A volte accadono cose molte belle in maniera del tutto inaspettata.
Io guardo Genova con il desiderio di conoscere la storia di ogni sua pietra, io entrerei in ogni portone e salirei su ogni terrazzino.
Ed io sono passata spesso sotto ad un certo edificio sul quale è affissa una lapide di marmo in memoria di un celebre poeta che in anni lontani soggiornò qui.
Si può solo alzare lo sguardo e giocare con l’immaginazione, pensare a lui, credere di poterlo vedere affacciato a una di quelle finestre.
E poi un giorno accade una cosa molto bella, inattesa e sorprendente.
Ricevo una mail da una persona che non conosco, ricevo un invito a visitare la casa nella quale lei abita, una dimora privata non accessibile a chiunque.
E un tempo qui visse la famiglia Cabella. Forse non vi dice nulla questo nome?
In un giorno del 1892 in quell’appartamento giunse il nipote ventunenne di Gaetano e Vittoria Cabella, non era la prima volta che visitava Genova.
Il giovane è di madre italiana e di padre corso, il suo nome è Paul Valéry.

E così mi trovo in quella casa in Salita San Francesco, nelle stanze dove un tempo rimbombò il suono dei passi del poeta, nelle stanze dove Valéry visse La nuit de Gênes, la notte di Genova, che suscitò in lui una profonda crisi esistenziale, di quell’evento vi ho già parlato in questo articolo.

Valéry e Genova, tante volte la mia città ricorre nelle sue parole, Genova e la sua vera anima.
Valéry e questa casa, una sorprendente meraviglia per diverse ragioni.
Entriamo piano, con il dovuto rispetto per chi mi apre le porte di casa sua.
Una dimora ottocentesca, sale splendenti, soffitti che resteresti ad ammirare per lungo tempo.

E ci si perde a guardare la raffinatezza degli stucchi.

Stanza dopo stanza, guarda su.

E poi, specchiere.
E riluce e brilla lo splendore di questo salone in questi specchi antichi, si crea uno stupefacente e scenografico effetto prospettico, guardi, osservi e non vedi la fine della stanza, si perde laggiù, in quello specchio.

E sovrapporta e piccoli putti graziosi.

Li vedete anch’essi riflessi nello specchio.

E vi circonda una dolce armonia.

E si spande nell’aria il profumo delle rose bianche appena dischiuse.

Le sorprendenti case di Genova, la città che non finisce di stupire mai.

E poi ancora, guarda su.

E certo non basta avere una casa così, per poterla valorizzare occorre anche gusto raffinato e vero amore per la bellezza, ai proprietari certo non mancano.
Una deliziosa, chiara bomboniera.

E sbocciano delicati mazzi di fiori.

E le porte chiuse si spalancano su altre meraviglie.

E al muro c’è uno strappo sulla tappezzeria, come mai?

La padrona di casa mi racconta che questo edificio venne colpito durante il bombardamento navale del ’41 e poi apre una cristalliera e posa sul tavolo una scheggia di una bomba che era appunto conficcata in quel muro.

E ancora specchi luminosi e chiari.

Nella casa che ospitò Paul Valéry guizzava il fuoco in questo camino.

E anche la cucina è in parte rimasta come allora, che stupore!

E poi si sale su per una scala e si va a vedere la stanza nella quale dormì Paul Valéry, è una camera raccolta e silenziosa, quella notte però il fragore del temporale fece sussultare l’animo del poeta.
Qui, davanti a questa finestra.

Apri e guarda fuori, immagina quel clangore e il suono della pioggia.
Qui, davanti a questa finestra.

E poi, da altre finestre, Genova è davanti a voi.
Laggiù la Torre degli Embriaci e poi campanili e tetti e ardesie e terrazzi.
Genova, la città amata da Paul Valéry, a lei dedicò queste parole.
Genova città di gatti. Angoli Neri.
Si assiste alla sua ininterrotta costruzione dal tredicesimo al ventesimo secolo.

Il profilo di luoghi noti.
Casa, casa mia e una luce rarefatta di un giornata dal cielo a tratti coperto di nuvole.

Casa, casa mia, dove d’improvviso, quando non te lo aspetti, arriva il sereno.
E conta gli abbaini sopra ai tetti spioventi.

E ancora la prospettiva tra Palazzo Bianco e Palazzo della Meridiana.

La mia città nelle parole di Paul Valéry.
Io preferisco Genova a tutte le città in cui ho abitato. Mi ci sento sperduto e a casa mia – fanciullo e straniero.

E si intravede imperiosa tra quei tetti la Torre Grimaldina.

E ancora guardi, osservi, Genova dall’alto è la meraviglia che non ti aspetti, cambi punto di osservazione e lei muta, ti mostra ciò che di lei non avevi mai veduto in questa maniera.
Finestre sui caruggi, case, tetti e mare.

Genova è una cava d’ardesia, scriveva Paul Valéry.

La persona che mi ha aperto la porta della sua casa ha compiuto un gesto generoso animata da un sincero desiderio di condividere tanta bellezza e a lei va il mio ringraziamento per avermi permesso di vedere tutto ciò, sono regali preziosi questi.
In cielo sfrecciavano i gabbiani, planando nel cielo della sera, la sera di Genova.

E ancora uno sguardo verso la città in una cornice unica e affascinante, uno sguardo oltre il davanzale, dalla casa che ospitò Paul Valéry.
