Ognuno di noi, in fondo, ha i propri posti del cuore.
E sono quei luoghi dove si ama ritornare, magari soltanto per esserci e per sentirsi in una dimensione che ci appartiene.
Con tutta la calma del mondo, senza fretta di andarsene via.
Una panchina.
Là, nel cuore della città vecchia, nell’antica Piazza di Sarzano, davanti alla magnificente facciata di San Salvatore.
E sarebbe il posto perfetto da condividere con qualcuno che non si vede da tanto tempo, per raccontarsi i giorni e le ore, i pensieri passati e i progetti futuri.
E rimanere, ancora.
In quella luce brillante di un pomeriggio tiepido, questo è davvero un posto dove ritornare.
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Natalina Pozzo, la fruttivendola di Sarzano
In certi quartieri ci si conosce tutti, nel passato la città era anche più raccolta e credo davvero che fosse noto a molti il viso di Natalina Pozzo, fiera fruttivendola di Piazza Sarzano.
Là lei aveva la sua bottega, come ogni abile commerciante avrà esposto la sua merce con cura.
Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri
E mai l’avrebbe detto, Natalina, che un giorno avrebbe fatto un fatale incontro.
È il 1834, nella città di Genova c’è un uomo in fuga, le guardie sono sulle tracce, è implicato in un tentativo d’insurrezione che non è andato a buon fine.
E lui scappa e cerca la salvezza con indomita caparbia, arriva così in Sarzano ed è Natalina a giungere in suo soccorso.
Non c’è tempo da perdere, lei lo fa entrare nel suo negozio e lo nasconde agli occhi del mondo, il fuggiasco uscirà da quella bottega indossando abiti da contadino.
Il suo nome è destinato ad essere scritto nei libri di storia, il celebre fuggitivo è Giuseppe Garibaldi.
Opera esposta all’Istituto Mazziniano Museo del Risorgimento
Ora, ai nostri tempi, la bottega di Natalina non esiste più, mutano le città e con esse le nostre strade.
C’era, sopra la porta del suo negozio, una lapide in memoria di quell’evento, mai avrei pensato di vederla.
L’ho ritrovata al deposito del Museo di Sant’Agostino e perdonate la qualità della foto, la lastra era posata a terra in un punto non proprio agevole.
Tuttavia ecco cosa si può leggere su quel marmo:
SALUTI REVERENTE IL POPOLO
QUESTA CASA
PER FRATERNA PIETA’ DI NATALINA POZZO
ACCOLSE FUGGIASCO
GIUSEPPE GARIBALDI
INIZIANTE LA GLORIOSA EPOPEA DELLE SUE GESTA
IL 4 FEBBRAIO 1834
Ho anche trovato un’antica foto di quella bottega, sopra la lapide si trovava un tondo all’interno del quale c’era il volto di Garibaldi.
La foto d’epoca non è tanto chiara ma ho avuto l’impressione che potrebbe trattarsi di questo altro pezzo che ho trovato a Sant’Agostino.
Rimuoviamo i marmi e con essi la memoria delle storie che testimoniano, distogliamo lo sguardo dal nostro passato e così, poco a poco, perdiamo il ricordo di certi eventi e diveniamo in qualche modo più poveri.
La vicenda di Natalina Pozzo si collega ad altre due storie che hanno già avuto spazio su queste pagine, si narra infatti che altre due popolane abbiano aiutato Garibaldi durante la sua fuga: una è la fruttivendola Teresa Schenone e l’altra è l’ostessa Caterina Boscovich.
Donne del popolo, donne dei caruggi.
E un giorno io ho ritrovato lei, Natalina.
Quando ho veduto il suo nome inciso sul marmo mi è come venuto un tuffo al cuore e mi è parso quasi di scorgerla sulla soglia della sua bottega, donna semplice e coraggiosa che spalancò la porta all’eroe in fuga.
Un saluto a te, Natalina, fruttivendola genovese prodiga della tua fraterna pietà.
Gli sguardi di Giano Bifronte, simbolo di Genova
Correva l’anno 1536 e nella città di Genova veniva commissionata agli artisti Della Porta e a Nicolò Corte un’opera di pubblica utilità: un barchile e cioè una maestosa fontana che venne collocata in una delle piazze centrali della Superba, all’epoca si chiamava Piazza Nuova, oggi è invece intitolata a Giacomo Matteotti.
Vista da Palazzo Ducale
Sulla fontana troneggiava una scultura con i tratti di Giano Bifronte.
Questa figura ha una forte valenza simbolica per questa città, una leggenda infatti narra che si debba proprio al dio Giano la fondazione della Superba, alcuni ritengono che da lui derivi il toponimo Janua, antico nome della nostra Genova.
Va detto che nella storia di Genova sono varie le supposizioni sull’identità del fondatore Giano ma su questo non mi dilungherò.
Il dio romano degli inizi, il dio dai due volti.
Mutano anche i visi delle città e così è accaduto anche in questo caso.
Nella prima metà del ‘600 la fontana trovò una nuova destinazione, si stabilì di collocarla in Piazza San Domenico, così si chiamava l’attuale Piazza De Ferrari.
Sul finire dell’Ottocento venne nuovamente spostata e fu messa in Piazza Marsala, dove ancora potete ammirarla.
Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri
E anche al dio Giano fu trovata una nuova sistemazione, in un primo tempo venne posto su un’altra fontana che trovate nei caruggi, la sua storia è una delle prime che ho raccontato in questo articolo che vi conduce nella celebre Via Del Campo.
Là si trova la colonna d’infamia eretta nel 1628 per Giulio Cesare Vachero, traditore di Genova che fu punito con la morte per le sue colpe.
Oltre a ciò, secondo l’uso del tempo, la sua casa venne spianata e al suo posto fu costruita la colonna infame.
Tempo dopo i discendenti del Vachero ricorsero ad un astuto stratagemma.
Insomma, non era tanto onorevole trovarsi davanti agli occhi i misfatti del loro antenato, così quando venne costruita la Peschiera dei Raggio fecero in modo che fosse posizionata in maniera da oscurare la vista della colonna sulla quale sono incise le colpe dello stolto Vachero.
E su questa fontana fu collocato il busto di Giano.
Non terminano qui le peregrinazioni genovesi del dio bifronte, alla fine dell’Ottocento fu destinato a Sarzano, la piazza che deriverebbe il suo nome da Arx Giani, rocca di Giano.
Qui c’è una cisterna circondata da un tempietto e se guardate sulla sommità di quest’ultimo vedrete i due volti del nostro girovago Giano.
Qui venne collocato e qui restò per molti anni, la statua che vedete attualmente non è altro che una fedele copia.
E dove si trova l’originale Giano Bifronte, colui che con i suoi sguardi misteriosi ha veduto scorrere la vita di Genova e i suoi secoli?
È conservato nel deposito del Museo di Sant’Agostino, insieme alle molte opere che hanno suscitato il mio e il vostro stupore, accanto alle pietre di Genova perduta.
Lo si preserva e lo si difende dalle ingiurie del tempo ma merita certo di essere di essere esposto nelle sale del Museo.
Ed io spero che gli sguardi di Giano trovino ancora quelli dei genovesi e di tutti coloro che amano la storia di questa città.
Le botteghe della vecchia Zena
E’ tempo di acquisti, cari lettori!
Siete pronti per un giretto davvero speciale? Oh, come già successe qui e qui, naturalmente anche oggi le signore si preparino con cura, si va a far compere nella Zena di un tempo!
Chissà dove ci porterà questa passeggiata, in questa giornata di fine novembre.
Che ne dite, potremmo incontrarci in Piazza Sarzano!
C’è un gran via vai di gente, come potete notare.
Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri
Oh, c’è da riempire la dispensa!
Ed ogni brava massaia sa perfettamente che uno dei beni di prima necessità al quale non si può rinunciare è certamente il latte.
Il latte del nostro entroterra, il più buono che ci sia.
Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri
Ed ecco il negozio che fa al caso nostro, proprio in Sarzano, che fortuna!
E poi, certo non possono mancare i formaggi.
No, non sia mai!
E ci tocca scendere nei caruggi.
Che gioia!
In Via della Maddalena troveremo ciò che ci occorre.
Eh, in questa stagione bisogna coprirsi bene!
Sì, fate attenzione, si rischiano la febbre e il raffreddore.
Ma niente paura, dato che siamo in zona, potremmo metterci al vento e comprare ciò che occorre in caso di malanni.
E la Nuova Farmacia è proprio ben fornita!
E’ grande e spaziosa e chi sta dietro al bancone ha una certa esperienza.
Affidatevi a loro, sono certa che sapranno consigliarvi per il meglio.
Qua in zona, volendo, si può anche comprare il pesce!
Eh, che bello far due passi per i vicoli!
Ricordate? Abbiamo quel formaggio di buona qualità, vorrete o no accompagnarlo ad un buon vino?
Qui, a due passi, in Fossatello, c’è proprio il negozio che ci serve.
Poi sono sempre i signori uomini ad attardarsi nella scelta, diciamo la verità!
E quando si danno arie da intenditori, poi, non ne parliamo.
Beh, la giornata non è ancora terminata.
Sapete, a Genova ci sono uffici dove si lavora alacremente; del resto si sa, i genovesi il senso degli affari ce l’hanno nel sangue.
E questa è una città di mare, con un porto che è la sua ricchezza.
Chissà se i posteri sapranno conservare questa risorsa, se gli scambi commerciali avranno ancora così grande importanza!
Oh, certo, chi lavora qui può sfruttare diverse opportunità.
La sede è oltreoceano! Eh, me l’immagino già il genovese trasferito laggiù, che con sguardo malinconico scruta il mare intonando ma se ghe pensu.
Oh, sì! I genovesi che se ne vanno rimpiangono sempre la Superba, i suoi odori e i suoi chiaroscuri, le scale ripide e le salite, la tramontana e la maccaia.
Lo avete visto quel signore che è appena uscito dalla premiata ditta di spedizioni?
Sì, quello tutto vestito elegante, che teneva a braccetto la moglie.
Ecco, ha appena rifiutato il trasferimento a Buenos Aires, a quanto ne so ha avanzato una serie di giustificazioni abbastanza credibili, ha accampato impegni improrogabili, questioni di famiglia, a quanto pare sembra che l’abbia spuntata!
E lei, la moglie, annuiva fiera.
Li avete visti? Oh, hanno deciso di festeggiare!
E allora la signora ha chiesto in dono un profumo, sì!
E si sono infilati dalla vedova Casareto, per scegliere una fragranza adatta a questa stagione.
Lui suggeriva la violetta, ma a quanto ho sentito la signora, che è un tipo deciso, è stata irremovibile ed ha acquistato una boccettina trasparente contenente un’essenza alla verbena.
Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri
Ed ho sentito dire che dopo pensano di andare a pranzare dalla Carlotta.
Farinata ed altre delizie immagino!
Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri
Eh, che bello se potessimo andarci anche noi!
Ma siamo qui, in Sottoripa, con le nostre borse della spesa e ancora abbiamo molto da fare.
E allora lasciamo gli sposi ai loro festeggiamenti e rituffiamoci nella folla, sotto i portici a pochi passi dal mare, dove tutti parlano in genovese, tra i pescivendoli e i besagnini, nello splendido scenario dei nostri caruggi.
Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri
Piazza Sarzano, la piazza grande del popolo
Il più antico nucleo della città, questo fu Piazza Sarzano.
L’origine del suo nome, secondo alcuni, sarebbe Arx Jani, la rocca di Giano, antica divinità pagana.
E’ una piazza ampia ed aperta, una caso raro se pensiamo che si trova nei nostri caruggi.
Così, vista la sua vastità, in parte di essa vi è libero accesso alle auto e questo, secondo la mia opinione, in parte guasta la sua bellezza.
Eh, ma non dovete fare caso a me!
Dipendesse da me, in certi luoghi consentirei il passaggio solo alle carrozze a cavalli!
La palazzata che vi accoglie all’ingresso della Piazza, dal lato di Via Ravecca, è allegra e colorata, e le tinte calde di questi muri sembrano attirare naturalmente i raggi del sole.
Si affaccia sulla Piazza il Museo di Sant’Agostino, che raccoglie tesori della Genova antica: madonnette, quadri, sculture, vi narrerò, in un’altra occasione, cosa sia possibile vedere dentro a quel museo.
Ma oggi passeggiamo per Sarzano, in questa piazza che un tempo serviva ai genovesi come luogo di parlamento e di ritrovo.
Aveva così stabilito un decreto dei Comune, risalente al lontano 1145: la piazza era pubblica, aperta al popolo e ad esso destinata.
La storia qui fa da padrona.
E’ in questa piazza che nel 1311, il popolo di Genova si radunò sotto la guida di Opizzino Spinola e consegnò la città nelle mani di Arrigo VII.
In questo luogo, venne assassinato il pittore Pellegro Piola, ho narrato qui la sua sfortunata vicenda.
Fino al XVI secolo, poi, la rupe di Sarzano servì come luogo di scarico dei detriti e divenne, al contempo, il posto prediletto dai suicidi.
Fatti tetri insanguinarono Sarzano, così è la vita, il quotidiano di ogni tempo.
Al centro della piazza è posta una grande cisterna, risalente al 1583.
Forniva l’acqua ai numerosi abitanti della zona e venne in seguito protetta da una sorta di tempietto, opera dell’architetto Bartolomeo Bianco. Sulla sommità della costruzione si può notare la testa scolpita del dio Giano.
Pare che il meccanismo sia ancora perfettamente funzionante e questo non mi stupisce affatto.
Eh, un tempo si faceva tutto con molta più perizia!
Alle spalle della cisterna, poi vi attende una sorpresa.
Questa zona fu, nei tempi antichi, adibita a spazio per coloro che lavoravano la corda.
Ecco, se per caso avete in mente di intraprendere questo mestiere, vedete di rispettare le regole, i Padri del Comune non scherzano!
Dalla cisterna ultima fabbricata verso Ravecca
non si può filar canepa né far corde di qualsivoglia sorte
sotto pena de lire cento per ogni contravventione
applicati alla camera dei SS Padri del Comune
come per lo decreto pubblicato a 27 Agosto 1629
e da loro beneplacito rinnovato nel 1711
Vi è tutto chiaro?
Mi raccomando, rimanete nei confini prestabiliti oppure prendete la vostra benedetta canapa e andate altrove!
Prima di lasciare Sarzano però, date uno sguardo a San Salvatore.
La costruzione di questa chiesa, ora parte del complesso universitario della facoltà di architettura, risale al 1191.
La sua facciata, perfettamente restaurata, è di una bellezza da togliere il fiato.
E se osservate bene i dettagli, scorgerete meraviglie.
Io sono innamorata della mia Genova, vedo bellezza e armonia ovunque.
E se verrete qui, in questa antica piazza, seguite il mio consiglio.
Quando sarete di fronte a San Salvatore, alla vostra destra vedrete un palazzo, al suo portone si accede tramite una passerella che affaccia sui vicoli sottostanti, fate come me, affacciatevi dalla ringhiera, vedrete Vico sotto le Murette, un caruggio che vi condurrà verso Piazza Campopisano.
Verso altri sogni, verso altre antiche suggestioni.