Il partigiano Anselmo ama la lettura.
Predilige i libri di storia, gli interessano particolarmente quelli sulle due Guerre Mondiali e certo, quando nella storia tu ci sei stato dentro fa tutta la differenza.
Il suo vero nome è Agostino ma lui un tempo fu il partigiano Anselmo.
Adesso ha ben 86 primavere, all’epoca ne aveva solo 16.
I sedici anni di una staffetta partigiana.

E lui sì, li ha conosciuti tutti i partigiani della zona, conobbe anche il più famoso di tutti, l’eroico Aldo Gastaldi che prese il nome di Bisagno, a Gastaldi e ai suoi compagni è dedicato il monumento che sorge nel paesino di Fascia.

E quando incontri persone come Agostino, non puoi altro che sederti ad ascoltare frammenti di memorie che scaturiscono spontaneamente.
Qui, a Fontanigorda, i partigiani erano parecchi e tra loro c’era anche lui, il partigiano Anselmo.
Racconta, ricorda i sabotaggi per rendere difficile la vita al nemico.
Ricorda due ragazzi di Carasco uccisi dai tedeschi, visi che sono rimasti a quel tempo, per sempre giovani.
Narra di quando si ascoltava Radio Londra e tra molte parole si celava un messaggio nascosto comprensibile solo a chi sapeva decodificarlo.
E allora voleva dire che in cielo sarebbero passati i Dakota americani che lanciavano giù soldi, armi, vestiti e munizioni.
Eccolo il partigiano Anselmo, con il favore delle tenebre si infila tra gli alberi, attraversa i boschi e a piedi raggiunge la Val D’Aveto per portare certi messaggi ad altri partigiani.
In una di quelle cupe notti si trovò la luce di una lanterna sparata sul volto e le armi puntate addosso, erano i rischi del caso, in quella circostanza si trattava soltanto di altri compagni ma lo spavento fu grande.
Il partigiano Anselmo parla con fervore, ho l’impressione che veda esattamente ciò che sta narrando, io quasi non so quali domande porgli, mi limito ad ascoltare.

E così lui racconta, dice che a Gorreto c’era il comando tedesco e c’erano gli alpini.
E una volta gli alpini lo fermarono, uno di essi gli fece una proposta e gli disse queste parole:
– Se vieni con noi ti diamo un bel paio di scarpe, una divisa e un fucile.
– Signor Tenente, se mi lasciasse andare a casa…
Questa fu la risposta del partigiano Anselmo.
E così tornò, tornò a correre tra i boschi e gli alberi con il cuore in gola.
Ricorda il giorno della Liberazione, quando venne il 25 Aprile lui e gli altri partirono da qui, andarono a piedi fino a Torriglia, sono parecchi chilometri di marcia.
Laggiù si misero di guardia ai posti di blocco, i tedeschi cercavano di raggiungere le zone del Po.
E c’è un volto che lui ancora ricorda, un indomito e ostinato Maresciallo tedesco che malgrado tutto continuava a sostenere che il suo paese avrebbe vinto la guerra.
La storia, come sappiamo, prese un altro corso.
E quando si incontrano persone come Agostino bisogna soltanto lasciarle parlare e rimanere ad ascoltare, in muto silenzio.
E’ giunta la sera e il partigiano Anselmo si avvia verso la sua casa.
In una mano regge un libro, la sua prossima lettura, nell’altra stringe un bastone, lo usa per sentirsi più a suo agio.

Gli dico che tornerò a fargli leggere questo mi scritto e le parole che voi lascerete, lui annuisce, mi sorride ed io resto lì a guardarlo.
Le sue corse a perdifiato tra i boschi per inseguire la libertà, sua e nostra, lo hanno condotto fino a qui.
