Vi porto ancora con me in un caruggio della vecchia Genova, in un viaggio nel tempo che conduce in luoghi perduti.
Arriveremo così in Vico del Campanaro, uno di quei caruggi dei quali alla nostra epoca si è persa la memoria.
Se ne trova ancora traccia, invece, sui vecchi lunari e sui giornali della fine dell’Ottocento: era un vicoletto dalle parti dell’attuale Via Fieschi bassa e Via Porta d’Archi, a pochi metri dalla perduta Piazza di Ponticello e si estendeva tra Vico Rivotorbido e Vico Vernazza (in seguito denominato Vico Cavallerizza) questi due vicoli ai nostri giorni scomparsi risultano ancora esistenti sulla Guida Pagano del 1926 ma non c’è appunto notizia di Vico del Campanaro.
In proposito riesco solo a fare delle supposizioni e mi sembra verosimile l’ipotesi che il nostro Vico del Campanaro sia andato perduto probabilmente nella costruzione di Via XX Settembre che comportò diverse demolizioni.
Di certo del Vico del Campanaro si scriveva ancora nell’anno 1883, ho trovato infatti un breve articoletto in merito su uno dei numeri di settembre di quel tempo distante.
E così partiamo per questo viaggio nel tempo, passeggiamo in Vico del Campanaro che viene descritto come un caruggio piuttosto largo e diritto.
Sembra, scrive l’ignoto autore della nota, che il toponimo possa naturalmente derivare dai campanari che qui lavoravano alacremente nelle loro fonderie.
Deposito del Museo di Sant’Agostino
In alternativa, aggiunge sempre l’autore, potrebbe anche riferirsi all’antica famiglia dei Campanaro, i primi a far costruire agli inizi del ‘300 nella Cattedrale di San Lorenzo una cappella (ora non più esistente) all’epoca destinata alle sacre reliquie di San Giovanni Battista.
Questo gesto generoso garantì ai Campanaro un particolare privilegio: nel giorno delle loro nozze le donne della famiglia avevano il permesso di entrare nella cappella del Santo che era invece proibita a tutte le altre donne pena la scomunica.
Quante vicende vengono alla luce in un oscuro caruggio di Genova!
Era, tra l’altro, un dignitoso vicoletto, infatti si legge sull’articolo che c’erano ben 11 porte di case.
E poi, secondo l’uso e la devozione genovese, c’erano qui le consuete immagini sacre alle quali si saranno certo rivolti sguardi devoti.
Entrando da Vico Vernazza, infatti, si vedeva una statua della Vergine con Sant’Anna e dallo stesso lato un bassorilievo in pietra nera con l’immagine di Gesù al Calvario.
Davanti c’era poi un’altra edicola con una statua della Madonna con Gesù e San Giovanni Battista e sotto di essa la scritta: sub tuum praesidium – vicini pietatis causa.
Se tutto fosse come era allora certamente vi avrei davvero portato là mostrandovi questi antichi angoli genovesi: non conosco il destino delle statue che un tempo si trovavano in quel vicoletto perduto, nutro però la speranza che si siano salvate e siano conservate al Museo di Sant’Agostino dove vengono custoditi marmi, targhe, portali e antiche testimonianze preziose di Genova perduta.
In qualche maniera sono comunque tornata là con voi, nel caruggio con le undici porte.
Sono scesa giù da Vico Vernazza e seguendo la luce ho posato lo sguardo sulla statua della Madonna e poi mi sono soffermata a leggere le parole incise ai piedi di Lei: sub tuum praesidium, in Vico del Campanaro.