Washington Square

Un libro raffinato per una vicenda scaturita da un aneddoto narrato allo scrittore Henry James dall’attrice Fanny Kemble, su quei fatti l’autore statunitense costruì un romanzo che fu pubblicato nel 1880.
Washington Square è la zona di New York dove abita il Dottor Austin Sloper con sua figlia Catherine: è una bella dimora, ricca ed austera, la residenza di persone benestanti e appartenenti alla buona società.
Pochi sono i protagonisti di questo libro, la narrazione si dipana attorno al fatale incontro tra Catherine Sloper e un certo Morris Townsend, uomo di sicuro fascino che all’apparenza sembra ricambiare l’interesse della ragazza per lui mentre il padre di lei ostacola quell’unione e scorge con spietatezza nel giovane Morris le caratteristiche dell’avventuriero desideroso solo di approfittare delle ricchezze di Catherine.
La trama in sé è piuttosto semplice e segue canoni precisi, tratto distintivo del romanzo è l’analisi psicologica dei personaggi: alla bassezza e alla superficialità di Morris fa da contrasto l’ingenua fiducia di Catherine continuamente messa sull’avviso dai moniti del padre.
La ragazza ha però dalla sua parte la zia Lavinia, lei offre la sua visione più romantica, è una voce che si sente sempre in sottofondo.
E di Catherine cosa sappiamo? Che ragazza è colei che erediterà le fortune del Dottor Sloper?
Non crediate che James sia stato generoso con la sua eroina, ecco come ce la presenta quando è ancora una ragazzina:

Non era brutta; aveva semplicemente un aspetto dolce, opaco, scialbo. Il più che si poteva dire di lei era che aveva un visetto grazioso e sebbene fosse un buon partito, nessuno aveva mai pensato di considerarla una bellezza.”

Eccola Catherine, l’avete davanti agli occhi, è una persona vera.
Aggiungeteci il fatto che lei è buona, gentile, affabile, a suo modo ingenua, è vivace ma non è intellettualmente curiosa e ha grande stima e rispetto del padre.
Figuratevi cosa può accadere nel cuore di una ragazza simile quando si imbatte in un uomo privo di scrupoli come Morris Townsend.

La vicenda si dipana seguendo i sentimenti di lei, la psicologia di Catherine è il vero filo conduttore del romanzo, Henry James è come sempre un maestro nell’indagare l’animo umano e nel far scorgere al lettore le insicurezze della protagonista, nell’evidenziare quel suo reggersi in equilibrio tra un’immaginaria speranza e un senso incombente di sconfitta.
Del resto, tenete presente, per Catherine l’amore è una faccenda complicata:

L’amore reclama certe cose come un diritto, ma Catherine non aveva coscienza dei suoi diritti; riteneva soltanto di aver ricevuto una grazia immensa e inaspettata.”

Ed è questa la finezza di James, riga dopo riga svela l’animo di questa ragazza: la vediamo crescere e divenire adulta, la seguiamo dibattersi nelle sue contraddizioni e in quel sentimento che lei prova e che l’accompagna per i giorni della sua vita, nella crudezza di certe parole del padre verso di lei.
E la vediamo partire: come molte giovani del suo tempo anche Catherine compirà il suo grand tour, un viaggio in Europa che farà anche la più celebre creatura scaturita dalla penna di Henry James, quella Isabel Archer protagonista di Ritratto di Signora.
Catherine conoscerà illusione e disincanto, fermezza e mortificazione, resterà come inespresso il suo desiderio di riscatto e rivincita anche se lei troverà in qualche parte del suo animo la forza per difendersi dalla crudeltà della vita.
Si prova tenerezza per Catherine, si vorrebbe sedersi accanto a lei, in quella stanza nella grande casa di Washington Square ed ascoltare le sue confidenze sull’amore fragile che ha segnato il suo destino.

Le ore genovesi di Henry James

Un taccuino di viaggio che conduce attraverso l’Italia, si ammirano le nostre città accompagnati dalle parole di un celebre autore.
Italian hours, pubblicato in Italia da Garzanti in questa edizione,  è una raccolta di memorie dello scrittore americano Henry James, vi si trova il resoconto dei viaggi che egli fece nella nostra penisola tra il 1872 e 1909.
Il Grand Tour, così in voga tra i contemporanei dell’autore, è una tematica ricorrente nei romanzi di James, i protagonisti dei suoi libri viaggiano alla scoperta delle meraviglie del Vecchio Continente, ne sono esempio Isabel Archer, indimenticabile eroina di Portrait of a Lady e Cristopher Newman, l’Americano a Parigi del quale vi raccontai in questo articolo.
E James stesso era un viaggiatore, tra le sue mete c’è anche Genova, alla mia città lo scrittore dedica alcune pagine.
E quali sono le parole di questo attento visitatore davanti ai chiaroscuri della Superba?

Genoa is the tightest topographic tangle in the world which even a second visit helps you little to straighten out.
In the wonderful crooked, twisting, climbing, soaring, burrowing Genoese alleys the traveller is really up to his neck in the old Italian sketchability.

Genova è il groviglio topografico più intricato del mondo che anche una seconda visita vi aiuta poco a dipanare.
Nelle meravigliose strade genovesi curve, tortuose, ripide, vertiginose, nascoste, il viaggiatore è realmente immerso nel tradizionale bozzetto italiano.

Via delle Grazie

Via delle Grazie

Un dipinto ad olio dal quale si evince tutta la magia misteriosa di questa città, il cupo sprofondare dei suoi caruggi e quelle lame di luce che li attraversano spezzando l’ombra.
Henry James cammina in queste strade, guarda verso il mare e osserva che la più grande ricchezza di questa città è il suo porto.
E si avvia verso il suo albergo, attraversando strade che sempre percorriamo:

I wandered for a long time at hazard through the tortuous by-ways of the city, I said to myself, not without an accent of private triumph, that here at last was something it would be almost impossible to modernise.

Camminai per lungo tempo a caso attraverso le tortuose stradine della città, dissi a me stesso, non senza un accento di trionfo privato, che qui almeno c’era qualcosa che era pressoché impossibile modernizzare.

Via della Maddalena

Via della Maddalena

A tangle, un groviglio di antiche vie così tenacemente avvinte al loro storico passato, impossibile mutare lo spirito della città vecchia, resiste forte della sua identità.
E’ un fine osservatore Henry James, guarda Genova con occhio sapiente e ne sa cogliere la vera essenza.
L’hotel che lo ospita, situato nell’antica Torre dei Morchi, è stato spesso meta di celebri visitatori, come già ho avuto modo di raccontarvi vi soggiornarono Mark Twain, Stendhal, Verdi e James Fenimore Cooper.

Torre dei Morchi
Al Croce di Malta scese anche Henry James e il suo nome, come quello degli altri prestigiosi viaggiatori che dimorarono in quelle stanze, è inciso sulla lapide posta all’ingresso di Vico Morchi.

Hotel Croce di Malta

L’albergo è ampio e spazioso, James vi incontra un suo connazionale, quest’ultimo pare essere piuttosto irritato per le esagerate dimensioni del Croce di Malta, lo scrittore annota che per salire al primo piano ci si mette un quarto d’ora.
E che gradini, io lo so bene!
E ancora, ecco James intento a consumare la sua colazione in a dusky ballroom, una scura sala da ballo il cui soffitto è splendidamente affrescato, laggiù c’è una finestra che si affaccia sui vicoli, la vedete?
Osservate bene, l’americano si alza dal suo tavolo, pochi passi e il suo sguardo abbraccia la vita che brulica sotto di lui, Henry James ascolta le voci che risuonano in quella vertigine di vicoli che puoi tentare di comprendere soltanto se la vedi.

Via San Luca

Via San Luca

E certo lo scrittore non si sofferma solo sui caruggi, descrive anche i palazzi nobiliari e le bellezze di Strada Nuova, tra le sue righe c’è una menzione per gli splendori di Palazzo Rosso.

Palazzo Rosso

Eppure io sono rimasta affascinata dalla sua descrizione del popolo di Genova, gente del porto che inconsapevole incrociò il cammino dello scrittore americano e rimase così immortalata tra le pagine di un libro.
E sono marinai dalla pelle brunita, girano a torso nudo e portano orecchini e cinture rosse.
E sono vite senza nome, vite fatte di fatica e di lavoro.

Vico Dritto di Ponticello

Vico Dritto di Ponticello – 1909
Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

Un viaggio è una scoperta, un viaggio ti porta nella vita degli altri.

To travel is, as it were, to go to the play, to attend a spectacle.
Viaggiare è, per così dire, andare a divertirsi, assistere ad uno spettacolo.

E scende una luce calda, la sera declina nei caruggi di Genova, un odore acre e pungente rende tutto reale e vero.
E James fa una considerazione riguardo alla varia umanità che incontra per queste strade, coglie la traccia di un certa povertà eppure questa per lui è comunque inferiore alle molte conoscenze di vita proprie di un popolo come il nostro, un popolo che affonda le sue radici nella storia, questo pensa l’americano.

Truogoli di Santa Brigida

E popoli come questi, dice James, hanno la mirabile capacità di non farsi piegare dalle sventure del caso.
E ancora un turbinio di gente, un vociare indistinto, un fotogramma del quotidiano.
E rumore di passi e folla e vita, vita, vita.
E forse pianti di bambini, voci sguaiate,  grida, facce corrugate di vecchi e schiene curve, mani forti e sguardi sfrontati.
Vita, semplicemente vita, come la vide l’americano Henry James, per le strade di Genova.

Genoa, as I have hinted, is the crookedest and most incoherent of cities. …Down about the basements, in the close crepuscular alleys, the people are for ever moving to and fro or standing in their cavernous doorways and their dusky, crowded shops, calling, chattering, laughing, lamenting, living their lives in the conversational Italian fashion.

Genova, come ho accennato, è la più tortuosa e incoerente delle città. … Giù a pianterreno, negli stretti vicoli crepuscolari, la gente si muove di un moto perpetuo, andando e venendo o restando negli ingressi cavernosi o sulla soglia dei bui, affollati negozi, parlando, chiacchierando, ridendo, lamentandosi, vivendo la propria vita in quella maniera fatta di conversazione che è tipicamente italiana.

Via Ravecca (3)

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

L’Americano

E’ un giorno di maggio del 1868 e un giovane uomo se ne sta seduto su un imponente divano collocato al centro del Salon Carré, al Louvre.
L’uomo ha con sé una piccola guida e un binocolo da teatro, è un tipo prestante e dotato di fascino, ha appena trascorso un tempo infinito nella contemplazione delle numerose opere d’arte esposte nel museo parigino e ora sta ammirando una Madonna di Murillo.
Il giovane è un brillante uomo di successo, ha accumulato un’immensa fortuna ed è venuto in Europa per poter godere delle sue ricchezze.
Il giovane è il protagonista di uno dei primi romanzi di Henry James dal titolo L’Americano.
Un Americano a Parigi, si potrebbe dire, non a caso lui si chiama Christopher Newman, è come un novello Colombo che compie un viaggio verso il vecchio continente dove troverà un universo del tutto differente da quello che conosce.
E su questo terreno si svolgerà uno dei temi cari ad Henry James, lo scontro tra il pragmatismo americano e la cultura della vecchia Europa.
Due mondi che si sfiorano e difficilmente si comprendono, accade in questo romanzo dalla scrittura fluida e molto godibile, i classici non deludono mai ed Henry James ha una capacità evocativa a mio giudizio fuori dal comune.
E si cammina per i Boulevards di Parigi accanto a Christopher Newman, l’uomo del Nuovo Mondo trova nella capitale francese un suo vecchio amico, Tristam.
E costui è quasi perduto nelle mollezze dei suoi ozi europei, parla quasi con una certa leggerezza degli Stati Uniti e questo fatto irrita in maniera irreparabile il puro Newman.
E poi si parte con Christopher, si parte per il Grand Tour, la passione degli americani del tempo, viaggiare da una città all’altra d’Europa e scoprirne le bellezze.
Cosa attira l’attenzione di un americano in Europa?
A Bruxelles Newman resta colpito dalla torre gotica dell’Hotel de Ville e fantastica sulla possibilità di costruirne una simile a San Francisco.
E poi attraversa la Svizzera, la Germania, l’Austria, il viaggio ha un forte significato simbolico e diviene il mezzo per raggiungere la coscienza di sé.
E tuttavia l’americano torna a Parigi ed ha un’ottima ragione per farlo, l’uomo del Nuovo Mondo ha trovato in quella città la donna che vuole sposare, lei si chiama Claire e appartiene a una famiglia aristocratica che ha antiche origini.
Un amore a quanto pare ricambiato, eppure il giovane troverà diversi ostacoli sul suo cammino.
La vecchia aristocrazia parigina non si mescola con uno che ha fatto i soldi con il commercio, in questo c’è un tratto di volgarità inaccettabile per quel certo mondo.
E così il matrimonio verrà osteggiato e la vicenda si snoderà tutta nel tentativo di Christopher di riavere Claire tutta per sé.
Riuscirà l’Americano nella sua impresa?
Oppure da questo scontro ne uscirà battuto e sconfitto?
E lei, Claire?
Si ritira in un convento di Carmelitane, lasciando fuori dalla porta tutte le lusinghe e gli agi della vita bella che prima conduceva.
Rimarrà lì oppure tornerà tra le braccia di Christopher?
Un romanzo intenso e molto cinematografico, Henry James sa restituire ai lettori personaggi di carattere, vividi, reali e credibili.
E in questo romanzo spiccano alcune figure femminili come Mademoiselle Noémie, la giovane pittrice che con tele e pennelli riproduce fedeli copie dei quadri del Louvre.
E certamente merita una menzione la Signora Bread, la governante della ricca famiglia di Claire, costei ha qualche conto in sospeso con quella famiglia e troverà il modo di regolarlo.
Un romanzo giocato sulle differenze, sulle sfumature di mondi distanti, da una parte gli scaltri europei capaci persino di giocare con le parole e dall’altra lui, l’Americano.
Tuttavia, la buona aristocrazia del vecchio mondo non è affatto immune da peccati capitali e la rinomata famiglia parigina cela un terribile segreto, lo si scoprirà nelle ultimi capitoli del romanzo, in certe pagine che hanno delle tinte quasi noir.
E lui, l’Americano saprà usare a suo vantaggio le informazioni delle quali entra in possesso?
E’ fiero e combattivo e va dritto allo scopo, basterà questo a fare di Christopher Newman un vincente?
Un romanzo che scivola via piacevolmente, scritto da una penna sapientemente abile.
E se avete amato Isabel Archer, la protagonista di Ritratto di Signora, altro celebre romanzo di Henry James, provate a conoscere anche Christopher Newman, l’uomo del Nuovo Mondo.

La potenza dell’incipit

Lolita, light of my life, fire of my loins. My sin, my soul.
Lo-lee-ta: the tip of the tongue taking a trip of three steps down the palate to tap, at three, on the teeth. Lo.Lee.Ta.

Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, mia anima.
Lo-lee-ta, la punta della lingua che compie un viaggio di tre passi sul palato per battere, al terzo, sui denti. Lo.Li.Ta.

Eccola la potenza dell’incipit, è tutta qui, in tre righe.
E perde, nella traduzione, tutta la sua musica.
Rileggete il testo in lingua originale, a voce alta.
E ascoltate il suono di queste parole: Lolita, light, loins.
E ancora: life, fire. Sin, soul.
E di nuovo: tongue, trip, three, palate, tap, teeth.
Questa è musica, ma l’incipit del romanzo di Nabokov annuncia la scabrosa vicenda che vi verrà raccontata, è tutta lì, in nuce.
L’incipit è la porta che si apre sulla storia, sull’intreccio e sui personaggi che saranno nostri compagni di viaggio per un tratto di strada e scegliere le parole giuste è prova del talento dei grandi scrittori.
Oggi vi porto tra gli incipit di alcuni dei grandi romanzi della letteratura inglese ed americana, fateci caso, le parole scelte non sono mai casuali, ma scritte con estrema cura, per introdurre il lettore all’ambientazione del romanzo.
E ogni romanzo ha il proprio linguaggio, a volte tortuoso, a volte romantico, a volte confidenziale.

You don’t know about me without you have read a book by the name of The adventures of Tom Sawyer; but that ain’t no matter. That book was made by Mr Mark Twain, and he told the truth, mainly.

Probabilmente non avete mai sentito parlare di me, a meno che non abbiate letto un libro dal titolo Le avventure di Tom Sawyer, ma questo non  importa. Il libro è stato scritto dal Signor Mark Twain ed egli ha detto la verità, per lo più.

Chi è a parlare? Lo avete riconosciuto? E’ Huckleberry Finn, colui che vi porterà a vivere mille avventure sul Mississippi.
E che cosa conta che voi ancora non abbiate sentito parlare di lui? Questo è solo l’inizio, cari lettori, il meglio deve ancora venire!
Ogni romanzo è un mondo ed è racchiuso nelle prime parole.

Under certain circumstances there are few hours in life more agreeable than the hour dedicated to the ceremony known as afternoon tea.

In certe circostanze ci sono poche ore più piacevoli dell’ora dedicata alla cerimonia nota come tè del pomeriggio.

E questo è l’incipit di Portrait of a Lady di Henry James, romanzo che narra il gran tour di una giovane americana attraverso i paesi europei, alla fine dell’Ottocento.
Riuscite a vederla Isabel Archer che sorseggia una tazza di tè?
Le figure femminili indimenticabili della letteratura sono diverse, alcune lasciano proprio il segno.

No one who had ever seen Catherine Moorland in her infancy, would have supposed her born to be an heroine. Her situation in life, the character of her father and her mother, her own person and disposition, were all equally against her.

Nessuno che avesse visto Catherine Moorland nella sua infanzia avrebbe mai immaginato che lei era nata per essere un’eroina. La sua situazione nella vita, il carattere di suo padre e di sua madre, la sua stessa persona e le sue inclinazioni, tutto era contro di lei.

E invece lo diventerà, sarà lei la protagonista di Northanger Abbey di Jane Austen e voi la conoscerete subito, all’inizio del romanzo.
La vita è un atto di eroismo, anche se durante il percorso è difficile prevedere le proprie azioni future.

Whether I shall turn out to be the hero of my own life, or whether that station will be held by anybody else, these pages must show.

 Se mi accadrà di divenire l’eroe della mia vita o se questo ruolo verrà rivestito da qualcun altro lo diranno queste pagine.

Lui è David Copperfield, indimenticabile personaggio uscito dalla penna di Charles Dickens.
Il romanzo racconta l’infanzia di questo ragazzo, i suoi studi e la sua crescita, sullo sfondo l’Inghilterra della Rivoluzione Industriale e pagina dopo pagina l’esperienza di David che giorno per giorno diviene l’eroe della propria esistenza, così come preannunciato nelle prime righe del romanzo che proseguono con la narrazione dell’infanzia di David.
A queste parole di Dickens si aggancia l’incipit che apre un grande romanzo americano.

If you really want to hear about it, the first thing you’ll probably want to know is where I was born, and what my lousy childhood was like and how my parents were occupied and all before they had me, and all that David Copperfield kind of crap, but I don’t feel like going into it.

 Se davvero avete voglia di sentire questa storia, probabilmente vorrete sapere dove sono nato e come sia stata la mia infanzia schifa e che cosa facessero i miei genitori prima di avere me e tutto il resto e tutte quelle baggianate alla David Copperfield, ma non mi sento proprio di parlarne.

Questo è l’inizio del più celebre romanzo di Salinger, The catcher in the rye, noto nella versione italiana come Il giovane Holden.
Holden Caulfield, un giovane uomo che ha qualche problematica con il proprio eroismo personale, una figura combattuta e inquieta.
No, qui non troverete David Copperfield, siete avvisati, Holden è di tutt’altra pasta.
E potrei continuare con questo gioco per ore ed ore.
Basta estrarre un libro dallo scaffale, leggere le prime righe, viverle e sentirle alla luce di ciò che accadrà dopo.
Provate a riprendere tra le mani opere di grandi scrittori che avete già letto, rileggete l’incipit e vi accorgerete che in quelle poche parole c’è già quasi tutto.
Un mondo, una vicenda, un personaggio.
E allora credo di dovervi lasciare con un incipit di grande rilievo.
Vi porto nello studio di un pittore, costui è in compagnia di un giovane dandy, un esteta, un amante della bellezza e dei piaceri, il suo nome è Lord Henry Watton.
I due chiacchierano amabilmente in merito a un ritratto, opera del pittore, che ha per soggetto un certo Dorian Gray, un giovane di particolare bellezza.
E il quadro che lo ritrae si trova lì, in questa stanza che profuma di petali di rosa.

The studio was filled with the rich odor of roses, and when the light summer wind stirred amidst the trees of the garden there came through the open door the heavy scent of the lilac, or the more delicate perfume of the pink-flowering thorn.

Lo studio era pieno del ricco effluvio delle rose e quando il leggero vento d’estate spirava tra gli alberi del giardino dalla porta aperta entrava il pesante profumo del lillà o quello più delicato dei rosaspini in fiore.

(Oscar Wilde, The Picture of Dorian Gray)

Vico Morchi, scrittori e viaggiatori all’Hotel Croce di Malta

Questo caruggio, apparentemente spoglio e privo di qualunque interesse, è Vico Morchi.
E’ un vicoletto che da Sottoripa vi conduce in San Luca, certo non è tanto famoso e a vederlo davvero non si intuisce per quale  motivo bisognerebbe prestargli attenzione.

Già, quando siete sotto i portici, tra le bancarelle, nei dintorni dell’Acquario che tanto attira i turisti, perché mai dovreste soffermarvi all’inizio di questo umile caruggio? Per quale ragione ha un senso alzare lo sguardo verso quel muro?
Nel 1800 diventò molto in voga il grand tour, giovani aristocratici di famiglie ricche e dotate di molte sostanze intraprendevano un viaggio nel vecchio continente, alla scoperta della vecchia Europa.
Le mete erano spesso la Francia e l’Italia, i viaggiatori sovente erano inglesi e americani.
Se avete letto i romanzi di Henry James, ad esempio, rammenterete quella Daisy Miller ed il suo viaggio a Roma e ancor di più ricorderete Isabel Archer, la protagonista di Portrait of a Lady, e le sue avventure europee.
Gli americani e il loro Puritanesimo, la meta è l’Europa, l’Europa e l’Italia delle città d’arte e delle tante suggestioni che esse suscitano.
E molti furono gli scrittori di quel tempo che soggiornarono a Genova.
Qui, in Vico Morchi, all’Hotel Croce di Malta.

Per molti anni, questo fu uno degli alberghi più prestigiosi della città.
Il primo ospite illustre fu Tobias Smollet, che venne nel 1765 ed annotò sul suo libro, Diario in Italia, che l’alloggio ed il servizio erano stati di suo gradimento.
E poi gli altri, i loro nomi potete leggerli sulla lapide, posta all’inizio di Vico Morchi: James Fenimore Cooper, Mary Shelley, Mark Twain, Giuseppe Verdi ed Henry James.
Scrittori, poeti, artisti, il fior fiore della cultura del tempo.
Dell’Hotel Croce di Malta parla proprio Mark Twain, nel suo Innocents abroad, queste sono le righe ad esso dedicate, ecco le sue parole:

The hotel we live in belonged to one of those great orders of knights of the Cross in the times of the Crusades, and its mailed sentinels once kept watch and ward in its massive turrets and woke the echoes of these halls and corridors with their iron heels.

L’hotel nel quale alloggiamo appartenne ad uno di quei grandi ordini di Cavalieri della Croce ai tempi delle Crociate e le sue spedite sentinelle un tempo facevano la guardia in quelle sue torri massicce e risvegliavano gli echi di queste sale  e corridoi con i loro tacchi di ferro.

Hermann Melville, a sua volta ospite dell’albergo, parlò di un’alta torre, che svettava sugli altri palazzi.
Questa è la torre dei Morchi, dentro la quale si trovava l’Hotel Croce di Malta.

Al Croce di Malta soggiornò  anche lo scrittore Gustave Flaubert.
E allora pensate, pensate che in quelle stanze camminò l’autore di Moby Dick e colui che diede vita a Madame Bovary, dormì in quella torre l’uomo che ideò Huckelberry Finn, Tom Sawyer e molti altri personaggi indimenticabili.
Una torre, una torre medievale che predomina sul mare, in Piazza Caricamento.
Oltre a questa, per un certo periodo, l’albergo occupò anche il palazzo all’altro lato della strada, si vede che avevano una vasta clientela!
E allora immaginate  questi viaggiatori, quelli dai nomi altisonanti ma anche gli altri, gli sconosciuti, tutti alloggiarono qui, al Croce di Malta.
Chissà come sarà sembrata la nostra Genova a questi forestieri!
Molti ne erano davvero affascinati, Mark Twain, in particolare, ne scrisse ampiamente, vi narrerò in seguito quali furono le sue impressioni sulla città e sui suoi abitanti.
Proprio dietro, a due passi dall’albergo, c’è Via San Luca, all’epoca fitta fitta di botteghe, di negozietti di artigiani, c’era un continuo via vai di gente, tra lì e la ripa.
Ma voi ve lo immaginate Mark Twain in Via San Luca? Chissà, gli sarà piaciuta la focaccia?
E ad Henry James, quell’americano compunto, quali sensazioni avrà destato la Superba?
Il glorioso Hotel Croce di Malta chiuse i battenti nel lontano 1878, inglesi e americani, romantici ed innamorati della Liguria, dovettero trovare altre sistemazioni per i loro soggiorni nella nostra città.
Quando passate per Caricamento, alzate lo sguardo verso la Torre dei Morchi, splendida testimonianza del medioevo genovese.
E pensate alle stanze di quell‘albergo, a quegli scrittori, a quel passato che sembra tanto distante, eppure è ancora qui, per chi sa vederlo.