L’edicola della Madonna del Carmine

I suoi occhi si posano su una piazza tanto amata, la sua figura è ospitata in una splendida edicola che si trova in Piazza del Carmine.

E qui, in questo quartiere di creuze e piazzette, trova la sua naturale collocazione la statua della Madonna del Carmine.
L’edicola risale al XVIII Secolo, l’opera d’arte che si trova nella nicchia è invece più recente e ci è stata lasciata dal valente scultore Giacinto Pasciuti.
Ho già avuto modo di scrivere la storia in parte tragica di questo artista, in questo post potrete anche ammirare alcune delle sue statue visibili al Cimitero Monumentale di Staglieno.

Sotto a questi ritagli di cielo, lo sguardo di Lei dolce e benevolo.

Se osservate con attenzione l’edicola noterete che è rifinita con grazia particolare, con fiori delicati e raffinate decorazioni, ha anche i suoi piccoli custodi.

Testimonianza di fede e ricchezza autentica del passato di questa città.

Armonia di gesti e di movimenti, una bellezza antica.

A Genova il culto della Madonna del Carmine era un tempo molto sentito e sono numerose le edicole a Lei dedicate, questo titolo di Nostra Signora del Carmine deriva dal Monte Carmelo in Terra Santa dove certi frati avevano il loro ordine.
In tempi lontani, all’epoca delle Crociate, molti di questi fratelli del Carmelo lasciarono la Terra Santa e raggiunsero diverse parti d’Europa, alcuni si stabilirono in questa parte di Genova ed è a questo che si deve il nome del nostro quartiere.
Visse invece in Inghilterra il monaco Simone Stock, la storia che ci è stata tramandata racconta che la Madonna apparve a questo carmelitano il giorno 16 Luglio 1251 e a lui consegnò uno scapolare, in seguito Maria concesse altre grazie.
Ed è proprio lui, Simone Stock, in ginocchio davanti a Lei.

Tra caruggi e panni stesi, al Carmine.

L’opera di Pasciuti risale al 1907, è raffinata e di grande effetto, rappresenta una vicenda religiosa molto cara ai genovesi.

Sullo sfondo una tinta d’azzurro chiara come il cielo.
E dolce e armoniosa è la postura di Lei, amorevole il Suo sguardo, semplice Madre che tra le braccia stringe suo Figlio.

Giacinto Pasciuti e la Famiglia Rebora: una storia genovese

Questa è una storia complicata, posso raccontarvela per una serie di strane coincidenze e grazie ad un fortuito incontro.
Tutto iniziò qualche tempo fa in occasione di un post dedicato a uno struggente monumento che si trova a Staglieno, la statua ritrae due bimbi e un tenero bacio.

Bambini (4)

Allora, scrissi al mio caro amico Eugenio per chiedergli notizie sull’opera e sul suo autore, Giacinto Pasciuti.
E così Eugenio mi narrò la vicenda di questo artista nato al Carmine nel 1876, era uno scultore di grande talento che non ebbe la meritata fortuna.
Pasciuti studiò all’Accademia Ligustica e a 23 anni, grazie al suo ingegno, si vide assegnare il Pensionato della Fondazione Brignole Sale De Ferrari e così si recò a Roma dove raffinò le sue doti artistiche.
Là incontrò la sua futura moglie, da lei ebbe una figlia che a 28 anni divenne suora.
Nel 1939 la disgrazia lo colpì, rimase paralizzato e perse l’uso della parola, fu ricoverato all’Albergo dei Poveri dove morì nel 1941.
Il destino sa essere crudele: l’autore di diversi mirabili monumenti fu sepolto in un campo comune e nel 1948 i suoi resti finirono dispersi in un ossario comune.
Eugenio conosce ogni angolo di Staglieno e mi ha inviato un elenco delle opere di Pasciuti, non le ho neanche trovate tutte, a dire il vero.
E tuttavia ho scoperto che è sua questa figura di donna scolpita per la tomba De Pascale.

Tomba De Pascale

Ed è di Giacinto Pasciuti il monumento Cabella, cercando le opere di questo artista ho imparato a riconoscere tratti particolari, a ritrovare nei suoi lavori quel movimento che contraddistingue in qualche modo il suo stile.

Tomba Cabella

Figure eteree unite in un gesto drammatico, è ancora di Pasciuti il gruppo statuario della tomba Medica.

Tomba Medica

L’unica opera che ricordavo di conoscere con precisione è il monumento Rebora e così un giorno sono tornata a fotografarlo.
E qui, cari amici, mi è capitato un fortunato incontro.
Davanti alla tomba di famiglia c’era il Signor Sergio Rebora, così ci siamo soffermati a chiacchierare e lui mi ha suggerito di cercare le altre tombe dei suoi antenati, anch’esse sono opera di Pasciuti.
E poi si è offerto di inviarmi notizie e fotografie del passato, una persona che non conosco ha voluto condividere con me e con voi la storia della sua famiglia.
Eccolo qui il caso, una storia ignota che viene alla luce in modo imprevisto, davanti a quest’opera di Giacinto Pasciuti.

Tomba Rebora

E allora inizierò così, presentandovi il Signor Andrea Rebora e la sua gentile consorte Carlotta Bruno.
Andrea Rebora era titolare di un pastificio che dapprima aveva la sua sede ad Isoverde, venne poi trasferito a Sampierdarena  in Via Sant’Antonio, l’attuale Via Niccolò Daste.

Andrea e Carlotta Bruno (2)

Vi ho detto che questa è una vicenda di singolari coincidenze: io possiedo un elenco del telefono del 1923 e sul quel libretto il suo antico proprietario ha segnato con la matita azzurra proprio il pastificio Rebora.

Elenco

Andrea e Carlotta ebbero una famiglia numerosa, in casa Rebora nacquero quattro maschi che vennero chiamati Giuseppe, Augusto, Luigi e Salvatore, le tre femmine invece erano Clotilde, Maria e Adriana.
Nel 1892 Andrea decise di concedersi il meritato riposo e cedette il pastificio ai figli Augusto e Salvatore.

Augusto Rebora

Augusto Rebora

Il figlio Luigi invece si trasferì a Pistoia, mi permetto di dire che mi sembra un uomo molto sicuro di sé e del suo fascino.
Eh, davanti a certe fotografie come si fa a non divagare!

Luigi Rebora

E il primo monumento che voglio mostrarvi proprio quello di Andrea e Carlotta.

Tomba Andrea Rebora 1

Il Signor Sergio mi ha anche inviato una foto preziosa di sua proprietà, questo dovrebbe essere il calco il gesso dell’opera di Pasciuti, a osservarlo con attenzione si notano alcune differenze rispetto al monumento.

Tomba Andrea Rebora (2)

Sono a loro modo inquietanti le figure scolpite da Pasciuti.

Tomba Andrea Rebora (3)

Bellissimo l’angelo, è difficile fotografarlo in quanto l’esposizione non aiuta ma se andrete a cercarlo, nel Porticato Inferiore a Levante, lo potrete ammirare con i vostri occhi.

Tomba Andrea Rebora (4)

Il bisnonno di Sergio si chiamava invece Giuseppe, lui avviò e condusse con successo lo stabilimento di Piacenza.
E come ci andava fin laggiù? Ma con il treno, ovvio!
Aveva un abbonamento di seconda classe valido per tutta la rete nazionale del Regno d’Italia!

tessera ferroviaria di Giuseppe Rebora (Sampierdarena-Piacenza) - Copia

tessera ferroviaria di Giuseppe Rebora (Sampierdarena-Piacenza) (2) - Copia

Giuseppe Rebora e la sua famiglia riposano in questa tomba sovrastata da una figura dolente nata dalle abili mani di Giacinto Pasciuti.
L’immagine antica è  una cartolina sempre di proprietà di Sergio Rebora.

Tomba Giuseppe Rebora

Tomba Giuseppe Rebora (2)

E se andrete a Staglieno anche voi vedrete il viso della moglie di Giuseppe, Antonietta Stagno.
Sapete? Lei discendeva dall’eroico Lazzaro Stagno, audace uomo di mare che osò sfidare i pirati nel 1796, ho scritto la sua storia in questo articolo.
Era bella Antonietta, aveva tratti gentili e delicati.

Antonietta Stagno in Rebora

Chissà come mai i Rebora scelsero proprio Pasciuti come scultore dei monumenti di famiglia, ci sarà una ragione, no?
Dovete sapere che Adriana Rebora aveva sposato il Dottor Trovati.
Ecco una foto di famiglia, un momento gioioso e speciale: correva l’anno 1900 e si festeggiava il congedo da scuola della dolce signorina con l’abito chiaro, lei ha lineamenti bellissimi e si chiama Margherita, è ritratta tra Adriana Rebora e il Dottor Trovati.

Famiglia Rebora

Carlotta Bruno, Clotilde, Adriana e Margherita Rebora, Giuseppe Trovati, Antonietta Stagno

E sapete chi conosceva il dottore? Era amico di un certo scultore che si chiamava per l’appunto Giacinto Pasciuti, il medico aveva il suo studio in Via Polleri e il giovane artista abitava nelle vicinanze.
Così fu Trovati a presentare lo scultore ai Rebora e Pasciuti scolpì tutti i monumenti funebri di famiglia.
Ed è di Pasciuti una celebre bambina effigiata nel marmo, ho sempre amato questa statua, adesso so che questa bimba veglia sul sonno del Dottor Trovati.

Tomba Trovati

E ancora, questo è un altro monumento sempre della Famiglia Rebora scolpito da Pasciuti.

Tomba Rebora A(2)

Tomba Rebora A (3)

E torniamo a quel primo monumento davanti al quale ho incontrato Sergio Rebora.
Qui dormono il sonno eterno gli sposi Salvatore Rebora ed Emma Bruno, il cognome di lei è legato alla storia della città, fa parte della famiglia di Emma l’architetto Niccolò Bruno, colui che progettò il Teatro Modena, il Teatro Politeama e l’Acquedotto De Ferrari Galliera.

Tomba Rebora B

E poi ci sono la vita e le emozioni che non possiamo conoscere, la nostra esistenza è un mistero per ognuno di noi.
Davanti c’è un cammino e tu non sai se troverai un sentiero piano, uno strapiombo o rocce impervie.
Questi sono i volti di Salvatore ed Emma, il loro sguardo è ottimisticamente rivolto verso l’ignoto futuro.

Salvatore e Emma Bruno

Ebbero due figli, la minore si chiamava Aurora e la vedete qui con il suo vestitino bianco, era una bellissima bambina e so che poi è divenuta una donna affascinante, Sergio mi ha detto che fu anche una pittrice dilettante.

Aurora Rebora

Aurora venne al mondo nel 1902, suo fratello Andrea era poco più grande, lui era un ragazzo del ’99.
Se osservate bene il monumento vi accorgerete che è dedicato a lui e noterete che le figure scolpite da Pasciuti rappresentano due figure angeliche, tra le loro braccia riposa un giovanetto.

Tomba Rebora B (2)

Andrea Rebora studiava al Collegio Carlo Alberto di Moncalieri, morì improvvisamente nel sonno a poco più di 16 anni.
Accadde il 12 Gennaio del 1916.
Io ho incontrato Sergio Rebora verso la fine di dicembre, oggi è il 12 Gennaio e sono passati cent’anni da quella notte che spezzò il respiro di Andrea.
In questo racconto si intrecciano l’ampio sapere di Eugenio come sempre generosamente condiviso, la storia drammatica di uno scultore di talento e le vicende di una famiglia genovese.
Il tempo non cancella nulla, posa soltanto la sua polvere effimera sui giorni passati, sui visi e sulle vite perdute.
E ognuno ha la propria storia, ricordare significa in qualche modo sollevare quel velo e rivedere sorrisi e speranze lontane.
Ringrazio Sergio Rebora per avermi narrato le sue preziose memorie di famiglia, ha dato un volto a persone sconosciute.
E l’ultimo pensiero va ad Andrea e al suo sorriso sincero di adolescente.
Cento anni dopo, Andrea: il tempo non cancella nulla.

Andrea Rebora