Lady Butterfly – Diario di una cacciatrice di farfalle

“15 Aprile 1883
Tra un mese avrò raggiunto i ventun anni, e allora sarò libera di scegliere la mia strada nella vita. La mia passione dominante è l’indipendenza.”

Questa è la storia straordinaria di Margaret Elizabeth Fountaine, instancabile viaggiatrice e appassionata entomologa nata a Norwich nel 1862.
La sua vicenda venne alla luce nella maniera in cui lei stessa aveva disposto: dovete infatti sapere che Miss Fountaine morì nel 1940 e con il suo testamento destinò al Castle Museum di Norwich la sua collezione di 22.000 farfalle.
Miss Fountaine però lasciò dietro di sé anche una capiente scatola con l’indicazione che venisse aperta il 15 Aprile 1978.
Così accadde e, quando il coperchio fu sollevato, all’interno della scatola furono trovati 12 pesanti volumi: i diari di Miss Fountaine dal 15 Aprile 1878 fino al 1939, cento anni erano passati da quando Margaret aveva scritto la prima parola delle sue memorie.
Lady Butterfly – Diario di una di una cacciatrice di farfalle di Margaret Fountaine, pubblicato da Elliot nella collana Antidoti, è così la storia magnifica di questa donna cresciuta secondo le regole e i dettami dell’epoca vittoriana e tuttavia autonoma, indipendente, libera nelle azioni e nei pensieri.
Le pagine scelte da quei suoi diari restituiscono il ritratto di una donna volitiva, caparbia, fiera e scevra da incertezze, Miss Fountaine ha spirito di iniziativa e carattere, hanno particolare rilievo poi le sue tormentate e a volte bizzarre questioni amorose che sono narrate con vera ricchezza di dettagli.

Miss Fountaine disegna cattedrali e scopre fin da ragazza che la sua ambizione è viaggiare per il mondo, trovare nuove farfalle e conoscere usi e costumi dei popoli.
Miss Fountaine, disponendo di una certa rendita, riuscirà così a realizzare il suo desiderio: viaggerà in tutti i continenti, armata di retino e di autentica curiosità.
Quante avventure Miss Fountaine!
Ad esempio, in compagnia di sua sorella, partirà da Nizza per attraversare l’Italia in bicicletta: le due spediscono il loro bagaglio per ferrovia e si apprestano a pedalare fino a Venezia.
Che sorprendenti viaggiatrici vittoriane in gonna lunga!
Immaginate Miss Fountaine e sua sorella alla scoperta del mondo, alla partenza dalla Francia l’entusiasmo è alle stelle.

“Fu delizioso volare sulle nostre biciclette, io con la mia Kodak Bullseye fissata al cestino davanti a me, così che ogni qual volta un gruppetto di contadini o di animali colpiva la mia immaginazione, non avevo altro da fare che saltar giù dal sellino e cogliere qualche istantanea. Eravamo alla moda, con le nostre biciclette… Inoltre ero alla moda con la mia Kodak”.

Temeraria Miss Fountaine, le sue avventure sono ai nostri occhi fantastiche e sorprendenti: Miss Fountaine salirà sull’Orient Express, cavalcherà con sicurezza, scoprirà l’Africa e l’Oriente, sarà sempre libera e autonoma, sebbene in sottofondo, nei filo dei suoi pensieri, si colga netto e presente il retaggio della sua educazione vittoriana.
Ad accompagnarla per un lungo tratto della sua vita sarà un giovane ragazzo siriano che è la sua guida nei viaggi in terre lontane: lui ha 24 anni e lei 39 quando tra loro nasce un amore difficile e complicato, non vi svelerò di più di loro ma, come dicevo, Miss Fountaine in tutto il corso del libro finisce sempre per stupire.
Va anche detto che, a un certo punto della vita, smetterà di collezionare farfalle, farle morire era per lei una pena e inizierà invece ad allevare le larve, restituendo all’universo un numero elevatissimo di nuove farfalle.
Miss Fountaine troverà all’estero interessanti compagni di viaggio, incontrerà nobili inglesi e studiosi come lei, in un giorno di aprile i suoi occhi si poseranno poi sui manifesti che raccontano la tragedia del Titanic e lei scriverà sul suo diario che quella è la nave più grande del mondo e che possa affondare è completamente da escludere.
Con grazia, determinazione e spirito Miss Fountaine ci ha così consegnato il suo sguardo su quel mondo che volle conoscere in ogni sua particolarità, leggere le sue memorie è una notevole emozione, questo libro è una lettura inaspettata e stupefacente, avvince, affascina e lascia, nel cuore e nell’animo, la leggerezza del sorriso.
Seguendo lei, Margaret Elizabeth Fountaine, con la sua sete di libertà che la condusse per le strade del mondo.

“Sostai ad Atene due notti, ma non vedevo l’ora di tornare nel mondo solitario della natura, libera di vivere la mia vita autentica, lontano dalle convenzioni della civiltà. La libertà è la gioia suprema della vita.”

Due sulla torre

“I dolci occhi scuri che sollevò verso di lui quando entrò – grandi e malinconici più per la circostanza che per loro caratteristica personale – suggerivano un temperamento caldo e affettuoso, forse leggermente sensuale, che languiva per la mancanza di qualcosa da fare, da amare o per cui soffrire.”

Così si presenta Viviette Constantine, tormentata eroina scaturita dal mirabile talento di Thomas Hardy e protagonista del romanzo Due sulla torre risalente al 1882 e pubblicato in Italia da Fazi Editore.
L’inquieta Viviette, elegante signora quasi trentenne, vive a Welland House, la sua bella dimora nella campagna del placido Wessex.
È insoddisfatta Viviette, il suo destino finisce così per incrociarsi con quello di Swithin St. Cleeve, un giovane di ben diversa estrazione sociale e inoltre più giovane di lei di ben nove anni.
All’epoca della sua pubblicazione il romanzo si attirò l’accusa di essere contrario alla morale ed è lo stesso Hardy a scrivere nella prefazione che il suo libro venne considerato “sconveniente”, questo naturalmente secondo i canoni della società vittoriana ben distanti dai nostri.
La storia si dipana con garbo e delicatezza alzando il velo sull’esistenza di questa donna, moglie del dispotico Sir Blount Constantine che se ne è partito per l’Africa seguendo “la mania della caccia al leone” e strappando alla giovane sposa la promessa di vivere in solitudine fino al suo ritorno e di evitare balli ed eventi mondani.
E lei così si adegua alla sua situazione rinunciando anche a certe piccole gioie fino al giorno in cui scopre, inaspettatamente, di essere rimasta vedova.
Viviette conosce ormai già da diverso tempo il giovane Swithin del quale si è innamorata con facilità: lui è un giovane ricco di talenti e di speranze, studia appassionatamente astronomia e desidererebbe diventare astronomo reale.
E compie quei suoi studi nella torre di proprietà dei Constantine, proprio quel luogo diverrà scenario dei molti incontri tra Swithin e Viviette.

Lei lo aiuta, lo sostiene, lo segue in quella meraviglia che è la scoperta del cielo.
E ascolta e impara, si emoziona, ogni giorno il suo cuore batte più forte per lui e per i suoi ideali e il giovane la ricambia con gratitudine, devozione e trasporto.
La trama bellissima, delicata e avvincente, è ricca di tensioni e di diversi equilibri, a mio parere sarebbe perfetta per una trasposizione cinematografica, leggendo le pagine così sapientemente scritte da Thomas Hardy nella mente appare la figura di Viviette e con lei si scoprono tutti i protagonisti che ruotano attorno alla sua vicenda.
Ad esempio, guardate che curioso incidente capita a una fanciulla di nome Tabitha Lark nel silenzio della chiesa locale durante una funzione religiosa:

“Era in corso il sermone e il giovane addetto al mantice si era addormentato sui manici dello strumento. Tabitha tirò fuori il fazzoletto, con l’intenzione di svegliarlo sventolandoglielo davanti. Insieme al fazzoletto ruzzolò fuori un’intera serie di oggetti sorprendenti: un ditale d’argento, una fotografia, un piccolo portamonete, una bottiglietta di profumo, alcune monetine sciolte, nove chicchi di uva spina, una chiave.”

È una descrizione semplice e assolutamente straordinaria, del resto un grande scrittore sa fare proprio questo: ti lascia davanti agli occhi l’indimenticabile immagine di una fanciulla imbarazzata e ti fa sentire il rumore lieve di tutti quegli oggettini che cadono a terra.
Non vi svelerò i dettagli della personale ricerca della felicità di Viviette, questa è una storia ricca di colpi di scena, di sotterfugi, di notizie impreviste, di dubbi e piccoli indizi, di oggetti perduti, di viaggi, di tradimenti e di tentativi di pianificare l’esistenza proprio come vorrebbero le regole della società.
Al di là di tutto questo, davanti allo sguardo e nel fondo dell’animo, si staglia lucente e assoluto il desiderio di raggiungere l’autentica felicità e di toccarla, preservarla e viverla con tutta l’intensità della quale si sa essere capaci, con la disperata bellezza del sentimento di Viviette che palpita nutrito dalla speranza e dall’infinita meraviglia che suscita in lei il suo amato e geniale Swithin.

“Le labbra dischiuse erano labbra che parlavano, non d’amore ma di milioni di miglia; ed erano occhi, quelli, che non guardavano nelle profondità degli occhi altrui ma in altri mondi.”

Le cinque donne

Cinque donne, cinque fragili vite tragicamente stroncate da un assassino la cui figura ancora evoca profonde inquietudini: Le Cinque donne – La storia vera delle vittime di Jack lo squartatore è il superbo saggio di Hallie Rubenhold edito da Neri Pozza e vincitore del Premio Baillie Gifford per la non fiction.
Un libro coinvolgente come un romanzo, incalzante, scritto con garbo e competenza, puntuale ed efficace come deve essere un’autentica indagine storica, il volume è frutto di un accurato e minuzioso lavoro di documentazione compiuto su una gigantesca mole di carte d’archivio, giornali e pubblicazioni.
Polly, Annie, Elizabeth, Kate e Mary Jane sono le protagoniste.
A ciascuna di loro Hallie Rubenhold dedica un capitolo, approfondendo le vicende della vita di ognuna senza indulgere sui particolari della loro fine e tralasciando la ricerca di informazioni sulla misteriosa figura del loro assassino: nessuna supposizione sulla vera identità di lui, volutamente scarni i dettagli sugli omicidi.
L’autrice intende così riportare così al centro della scena le sventurate vittime e mostrarci il loro vero volto, delineando al contempo un affresco straordinario di una certa Londra vittoriana, ne può scrivere in tale maniera soltanto chi conosca davvero a fondo la storia della capitale inglese e chi frequenti con passione le pagine dei suoi più celebri narratori come Charles Dickens.
Una città vibrante, fosca, complicata e tumultuosa e resa reale da questa scrittura magnifica, ad esempio così viene presentata Fleet Street, la zona del distretto tipografico:

“I cilindri ruotavano, le cinghie giravano, gli ingranaggi ticchettavano e ronzavano mentre i caratteri e l’inchiostro si imprimevano sulla carta. I pavimenti vibravano, le luci ardevano senza posa. …. Fleet Street e i dintorni erano un alveare pieno di celle in cui si stampava. I camici lerci e i grembiuli macchiati erano l’unico vestiario possibile per gli operai: più il lavoratore faticava più era nero e fuligginoso.”

Taluni, in questo mondo implacabile, restano facilmente sopraffatti.
Per i bassifondi e per le strade di Whitechapel una varia umanità si arrabatta per sopravvivere e per rimanere a galla, qui si compiono i destini di Polly, Annie, Elizabeth, Kate e Mary Jane.
Hallie Rubenhold narra delle loro famiglie di provenienza e della loro infanzia, poi le mostra giovani donne con i loro progetti e le loro speranze.
Ecco Polly e il suo matrimonio finito male e la sua vita vagabonda.
E poi Annie con le sue ambizioni di agiatezza, il marito di lei è cocchiere per un aristocratico, potrebbe sembrare che il destino arrida alla coppia eppure anche davanti ad Annie si spalancherà l’abisso della sofferenza.
Elizabeth invece rincorrerà il suo destino dalla lontana Svezia, sua terra natale, Kate sarà segnata dalla perdita prematura della madre e nella sua vita avrà molte rocambolesche disavventure.
Ammantata da maggior mistero è la figura di Mary Jane, di lei non si conoscono molti dettagli e non è nemmeno del tutto certa la sua vera provenienza.
Queste esistenze sbandate sono segnate da miserie e lutti improvvisi, da tremende malattie e solitudini, in ognuna di queste donne qualcosa irrimediabilmente si frantuma e mai più si ricomporrà, tutte loro sono poi accomunate da una fatale tendenza all’alcolismo.
Hallie Rubenhold pone l’accento sulla consuetudine di guardare a queste vite attraverso il caleidoscopio deformante del pensiero vittoriano con la sua morale che poneva comunque ai margini una certa classe di donne e le privava del loro giusto riconoscimento sociale.
A loro è dedicato questo libro, affrescato dalla sua sua autrice con stile vivido e sapiente, in un racconto che restituisce a cinque donne i tratti delle loro fragili identità.

“Sin dalla loro venuta al mondo, le circostanze furono avverse a Polly, Annie, Elizabeth, Kate e Mary Jane. Cominciarono a vivere in condizioni svantaggiate. Non solo quasi tutte erano di bassa estrazione, ma appartenevano anche al sesso sbagliato. Prima ancora di imparare a parlare erano considerate meno importanti dei fratelli e un peso più gravoso per la società rispetto alle bambine benestanti. Il loro valore era già compromesso, prima ancora che riuscissero a dimostrarlo.”

Charles Dickens

“In altre parole, Dickens si deliziava delle idiosincrasie e delle leziosaggini dei suoi personaggi. Una volta creati continuavano a vivere in lui come altrettanti amici immaginari che aveva il piacere di presentare nelle occasioni più appropriate.”

Tragedia e gaiezza, dramma e comicità, denuncia sociale e ricerca di giustizia animano le pagine dei suoi romanzi, indimenticabili sono i personaggi che affollano i suoi libri: Charles Dickens è stato uno dei più influenti scrittori del suo tempo e la voce dell’epoca vittoriana.
Non sembrerebbe semplice tratteggiare il percorso dell’esistenza appassionata e a tratti burrascosa di Dickens ma lo scrittore Peter Ackroyd consegna ai suoi lettori una biografia a dir poco superba, il suo volume dal titolo Charles Dickens è edito in Italia da Neri Pozza.
Con una scrittura garbata, puntale ed elegante Ackroyd prende per mano il lettore e lo conduce per le strade cupe di Londra e nell’Inghilterra di Dickens, a fianco dello scrittore più amato della sua epoca, tratteggiando i i giorni della sua vita con un corposo racconto che si estende per ben 564 pagine senza mai perdere intensità.
E per una volta ho fatto un’eccezione: ho rallentato il ritmo della mia lettura per il puro piacere di restare più a lungo in compagnia di Charles Dickens.

Vita e letteratura si intrecciano e si sovrappongono nell’esistenza di Dickens: lo scrittore che narrò drammatiche vicende lacrimevoli di bambini sfortunati fu mandato appena dodicenne a lavorare in una fabbrica di lucido da scarpe.
E Ackroyd ci accompagna a seguire il suo percorso umano da bambino a ragazzo, in contrasto e dissidio con il padre.
Prolifico e fantasioso scrittore Dickens pubblica i suoi romanzi a puntate su diversi giornali, per la sua produzione straordinaria attinge al suo vissuto e alle proprie esperienze personali e nella sua narrazione Ackroyd mette particolare cura nel proporre continui rimandi e collegamenti tra il mondo reale e il mondo letterario in un racconto di una finezza straordinaria.
Il biografo si assume così un compito oneroso e importante: racconta il talento dello scrittore ma narra anche l’uomo con i suoi pregi e i suoi umani difetti.
Di Dickens scoprirete passioni e debolezze, la tormentata vita sentimentale e il rapporto non sempre facile con i suoi figli.
Di Dickens conoscerete la fragilità, la sua continua ricerca della sicurezza economica come conseguenza degli anni difficili della sua infanzia.
Saprete come i suoi contemporanei percepivano la figura di lui, scrittore amato e idolatrato, a volte però la realtà si discostava dall’idealizzazione iconica che il pubblico aveva di lui.
Viaggerete con Dickens, in giro per l’Europa e fino in America, ci sarete anche voi ad ascoltare le sue conferenze e sarete silenziosi spettatori del suo metodo per inventare i nomi dei suoi personaggi.
Ah, quando parlava incantava tutti!
Sarete accanto a lui e ai suoi amici, un consesso di celebri scrittori del tempo, particolarmente emozionanti per me sono i suoi incontri con Hans Christian Andersen.
Non lascia nulla in sospeso Peter Ackroyd ed io gli sono davvero grata per questo suo sublime ritratto: la grandezza di uno scrittore si riscontra nella capacità di farti vivere realmente tra le pagine dei suoi scritti e Ackroyd riesce magistralmente nell’intento.
Non vi ho svelato poi molto della vita di Charles Dickens, vi lascio la gioia di scoprirla da voi tra le pagine di questo libro che mi dispiace persino di aver terminato, non a caso questa biografia suscita il desiderio di rileggere i romanzi di Dickens e lascia un patrimonio di sensazioni per me prezioso.
A tratti, su certe pagine, ho lasciato un bel sorriso.
Altrove, invece, mi sono davvero commossa, in particolare quando l’esistenza terrena di Dickens sta per volgere al termine e Ackroyd immagina attorno allo scrittore tutti quei personaggi magnifici scaturiti dalla sua fantasia, da Oliver Twist a Nicholas Nickleby, dal Signor Pickwick alla Piccola Dorrit.
E sulla fragilità effimera che contraddistingue la vita riluce così la stella brillante dello scrittore geniale il cui nome sarà sempre immortale grazie a quel suo talento inimitabile.
Dickens fu un uomo eclettico con una personalità dalle molte sfaccettature, ebbe nella sua esistenza glorie e trionfi ed è ancora Ackroyd a chiosare con sapienza lo stile di questa sua biografia e la sua maniera di farci conoscere Dickens svelandone certi particolari ed istanti.
A questo libro, scrive Ackroyd, ben si adatta una saggia citazione tratta da David Copperfield:

La vita è un insieme di inezie.

È proprio là, in certi fatti apparentemente da poco e negli eventi del quotidiano che si può trovare la chiave di lettura di certe opere grandiose di Charles Dickens, in quel gioco straordinario in cui letteratura e vita si incontrano e si intrecciano.

Le bottiglie vittoriane di Miss Fletcher

Le prime bottigliette vittoriane arrivarono in questa casa diversi anni fa, le avevo trovate al mercatino dell’antiquariato che ogni estate si tiene a Fontanigorda e le avevo prese da una ragazza che andava spesso nella terra di Albione.
Queste bottiglie sono davvero rustiche e pesanti, ricordano case semplici, fuoco che brilla nel caminetto, scodelle ricolme di porridge su tavoli di legno scuro.
Ho la bottiglia di acqua minerale con tanto di tappo, il barattolo della marmellata d’arance e anche la bottiglietta della ginger beer.

All’epoca mi aggiudicai pure il vasetto della crema con tanto di graziosa contadinella e infine un altro contenitore probabilmente destinato al latte.

Molti anni e molti mercatini dopo ho ritrovato a Fontanigorda quella ragazza che mi aveva venduto queste meraviglie, lei ancora si occupa di antiquariato e con mia grande gioia aveva portato su in Val Trebbia proprio quelle cose che piacciono a me.
Ed è accaduto l’estate scorsa e così su un banchetto ho preso delle riviste, da un’altra parte delle cartoline e da lei altre bottigliette vittoriane.

Queste sono del tutto differenti dalle altre, sono in vetro trasparente e hanno sopra delle etichette di prodotti da farmacia, una delle quattro ha l’etichetta della brillantina.
E così ho arricchito questa piccola collezione di cose del passato, sono le bottigliette vittoriane che appartennero a qualcuno che non conosco e questo, come sempre, ho un fascino che non smette di incantarmi.

A woman of no importance

Il suo nome è Mrs Arbuthnot, lei è una donna senza importanza.
Ma siamo proprio certi che sia tale?
O forse questa descrizione si adatta meglio ad un uomo che la nostra Mrs Arbuthnot conobbe negli anni della sua giovinezza?
A Woman of no importance è una commedia in quattro atti scaturita dalla mirabile penna di Oscar Wilde, vi troverete gli equilibrismi verbali dell’autore irlandese, le sue arguzie, il suo talento per le frasi ad effetto.
La vicenda è semplice e allo stesso tempo intricata, questa è la storia di un segreto tenuto a lungo nascosto, questa è una storia di peccato e redenzione.
Ha più piani di lettura questa commedia di Wilde, al centro della scena sono proprio le donne, è la loro voce a sovrastare il palcoscenico.
Donne aristocratiche e leziose, rappresentanti della buona società vittoriana, tra loro c’è una creatura peculiare: Miss Hester Worsley è americana, il suo punto di vista è del tutto differente, questi inglesi vivono in una dimensione che a lei è estranea.
Inghilterra e Stati Uniti, due mondi a confronto.
Donne e uomini, Lord Illingworth è un vero dandy e in quanto tale pronuncia parole come queste:

The only difference between the saint and the sinner is that every saint has a past and every sinner has a future.
La sola differenza tra il santo e il peccatore è che ogni santo ha un passato e ogni peccatore ha un futuro.

Ed eccolo alle prese con un dialogo che ancora ci regala un sorriso:

Lord Illingworth: The book of life begins with a man and a woman in a garden.
Mrs Allonby: It ends with Revelations.

Lord Illingworth: Il libro della vita comincia con un uomo e una donna in un giardino.
Mrs Allonby: Termina con l’Apocalisse.

Oscar Wilde (2)

Dublino – Monumento a Oscar Wilde

Fatale Mrs Allonby, è lei a replicare alla perfezione a Lady Stutfield che sostiene che il mondo sia fatto per gli uomini.
Non è affatto vero,  sapete perché?

There are far more things fordidden to us than are forbidden to them.
Ci sono molte più cose proibite per noi che per loro.

Donne.
Argute, affascinanti, pungenti, il ritmo dei loro dialoghi è incalzante e sostenuto.
E c’è lei, l’eroina protagonista di questa piacevole commedia: a Mrs Arbuthnot la vita non ha risparmiato le difficoltà eppure lei rimane fiera e coraggiosa, è una donna capace di affermare la propria identità.
Saggia Mrs Arbuthnot, tragicamente vere certe sue affermazioni:

A kiss may ruin a human life.
Un bacio può rovinare una vita.

Rileggo periodicamente le commedie di Oscar Wilde, lui per me è sempre una splendida compagnia.
A woman of no importance andò in scena per la prima volta nel 1893 al Theatre Royal Haymarket di Londra.
Molti anni dopo, in quello stesso teatro, The Royal Shakespeare Company mise in scena la celebre commedia di Oscar Wilde.
Io ero a Londra in quel periodo, così comprai il biglietto e andai a teatro.

Londra (2)

Rammento quel giorno con autentico affetto, ne conservo una memoria vivida e chiara.
Su quel palcoscenico salirono celebri attori, tra gli altri John Carlisle, Jaye Griffiths, Andrew Havill e Barbara Leigh-Hunt.
Ho ancora il libretto di quella rappresentazione, ho ancora il biglietto del teatro.
E allora ero proprio come adesso, sono sempre stata osservatrice.
Vedete la ragazza seduta accanto a me?
Io sì, la ricordo perfettamente, è venuta a teatro con un coetaneo, forse è il suo fidanzato.
E cosa fa questa giovane donna?
Lascia cadere a terra le scarpe e si mette comoda, posa le ginocchia contro il sedile di fronte.
Ed io penso: forse Oscar non approverebbe.
Lei è allegra e di buon umore, riflettendoci penso che il nostro Wilde avrebbe scritto per lei un ruolo in una sua commedia.
Si apre il sipario e gli attori fanno il loro ingresso.
E sono perfetti, indossano costumi secondo lo stile dell’epoca, le nobildonne hanno certe pettinature complicate, sembra di aver messo indietro la macchina del tempo e tutti noi, attori e spettatori, siamo finiti in quei giorni, nell’epoca vittoriana.
E il tempo scivola.
Ed è un tempo che regala profonde emozioni, è un frammento di vita che è rimasto un dolce ricordo, lo rivivo ogni volta che rileggo le parole di Oscar.
Momenti simili sono preziosi, vanno conservati come gemme rare.
E d’altra parte cosa è la vita?

Life, Lady Stutfield, is simply a mauvais quart d’heure made up of exquisite moments.
La vita, Lady Stutfield, è semplicemente un brutto quarto d’ora composto di momenti squisiti.

A Woman of no importance – Oscar Wilde

Londra

Chelsea – Casa di Oscar Wilde

George Eliot, una celebre scrittrice a Genova

È un giorno di primavera del 1860 e alla stazione di Torino si presenta una viaggiatrice inglese, il suo nome è Mary Anne Evans ed è una scrittrice nota ancor adesso con lo pseudonimo di George Eliot.
Nell’attesa di salire sul suo treno la nostra protagonista fa un incontro che la incuriosisce, i suoi occhi si posano sulla figura di Camillo Benso, Conte di Cavour.
Il treno parte e conduce la nostra George verso una delle tappe del suo viaggio, è una città che ha già veduto e a lei l’autrice riserva parole ricche di sentimento:

In Genoa again, on a bright, warm, spring morning!
Di nuovo a Genova, in una luminosa, calda mattina di primavera!

L’albergo che ospita la scrittrice inglese è molto celebre ed è spesso prescelto dagli stranieri, l’Hotel Feder si trova in una posizione incantevole, nel cuore pulsante della città, in Via al Ponte Reale.

Palazzo Di Negro

La nostra turista si sofferma a fare qualche considerazione in merito agli interni dell’albergo, dice che vi ritrova un certo gusto tipicamente inglese.

Palazzo Di Negro (2)

George Eliot trascorrerà breve tempo nella Superba, a stupire lei e l’uomo con il quale condivide i suoi giorni sono i fasti di Via Cairoli, allora denominata Strada Nuovissima, la incantano poi gli splendori di Via Garibaldi, la celebre Strada Nuova.

Via Garibaldi (17)

La prospettiva di queste strade, scrive l’autrice, crea un’impressione di grandezza, la ammaliano i cortili e le architetture dei Palazzi dei Rolli.

Palazzo Lomellino

E da saggia osservatrice George Eliot comprende che per ammirare Genova nella sua bellezza occorre guardarla da diversi punti di vista.
Dall’alto, lasciando correre lo sguardo sopra i tetti.
Su per i gradini e spezzandosi il fiato, lei sale sul campanile delle Basilica di Carignano.

Basilica di Carignano

E poi vede le chiese, la Nunziata e il Duomo di San Lorenzo con le sue ricchezze.

San Lorenzo (4)

Anche George Eliot, come molti viaggiatori, accenna ad una visita nella zona di Staglieno, va detto che l’autrice non fa riferimenti precisi riguardo alle opere del Cimitero Monumentale, tuttavia la colpisce l’ambiente rurale di quelle zone, nota i numerosi bambini che scorrazzano liberi, vede un panorama agreste dove trova carri trainati dai muli, è un luogo immerso nella natura incontaminata e ricco di floridi ulivi.
Fu breve il soggiorno genovese di George Eliot, le sue memorie di questa città sono incluse nel volume Life and Letters.
L’Hotel Feder fu meta di diversi viaggiatori, alcuni di essi sono molto celebri e di loro ho già avuto modo di scrivere in questo articolo.

Palazzo Di Negro (3)
George Eliot ha scritto autentici capolavori della letteratura, Il Mulino sulla Floss è uno dei romanzi più belli che abbia mai letto e mi ha regalato momenti di autentico coinvolgimento.
In quelle stanze vicine al mare e alla vita frenetica del porto dormì anche Mary Ann Evans, colei che volle essere nota al mondo come George Eliot.
La città che vide rimase nei suoi occhi, lucente nella sua fiera bellezza, resa ancor più affascinante dalle parole che le dedicò una celebre scrittrice.

Genova La Superba is not a name of the past merely.
Genova La Superba non è soltanto un nome del passato.

George Eliot, Life and Letters 

Genova

Le porcellane inglesi di Miss Fletcher

Tutto ebbe inizio diverso tempo fa ad un mercatino dell’antiquariato, amo molto gironzolare tra i banchetti in cerca di cose belle e particolari.
Tutto ebbe inizio con un piattino, poi ne venne un altro e poi un altro ancora.

Porcellana (2)

E così è nata la mia piccola collezione di porcellane inglesi bianche e rosse, se ne stanno tutte insieme sul ripiano di un comò.

Porcellana (3)

Molti di questi pezzi appartengono a servizi diversi e pertanto presentano decori differenti tra loro.

Porcellana (4)

Alcuni invece sono parte della stessa serie, questa panciuta teiera è una romantica porcellana Mason’s.

Porcellana (9)

Si accompagna a questa capiente lattiera.

Porcellana (15)

E insieme c’erano questi due contenitori, uno è certamente per lo zucchero e l’altro forse serviva per il tè?

Porcellana

Certe porcellane hanno disegni orientali e vi sono templi, alberi esotici, panorami che hanno tutto l’incanto di luoghi lontani.

Porcellana (5)

Porcellana (6)

E poi, come è ben noto, sulle porcellane inglesi sono ritratti panorami di celebri località dal fascino imperituro, ecco la casa natale di William Shakespeare a Stratford-Upon-Avon.

Porcellana (7)

E un mulino con le dolcezze della campagna inglese.

Porcellana (8)

E poi castelli e dimore reali, luoghi amati che fanno parte della storia della Gran Bretagna.
Cosa manca alla mia collezione? Le tazze, curiosamente non le ho mai comperate, dovrei proprio provvedere!
In compenso ho un ambaradan di piattini di varie misure, pur appartenendo a servizi diversi stanno benissimo tutti insieme.

Porcellana (12)

Nella foto che segue spicca il panorama di una città con le tipiche case a graticcio, sulla vetrina di uno dei negozio si nota questa insegna: The Old Curiosity Shop.
E’ il titolo di un romanzo di Charles Dickens, questo servizio si ispira agli scritti dell’autore inglese.

Porcellana (11)

Appesi al muro ci sono due piatti da portata, questi provengono dalla Scandinavia.

Porcellana (13)

Per ragioni di spazio a un certo punto ho smesso di fare acquisti ma a dire il vero andar per mercatini in cerca di nuovi pezzi era davvero un bel passatempo.
E comunque ci vorrebbe almeno una tazza, non pare anche a voi?
Un piattino dopo l’altro così è nata la piccola collezione di porcellane di Miss Fletcher.

Porcellana (14)

Lady Windermere’s Fan

20 Febbraio 1892, al St James’s Theatre di Londra va in scena la prima di una commedia che riscuoterà molto successo: Lady Windermere’s Fan, A Play About a Good Woman, magistrale opera del genio di Oscar Wilde.
Come racconta Richard Ellmann, tra gli spettatori spicca un folto gruppo di dandies, sono gli amici di Oscar, tra i quali Robert Ross e Frank Harris: tutti loro, su indicazione di Wilde, portano all’occhiello un garofano verde.
E’ una delle tipiche trovate estetiche di Oscar, che amava suscitare sconcerto e stupore.
Molti dei critici presenti in sala stroncano la commedia, ma il pubblico ne è entusiasta, un’ovazione accoglie Wilde quando questi sale sul palco per pronunciare il suo discorso di ringraziamento.
Indossa i guanti e l’immancabile garofano, tra le dita tiene una sigaretta, particolare che alimenterà un certo disappunto tra i suoi detrattori.
Ma chi è Lady Windermere e come nacque l’intreccio che vede protagonista lei e il suo ventaglio?
Ancora Ellmann racconta che per questo personaggio Oscar Wilde si ispirò a Lily Langtry, una donna talmente bella da suscitare l’interesse di tutti gli artisti del suo tempo, qui trovate una sua splendida fotografia.
John Everett Millais dipinse questo suo ritratto, George Frederic Watts la immortalò in un celebre quadro, Edward Burne-Jones dovrà pregarla addirittura con una serenata perché posi anche per lui.
Wilde ne era affascinato, lo ammaliava la perfezione della sua bellezza e aveva trovato in lei una discepola pronta a seguire i suoi dettami estetici, come dimostra una lettera nella quale Lily descrive il vestito da lei prescelto per una festa in maschera: un abito nero, di foggia greca, con un bordo di stelle d’argento e di mezzelune, l’abito della Regina della Notte.
Wilde le leggeva i classici e le insegnava il latino e fu lui a spingerla a diventare attrice.
Sposata con Edward, nel 1880 Lily rimase incinta di un altro uomo e durante la gravidanza si allontanò da Londra, diede alla luce una bambina lontana da occhi indiscreti e da pettegolezzi.
E’ questo lo spunto per la commedia di Wilde.
E’ l’ora del tè, nel salotto londinese di Lady Windermere.
Lei è una giovane donna e mostra orgogliosa al suo ospite, Lord Darlington, un dono del marito: un ventaglio con le sue iniziali.
L’ospite la corteggia, Lady Windermere è virtuosa e ritrosa, ma ben presto la sua ingenua purezza sarà adombrata da una rivelazione.
Si dice in città, rivela la Duchessa di Berwick, che Lord Windermere tradisca la moglie con una certa Mrs Erlynne e per di più desidera che essa partecipi alla festa di compleanno della moglie.
Lady Windermere è stupefatta, si precipita alla scrivania del marito e lì crede di trovare la prova di quel tradimento, documenti bancari che dimostrano che Lord Windermere ha versato discrete somme di denaro alla sua presunta amante.
Ma la realtà è ben diversa, sebbene Lady Windermere si creda orfana, Mrs Erlynne altri non è che la sua vera madre che l’aveva abbandonata da piccola.
E chi scelse Oscar Wilde per interpretare la parte di Mrs Erlynne?
La splendida e avvenente Lily Langtry, la quale all’epoca non aveva neppure quarant’anni e sorrise al pensiero di interpretare il ruolo di madre di una giovane fanciulla.
E così, nel ricordare l’episodio, Wilde inserì nel quarto atto della sua commedia questa battuta:

Besides, my dear Windermere, how on earth could I pose as mother with a grown-up daughter?
Margareth is twenty-one, and I have never admitted that I am more than twenty-nine, or thirthy at the most.
Twenty nine when there are pink shades, thirty when there are not.

Inoltre, mio caro Windermere, come potrei mai passare come la madre di una figlia adulta?
Margareth ha ventun’anni e io non ho mai ammesso di averne più di ventinove, o trenta al massimo.
Ventinove quando ci sono i paralumi rosa, trenta quando non ci sono.

La morale e il moralismo, il peccato e la purezza nella società vittoriana, la bontà e la cattiveria, questi i temi della commedia, nella quale sfilano uno via l’altro una serie di personaggi indimenticabili.
Lady Windermere che, temendo di essere tradita, cade nella tentazione di cedere alle lusinghe di Lord Darlington, un uomo sinceramente innamorato.
Lady Windermere e il suo ventaglio, che lei dimentica a casa di Lord Darlington, questo sarà causa di una serie di equivoci, il marito crede che lei lo tradisca,  sarà Mrs Erlynne ad appianare le cose con un abile stratagemma.
Mrs Erlynne che sino alla fine manterrà il suo segreto senza mai svelare la propria identità.
Cecil Graham e Dumby, imperdibile la loro conversazione nel salotto Lord Windermere.
La trama, se non conoscete la commedia, è tutta da scoprire, ma qui, in queste pagine magistrali di Wilde troverete alcuni dei suoi più famosi aforismi, forse non l’avrete mai letta ma alcune sue parole le conoscerete di certo.
E’ Mrs Erlynne a pronunciare la frase che trovate nella testata di questo blog:

With a proper background women can do anything.
Con lo scenario adatto le donne possono tutto.

E sempre in questa commedia si trova l’altra perla che ho scelto per una delle mie pagine:

Experience is the name everyone gives to their mistakes.
Esperienza è il nome che ognuno di noi dà ai propri errori.

Il tradimento, il peccato e le sue tentazioni, chi di voi non conosce questa frase?

I can resist anything except temptation.
Resisto a tutto tranne che alla tentazione.

L’animo umano e le finezze che solo Wilde sapeva sottolineare:

It is absurd to divide people into good and bad. People are either charming or tedious.
E’ assurdo dividere le persone in buone e cattive. Le persone sono affascinanti o tediose.

La società e i suoi moralismi, un mondo che ha certe regole da rispettare, ma a quale prezzo?

There are moments when one has to choose between living one’s own life, fully, entirely, completely or dragging out some false, shallow, degrading existence that the world in its hypocrisy demands.

Ci sono momenti nei quali uno deve scegliere tra vivere la propria vita, pienamente, interamente o trascinare quell’esistenza falsa, vuota, degradante che il mondo nella sua ipocrisia richiede.

E qui si legge una certa amarezza, certo.
Ma i personaggi di Wilde sono stravaganti, arguti e insoliti, lo è per certo Mrs Erlynne che si ripromette di lasciare Londra per il seguente motivo:

London is too full of fogs and serious people, Lord Windermere. Whether the fogs produce the serious people or  whether the serious people produce the fogs, I don’t know, but the whole thing rather gets on my nerves.

Londra è troppo piena di nebbia e di gente seria, Lord Windermere. Non so se sia la nebbia a far la gente seria o se sia la gente seria a produrre la nebbia, ma la tutto l’insieme mi dà sui nervi.

Una rappresentazione di una certa società, una commedia splendida che vi farà sorridere e vi offrirà molti spunti di riflessione.
E parole che mettono i brividi, a volte.
Parole di speranza scritte da Oscar Wilde e pronunciate da Lord Darlington:

We are all in the gutter, but some of us are looking at the stars.
Siamo tutti nel fango, ma alcuni di noi guardano le stelle.

Storie di fantasmi per il dopocena, il fine umorismo di J. K. Jerome

It was Christmas Eve.
Era la vigilia di Natale, cosi inizia Storie di Fantasmi per il dopocena (Told after Supper) spassoso libricino pubblicato nel 1891 da Jerome Klapka Jerome, autore di Three Men on a Boat (to say nothing of the dog), del quale vi ho già parlato in questo post.
Dunque, era la vigilia di Natale.
E cosa accadde in quella notte magica?
Sapete, quella è la notte dei fantasmi.

Christmas Eve is the ghosts’ great gala night.

 Ma che dico, è la notte della parata! Certo!
E sapete, tutti gli spettri si preparano con gran cura: tirano fuori le catene cigolanti, i pugnali grondanti sangue e i lenzuoli con i quali terrorizzeranno le vittime prescelte.
Troverete in questo libretto quel raffinato humor inglese del quale Jerome è insuperato maestro.
Non si sa per quale ragione, narra lo scrittore, i fantasmi amano andarsene a spasso la notte della vigilia.

It is invariably one of the most dismal of nights to be out in—cold, muddy, and wet. And besides, at Christmas time, everybody has quite enough to put up with in the way of a houseful of living relations, without wanting the ghosts of any dead ones mooning about the place, I am sure.

E’, immancabilmente, una delle notti più tetre per uscire – fredda, fangosa e piovosa. E oltre tutto, a Natale, ognuno ha già il suo bel da fare a sopportare una casa piena di parenti, senza bisogno che ci si mettano pure gli spettri di quelli defunti a ciondolare in giro, ne sono più che certo.

Ne converrete con Jerome, io non saprei dargli torto.
E comunque eccoci qua, la sera del 24 dicembre.


Siamo in un salotto londinese.
Oh, è stata appena servita una cena deliziosa con tanto di pasticcio di vitello e di aragoste arrosto!
Gli ospiti si accomodano in salotto per godersi un buon ponce al whisky.
Oltre al narratore, sono presenti suo zio John, il curato Mr Scrubbles e alcuni altri amici.
Una partita a carte, due chiacchiere e alla fine, sapete come accade?
Ognuno narra la propria storia di fantasmi, naturalmente.
Alla maniera di Jerome, questo è chiaro.
Se avete riso fino alle lacrime con le avventure di Jerome, Harris, George e Montmorency state pur certi che non rimarrete delusi.
E io non vorrei rovinarvi la sorpresa, perché mai dovrei?
Tuttavia mi pregio di accennarvi alla vicenda del mulino, il sinistro racconto che viene narrato con dovizia di particolari da Mr Coombes.
Surrey, campagna inglese.
Lo zio di Coombes, un certo Mr Joe Parkins, ebbe la malaugurata idea di affittare un vetusto mulino.
Si diceva in giro che il posto fosse un tempo appartenuto a un vecchio tirchio, che aveva lì nascosto tutto il denaro accumulato negli anni.
Parkins non era tipo da dar retta alle chiacchiere e non se ne curò, anche se un po’ lo incuriosiva il pensiero di avere un tesoro da qualche parte.
Finché giunse una certa notte, nella quale accadde qualcosa di strano.
Din don, suonarono le campane a mezzanotte.
Joe si svegliò ed ebbe una sorpresa:

 At the foot of the bed something stood very still, wrapped in shadow.
Ai piedi del letto c’era qualcosa che stava diritto, avvolto nell’ombra.

Un fantasma in piena regola!
Parkins pensò che fosse il vecchio avaro, venuto a mostrargli il luogo che celava le sue ricchezze nascoste.
Il fantasma si fermo davanti al caminetto e poi svanì.
Il giorno dopo, in fretta e furia, Parkins fece venire i muratori che mattone dopo mattone smantellarono il camino.
E dovevate vederlo Joe, con il sacco in mano, speranzoso di riempirlo di monete d’oro!
Niente, non trovarono niente.
La notte successiva il fantasma tornò e si fermò in un punto preciso della stanza.
Ah, ecco, quello era il punto!
Via anche il pavimento!
Ma lì sotto, nessun tesoro.
E notte dopo notte lo spettro continuò ad apparire nei luoghi disparati della casa e, come avrete già capito, Parkins non si arrese.
Tetti, soffitti, finestre e muri, il mulino venne a poco a poco demolito, tanto che non ci si poteva più vivere.
E il fantasma? Così come era arrivato se ne andò, senza mai più far ritorno.
Un mistero mai svelato, anche se in paese si disse che lo spettro era forse quello di un idraulico o di un vetraio che aveva un certo interesse nel vedere quella dimora fatta a pezzi!
Fine, sottile e impareggiabile humor inglese, questo troverete nei racconti di Jerome.
Accomodatevi in quel salotto, in una gelida sera d’inverno, prendete il vostro ponce e apprestatevi ad ascoltare racconti di fantasmi che vi faranno sorridere.
E se intendete trascorrere le prossime feste di Natale a casa di qualcuno, mi raccomando, ricordate le raccomandazioni di Jerome, lui è uno che se ne intende.

The guest” always sleeps in the haunted chamber on Christmas Eve; it is his perquisite.
“L’ospite” dorme sempre nella camera infestata la Vigilia di Natale; è la sua prerogativa.