettagli storici, potete leggerla nel libro del giornalista Paolo Lingua “Caterina degli Ospedali”, edito da Camunia. Invece, per un approfondimento sulla storia del culto di questa Santa così amata nella nostra città, vi consiglio di procurarvi un libro di Paolo Fontana, edito da Marietti dal titolo “Celebrando Caterina”, nel quale troverete rare testimonianze e documenti provenienti da molti Archivi.
Era nobile Caterina, della famiglia dei Fieschi, e nacque in un periodo di grandi tumulti politici.
Aveva quattro fratelli ed era particolarmente legata a Limbania, la sorella monaca.
Poco si conosce della sua formazione, certamente improntata su ideali religiosi, per certo sappiamo che Caterinetta dipingeva e ricamava con una certa perizia e che, in una seconda fase della sua vita,  si avvicinò a quelli che Paolo Lingua definisce testi profani: Dante, Petrarca e Iacopone da Todi.
Si narra, inoltre, che fosse molto bella: scura di occhi e di capelli, con il naso aquilino, alta e con un portamento regale.
I matrimoni, a quel tempo, erano dettati da rigide regole di convenienza, fra famiglie del medesimo stato, l’amore e la passione c’entravano poco con il legame coniugale.
Accadde anche a Caterinetta, come da copione.
Lei, una Fieschi della fazione dei Guelfi, sposerà un Adorno, di famiglia dichiaratamente Ghibellina.
E l’uomo che la sorte ha in serbo per lei, Giuliano, secondo le cronache, è tutt’altro che ideale.
Lei ha sedici anni, lui più di quaranta.
Giuliano ha molto vissuto e viaggiato, ha trascorso la giovinezza a Schio, isola della quale fu governatore.
E’ un donnaiolo, uno che ama il gioco e le belle donne, uno che alza il gomito e porta in dote alcuni figli illegittimi: una di essi, Tobia detta Primofiore, sarà allevata da Caterinetta come una vera figlia.
Durerà dieci anni questo matrimonio, e in questo periodo Caterina si lascerà coinvolgere da marito nella dorata vita mondana genovese, ma non è il suo mondo quello, non è ciò che lei desidera per sé.
E’ il 1473 l’anno della svolta.
Poco a poco Caterina si allontana dalle cose terrene e si immerge in una sorta di misticismo che la porterà a mutare radicalmente vita: non mi addentro su questi aspetti spirituali e teologici, in quanto non me ne sento all’altezza, molto semplicemente.
Influì sulle sue azioni questo suo cambiamento, e sono queste che vi racconterò: sono gli ammalati dell’Ospedale di Pammatone coloro ai quali la Santa destina la le sue cure.
Si trasferirà con il marito da Via Sant’Agnese a una casa nella zona di Portoria, sembra dentro le mura dell’Ospedale.
E Giuliano, da scapestrato impudente qual’era, accanto a lei si converte ed entra nel Terzo Ordine Francescano.
Fu l’esempio, la vicinanza di questa donna di rara bontà ad operare questo mutamento, fu il vederla intenta nelle sue opere, noncurante di sè, tra i malati ai quali Caterina non fece mai mancare né un bacio né una carezza.
A Pammatone la Fieschi Adorno diviene rettora: cura i malati di peste, quelli di lue, una malattia che, al tempo, per la maniera in cui si contrae, era legata al concetto di peccato.
Tra le braccia di Caterinetta finiscono gli esposti, i tanti bimbi abbandonati da famiglie indigenti. E’ grande e immensa l’opera di questa donna coraggiosa, tra i più poveri e i diseredati, e lei mai si risparmierà.
Molti anni dopo la sua morte quell’Ospedale sarà ancora attivo e lì i degenti le rivolgeranno le loro preghiere, ottenendo la grazia di miracolose guarigioni. Nel libro di Paolo Fontana troverete questi racconti, troverete la storia di Bianca Semino, guarita da una paralisi e quella di Francesco Nobile, un cieco che riacquistò la vista.
Crediate o no ai suoi miracoli, la grandezza di Caterinetta, nei suoi gesti e nelle sue azioni concrete, è indiscussa e indiscutibile.
Morì il 15 settembre 1510 e due anni dopo, durante un’ispezione della salma, si scoprì che il suo corpo era mummificato.
E fu così, che da quel tempo, Caterinetta non lasciò più i genovesi, né nello spirito, né nel corpo.
Riposa in un’urna di vetro, nella Chiesa della SS. Annunziata in Portoria, ora denominata di Santa Caterina.  Se andate in questa chiesa, dirigetevi verso la vostra destra.
Troverete un cancelletto, poi una scala.
Salite quei gradini.
Lì è Caterina, davanti a lei si trova un quaderno, dove molte persone lasciano i propri scritti, alcune sono disperate richieste di aiuto, altre sono testimonianze di affetto.
Se volete, potrete lasciare anche voi un vostro pensiero a Caterinetta, la Santa di Zena.
Dicono che ascolti.

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