Prima la pioggia, il vento potente e il freddo.
E poi, inatteso e benvenuto, il sole glorioso a rischiarare una mattina di dicembre.
In dono è giunta una giornata inaspettatamente tiepida, accogliente, morbida come un caldo abbraccio.
E la luce, nei caruggi, ha compiuto le sue solite magie.
Una persiana chiusa a metà, una finestra che racchiude vite e storie degli altri, la fiera Croce di San Giorgio e della Superba.
E la luce di Genova e di Soziglia.
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Il Galeone di Genova la Superba
È il galeone della Superba, ha di recente trionfato alle Regata delle Repubbliche Marinare nelle acque di Pisa.
È uno dei simboli dell’orgoglio di Genova, si incitano i rematori ripetendo Dagghe, Zena!
E ancora, li si incoraggia con quelle parole a noi care: Pe Zêna e pe Sàn Zòrzo!
Il galeone della Superba, in occasione del Salone Nautico Internazionale, è stato collocato in Largo Lanfranco e là lo si può ammirare nei suoi magnifici colori che rappresentano questa città.
Sventola sul galeone la fiera Croce di San Giorgio.
E ci sono anche le bandiere delle altre Repubbliche Marinare: ecco il leone di San Marco che rappresenta la Repubblica di Venezia, la croce bianca in campo rosso della Repubblica di Pisa e la croce di Malta della Repubblica di Amalfi.
Ed è un’emozione bellissima poter ammirare il glorioso galeone di Genova.
E in questi giorni di settembre così si offre agli sguardi dei genovesi e dei visitatori.
Con i nostri colori, di bianco e di rosso, pe Zêna e pe Sàn Zòrzo!
La neve e la bandiera
Era pomeriggio e il gelo avvolgeva la città mentre le nuvole, ferme ed immobili, coprivano l’azzurro.
E c’era una finestra e davanti uno scorcio di tetti di ardesia, di case, di finestre e comignoli di Genova.
E spirava appena un soffio di vento freddo e così ha smosso lieve la nostra fiera Croce di San Giorgio.
Appena un istante, così semplice e perfetto.
Nel cuore dell’inverno, la neve e la bandiera.
Finestre e bandiere
E poi finestre di Genova, in Via Ravasco, nel quartiere di Carignano.
In questo lungo anno che ormai volge al termine siamo rimasti spesso nelle nostre case e ci siamo affacciati alla finestra dubbiosi, titubanti e anche speranzosi.
Abbiamo osservato temporali, tramonti, cieli azzurri e nuvole leggere, abbiamo tenuto le persiane chiuse a volte solo per sognare a occhi aperti.
E poi le abbiamo spalancate, quelle finestre, per lasciar entrare l’aria fresca e la luce rigenerante, le nostre finestre sono i nostri nuovi inizi.
E poi abbiamo messo le bandiere, quelle che parlano di noi, così le ho vedute di recente, camminando per la mia città: una croce di San Giorgio e un tricolore, alla finestra.
Una bandiera, un re
La prospettiva è nota a tutti noi, vi basterà recarvi nella centrale Piazza Corvetto e potrete ammirarla anche voi.
Là, al centro della piazza, è collocato il monumento equestre che ritrae Vittorio Emanuele II, detestatissimo sovrano inviso ai genovesi in quanto al suo nome si legano i drammatici eventi del sacco di Genova del 1849 in occasione dei quali i genovesi subirono la violenta repressione attuata dai bersaglieri del generale La Marmora.
È una pagina drammatica del nostro passato e per questo motivo sono molti coloro che periodicamente richiedono la rimozione del monumento dalla sua storica collocazione in questa città che fu così vessata da quel sovrano.
Io, per parte mia, trovo che sia una scultura ben riuscita e scenografica: lì è sempre stata, è una pregevole opera d’arte e ammetto che non saprei immaginare Piazza Corvetto in maniera diversa.
E poi, guardate oltre insieme a me.
Vedrete la nostra bandiera, il fiero vessillo di San Giorgio che sventola nel cielo di Genova.
I re passano, la loro stella declina e la loro grandezza viene riveduta con occhi diversi.
Restano i monumenti, a volte accade.
La bandiera poi si sfilaccia, si consuma, è fragile materia che perde persino colore e consistenza.
La bandiera tuttavia è tutta nostra, fu stretta da condottieri e marinai, è nostra storia, nostra memoria, ricordo di imprese passate e di gesta valorose, è simbolo di una città indomita.
Sventola ancora sui tetti della Superba e così mi piace ritrovarla, nostro orgoglio e nostra fierezza.
Pe Zêna e pe Sàn Zòrzo!
Un riflesso bianco e rosso
C’era l’incertezza capricciosa dei primi giorni d’autunno mentre il sole indomito ancora lotta con le nuvole per conquistare la vittoria.
C’era una piccola folla di curiosi, i visitatori si guardavano intorno e camminavano lentamente assaporando ogni passo, alcuni si sono poi fermati a fare qualche foto davanti al galeone dei pirati che dondola pacifico sull’acqua di Genova.
Un sorriso, un ricordo delle vacanze, un frammento di felicità.
C’erano zainetti, scarpe comode, cappellini con la visiera, giacche per la pioggia e occhiali da sole, abiti leggeri e ombrellini pieghevoli, c’era una stagione e anche quell’altra, c’era quella pigrizia dolce del tardo pomeriggio.
E poi quasi impercettibile un alito di vento caldo ha increspato l’acqua salmastra e un riflesso bianco e rosso così vibrante è apparso sul mare di Genova.
Bandiera genovese
Non è così inconsueto trovare questi colori per le vie della città, questa bandiera si ritrova spesso nelle strade nuove e nelle piazze della città vecchia.
Ed io ormai da diverso tempo ho preso l’abitudine affettuosa di fotografare questa nostra bandiera, ad esempio tempo fa la vidi sventolare in Vico Pinelli.
E allora c’era vento e aria densa di profumi del mare.
Ieri invece era una giornata soleggiata, azzurra e calma.
E spiccavano questi toni, in Vico dei Corrieri, a due passi da Soziglia: bianco, grigio, ombra di città e di vicoli stretti.
E in sottofondo mi è sembrato di sentire la canzone di Ivano Fossati e quelle sue parole: bandiera genovese sono io.
Una prospettiva della Superba
Basterà attendere un giorno di vento e di cielo terso e brillante: saranno più vividi i colori, più potenti i contrasti, resterà memorabile il fascino di questa prospettiva.
Via Assarotti, un’elegante arteria ottocentesca che scende giù, verso il centro della città.
In questa vertigine magnifica, tetti in sequenza come gradini di una ripida scala che ti spezza il fiato, persiane aperte in fuori, l’orizzonte in lontananza.
Mare, celeste e intenso.
Prospettive di una città che fu fiera Repubblica Marinara.
Vento.
Azzurro.
La torre Grimaldina e la bandiera di Genova in cielo.
Guardando Genova così, da Via Assarotti.
Un portone in Via Tommaso Reggio
È un antico portone dei caruggi simile a molti altri.
Pesante, vetusto, muto testimone di storie perdute e di tragiche vicende, il portone si trova in Via Tommaso Reggio.
E forse in queste strade si sentirono un tempo lamenti, pianti e disperazioni.
Sembra quasi di udirle ancora quelle urla concitate: c’è un uomo che fugge e corre a perdifiato, lo inseguono le guardie e ci metteranno poco ad acciuffarlo, lo trascineranno via e la sua pena sarà così ancora più dura.
E c’è una giovane donna disperata, lei cerca con gli occhi proprio lui: il padre del bimbo che porta in grembo.
E lo vede mentre viene condotto via in catene, lei sa che lui verrà gettato in una cupa prigione.
Sarà accaduto in qualche tempo, in qualche giorno di Genova rischiarato da tremule fiammelle.
E poi queste voci nessuno più le ha udite: la giovane madre ha smesso di aspettare, il prigioniero non ha più fatto ritorno.
Il portone davanti al quale potrebbe essersi compiuta questa fuga immaginaria ancora si trova in quel luogo.
Testimone di storie che non possiamo raccontare.
E ha un battente tondeggiante e una toppa perfettamente quadrata, pare tagliata da un abile sarto.
E poi davvero non si possono conoscere i casi del destino, le minuzie delle ore quotidiane e le piccole incombenze di ognuno.
A un certo punto, chissà in che anno, sarà stato necessario mettere di nuovo mano al portone, sempre con la consueta perizia e con la solita abilità.
E così se ne sarà discusso con un abile artigiano con tante raccomandazioni di mantenere una certa armonia: e infatti dall’altro lato del battente ecco un’altra toppa praticamente identica all’altra.
È una questione di simmetrie, anche se è chiaramente impossibile dire in quale sequenza siano stati compiuti questi lavori.
Resta, sempre, l’immaginazione.
E lo senti il suono del martello che rimbomba nella strada?
È un rumore sordo, cadenzato, un ritmo che suscita l’attenzione dei passanti.
Là, in quel luogo dove un tempo ci furono un fuggitivo, una sposa affranta e implacabili guardie.
Il portone, solido e antico ancora resiste: ha file di chiodi posti tutti a giusta distanza, alle due estremità sono poi affissi dei chiodi più grandi.
Sono le tracce dei giorni che non abbiamo vissuto: di alcuni possiamo leggere sui libri di storia, altri invece possiamo solo tentare di immaginarli.
Su quelle ore trascorse e sulle nostre, sulla prospettiva di questo vicolo si staglia il cielo azzurro di Genova.
A pochi passi da quel portone c’era un tempo il Palazzetto Criminale con le sue cupe carceri, l’edificio divenne poi sede dell’archivio di Stato.
E sulla Torre Grimaldina che fu prigione dove furono rinchiusi illustri prigionieri come il patriota Jacopo Ruffini, sventola fiero il vessillo della Superba, simbolo di una città che cela tra le sue antiche mura le storie dei suoi tempi distanti.
Fierezza di Genova
È di Genova quell’aria che inquieta spira verso il mare lambendo Banchi, San Giorgio e Caricamento.
E camminavo sotto i portici, tra la gente.
E si sentiva profumo di incenso e di pesce appena pescato, c’era la solita coda per compare un cartoccio di frittura nell’indolente pigrizia di un giorno di fine estate.
Ritorno sempre, in questi posti.
Ed ero lì, semplicemente senza meta e senza pensieri.
Ad un tratto, nella prospettiva di un semplice e nobilissimo caruggio, quei colori e il vento che li smuoveva.
E così ho attraversato il vicolo e ho alzato gli occhi verso quella striscia di cielo che racconta di noi e della nostra amata Superba.
È di Genova quella Croce di San Giorgio, fiera bandiera che rappresenta noi, la nostra storia e la nostra città.