Accadde in un tempo lontano, era un giorno di primavera.
La notizia fu riportata tra le pagine del giornale Il Capitan Fracassa che veniva pubblicato a Roma tra 1880 e il 1890: i fondatori di questo giornale erano lo scrittore Raffaello Giovagnoli e il sagace giornalista ligure Luigi Arnaldo Vassallo noto con lo pseudonimo di Gandolin.
E dunque veniamo alla bella notizia stampata tra le pagine del giornale: si comunicava alla cittadinanza che tutti coloro che erano in possesso di pappagalli, cocorite e cacatoa o altri uccelli similari erano cortesemente invitati a presentarsi in Municipio per un importante censimento ornitologico.
La questione venne presa in seria considerazione da un numero inaspettato di persone e furono moltissimi coloro che diligentemente si presentarono in Campidoglio con i loro simpatici pennuti chiacchieroni.
Accadde, naturalmente, il 1 Aprile, con gran spasso e divertimento di Gandolin.
Anzi, a dire il vero, la stessa faccenda fu ripetuta qualche anno dopo alla stessa maniera anche a Genova e anche qui riscosse un fantastico successo.
La notizia curiosa e particolare è riportata sul quotidiano Il Lavoro del 2 Aprile del 1932 in un articolo nel quale si parla con rimpianto di un certo gusto dello scherzo arguto con il tempo ormai dimenticato.
In un’epoca diversa questa fu proprio una bella trovata di Gandolin: e buon pappagallo, ops, scusate… buon pesce d’aprile a tutti!
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La forma della meraviglia
Oggi vi porterò con me a visitare una mostra straordinaria allestita negli spazi del Palazzo Ducale di Genova fino al 10 Luglio 2022.
La forma della meraviglia – Capolavori a Genova tra 1600 e 1750 è la mostra dedicata al barocco, stile che lasciò la sua notevole impronta in questa città grazie a talenti come Van Dick, Bernardo Strozzi, Rubens e Puget: le opere di questi ed altri artisti sono esposte in questa mostra magnifica curata da Jonathan Bober, Piero Boccardo e Franco Boggero.
Io non sono certo un critico d’arte e ho pensato di portarvi alla scoperta di questi capolavori semplicemente sul filo delle mie sensazioni, seguendo il mio gusto personale, mostrandovi alcune opere o soltanto certi dettagli, non nell’ordine cronologico nel quale sono disposte.
E così vado ad iniziare e vi presento due bimbetti già promessi sposi: loro sono Battista Chiavari e Banetta Raggi, così ritratti da Giovan Bernardo Carbone nel 1650.
Questi dipinti sono ricchi di fioriture e boccioli e certamente anche di simbologie ad essi correlate, vi si trovano poi molti animali, ai piedi di Banetta c’è infatti un bel pappagallo.
I bambini effigiati in queste tele hanno sguardi che restano impressi: il piccolo Filippo Cattaneo con i suoi abiti raffinati venne così immortalato da Antoon Van Dyck nel 1623.
E lì accanto a lui si nota un fido cagnolino.
Un altro simpatico amico a quattro zampe si trova in un diverso dipinto dal soggetto biblico.
Giovan Andrea De Ferrari
Abramo e i tre angeli (1650) – dettaglio
Il barocco è colore, vitalità e vivacità.
Le creature del cielo e della terra affollano questi quadri grandiosi con smagliante vividezza in una meraviglia di toni accesi e di sfumature che evocano episodi e mondi lontani.
Ecco l’entrata degli animali nell’arca di Noè dipinta da Jan Roos tra il 1630 e il 1638.
E insieme ci sono anatre, polli, lepri e cani.
E ancora pappagalli dalle piume sgargianti.
E un gatto incuriosito e diffidente spunta tra certe stoviglie.
E ancora, ecco la carovana dipinta dal Grechetto tra il 1635 e il 1637: è un’esplosione di colori, di vita, di suoni che pare persino di poter sentire.
Ed è una vera baraonda di conche capienti e cestini di vimini, tra pecore, uccelli, paperette ciarliere e mucche.
Lo spettacolo della meraviglia, per me, è nella capacità di saper ritrarre la quotidianità restituendola agli occhi dell’osservatore con la sua autentica complessità.
Domenico Piola e Stefano Camogli
Mercato (1650 circa)
E ammirando nel dettaglio questo mercato in un angolo ci sono due grossi tacchini.
E posati al suolo giacciono i doni della terra.
La natura, poi, vive e palpita anche negli abissi marini: questa è la mano del dio del mare colma di perle e sospesa sulle conchiglie.
Bartolomeo Guidobono
Nettuno (1690-1700) – dettaglio
E quanti bambini popolano queste opere meravigliose!
È giocoso e impertinente il piccolo Cupido che così copre gli occhi Ercole.
Bernardo Strozzi
Ercole, Onfale e Cupido (1620)
La dolce tenerezza dell’infanzia è poi ben rappresentata dalla maestria di Anton Maria Maragliano, a seguire vi mostro appena un dettaglio della sua Madonna Immacolata.
C’è poi un quadro che mi ha letteralmente rapita per grazia e bellezza, per la vividezza dei colori, per gli sguardi amorevoli dei santi, per quel manto turchese di Maria e per la perfetta armonia di gesti.
Lorenzo De Ferrari
Madonna del Rosario e Santi (1726/1730)
Ed è colma di eterea dolcezza l’Immacolata Concezione di Filippo Parodi proveniente dalla Chiesa di Santa Maria della Cella.
Questa magnifica mostra così ricca di suggestioni si snoda in un percorso sapientemente narrato che vi consente di scoprire il contesto nel quale quelle opere vennero realizzate, in quell’epoca così prodiga di mirabili talenti.
Interessanti ed esaustivi sono i pannelli che vi introducono alle opere.
Grazia, femminilità e bellezza palpitano nella grandiosa tela nella quale sono raffigurate le Danaidi, opera di Valerio Castello e risalente al 1655 circa.
C’è poi una deliziosa bimbetta davanti alla quale mi sono trattenuta davvero a lungo, lei ha davvero pochi anni e una grazia regale, il quadro nel quale è ritratta si intitola Fanciulla in veste di Flora e fu dipinto da Giovan Enrico Vaymer nel 1715.
La piccola regge un lembo del suo ricco abito nel quale sono deposti piccoli fiori odorosi.
E tra le dita dell’altra mano tiene un ramoscello.
È aggraziato, armonioso e magnifico questo universo svelato in questi capolavori del barocco in mostra a Palazzo Ducale.
Come detto, vi ho mostrato appena alcuni dettagli e c’è davvero molto altro che vi affascinerà in questa esposizione che include opere dalla bellezza sublime.
Questo percorso vi regalerà lo stupore davanti ad ogni sguardo innocente, davanti ad ogni sorriso appena accennato e davanti ad ogni fragile fiore sorretto dalle dita di un bimbo.
Bernardo Strozzi
Agostino Doria giuniore (1619 circa)
Indizi di primavera
Piano, piano, silenziosamente si avvicina la primavera, è ormai questione di poco ma sui rami e sugli alberi sbocciano già le gemme e i fiori delicati.
E tra le foglie planano certi ospiti non invitati, su quell’albero c’è qualcosa di molto interessante per loro e così eccoli, arrivano in coppia!
Questi tipi qua si esibiscono con una certa disinvoltura anche in notevoli equilibrismi, su un albero in questa stagione per loro c’è da divertirsi.
Sono rimasta un po’ a guardarli svolazzare tra le foglie tenere e i petali rosa, poi i due ladruncoli sono stati distratti da un rumore improvviso e così hanno spalancato le ali e sono volati via.
Tra colori tenui e timidi indizi così si approssima ancora la bella primavera.
È comunque primavera
Ed è comunque primavera.
Si ravvivano i colori, la luce è più intensa, i fiori sbocciano gloriosi.
E su certi rami, più che nei giorni d’inverno, ecco arrivare i soliti ospiti a banchettare, io li vedo dal terrazzo mentre vanno ad accomodarsi serafici nel fitto fogliame dell’albero del giardino di fronte.
L’altro pomeriggio erano in due, uno però se ne è rimasto ben nascosto, il suo compare nel frattempo beccava qua e là gemme e germogli.
D’altra parte è pur sempre primavera!
Un frusciare di ali, il tipico atteggiamento circospetto, su quell’albero c’è sempre qualcosa di buono da sgranocchiare e nessuno vuol farsi soffiare il pranzo.
Inoltre in simili circostanze sembra pure che io non sia poi tanto abile a non farmi notare e infatti ecco lo sguardo scocciato del pappagallo che forse non ama tanto essere immortalato.
Tuttavia è comunque primavera e i tipetti così se ne infischiano, lui e il suo compagno di avventure hanno continuato imperterriti a far merenda.
E già so che torneranno, in questi pomeriggi tiepidi e di luce chiara.
Tra i fiori degli alberi di Giuda
È primavera e sbocciano i piccoli fiori sugli alberi di Giuda, vi ho già mostrato queste meraviglie che abbelliscono un tratto di Via Oberto Cancelliere, quando inizia questa stagione io torno a salutare gli alberi generosi che si colorano per qualche tempo di rosa acceso.
E per me camminare sotto questo splendore è sempre fonte di gioia e di infiniti stupori.
Ma chi c’è lassù, tra i petali fucsia che dondolano nel vento?
Toh, sono i soliti ospiti caciaroni, in questo caso erano in due e passavano di ramo in ramo beccando qua e là e fermandosi poi in questa magnifica quiete.
Tra i dolci fiorellini sospesi sui rami che si intrecciano stagliandosi contro l’azzurro cielo.
E taluni non si fanno mancare certi spericolati equilibrismi, a pensarci bene quel nettare deve essere davvero delizioso!
Tra i colori vibranti ed effimeri di primavera.
Nel tempo delle fioriture e delle bellezza che si lascia ammirare mentre certi ci guardano da lassù, tra i fiori degli alberi di Giuda.
Panorama
Ci sono parole che preannunciano vera meraviglia, ci sono parole che sono come promesse o libri da leggere, canzoni allegre da imparare a memoria e da ricordare con nostalgia.
Una di queste parole è per me panorama, una sequenza di sillabe da pronunciare con lentezza, un’armonia calma e quieta che racchiude e svela l’ampiezza degli orizzonti vasti e di ciò che lo sguardo tenta sempre di catturare.
Cerchiamo sempre il nostro panorama, il mondo che ci appartiene e che vorremmo trattenere negli occhi.
Cerchiamo sempre il nostro panorama e quando lo troviamo magari amiamo condividere la nostra gioia.
Noi qui, con la fiera caparbietà di coloro che vivono vicino al mare.
E poi ogni panorama, in qualche maniera, è un nuovo viaggio.
Ed è anche ritrovarsi e riconoscersi.
Lassù, osservando antiche torri, tetti, campanili, case e mare.
E gru e porto mentre il vento soffia leggero.
Ed è una canzonetta, una melodia di qualche nota, una musica che suona e tu segui il suo ritmo: panorama.
Ovunque sia, se ti sei fermato ad ammirarlo in qualche modo appartiene anche a te: è il tuo panorama, nei tuoi occhi.
Impressioni d’inverno
Ieri pomeriggio, qui nei dintorni.
Impressioni d’inverno, stagione che per ora non ci ha regalato la neve, mentre invece sembra che la primavera sia davvero vicina.
Gennaio.
E d’improvviso fiorisce la mimosa, si affaccia da un giardino sulle alture.
E certi alberi sono carichi di colore.
Impressioni d’inverno e pappagalli posati sui rami, in certe mattine sono loro a darmi la sveglia, sono vicini di casa piuttosto rumorosi.
E lentamente tutto muta.
E cambiano le sfumature del cielo, ieri il sole se ne è andato infuocando l’orizzonte.
E prima di lasciar posto all’oscurità la sua luce ha dipinto le nuvole.
Dal celeste all’oro, con velature di rosa.
Impressioni d’inverno, in un susseguirsi di tinte abbaglianti.
C’era una piccola nuvola, non ne avevo mai veduta una così.
Affilata come la punta di una freccia, in mezzo al cielo.
Di due colori, rosa e grigio.
Tutto muta.
Come il tempo e le stagioni che cambiano.
Piano, così.
Impressioni d’inverno e di un cielo che non si può raccontare, di una bellezza che non si può catturare in una semplice immagine.
E se ci pensi, accade una volta sola, nella storia del mondo.
Non ci saranno mai le stesse nuvole, uguali luci e identiche sfumature di colore.
Impressioni d’inverno, nel cielo di Genova.
I soliti tipetti
Da queste parti, come sempre, si incontrano i soliti tipetti.
A dire il vero in certi casi si tratta di personalità di un certo riguardo, bisogna dirlo.
E sapete? Tempo fa qui nei dintorni c’era un uccellino che cantava come un forsennato di mattino presto e a sera tarda, l’ho sentito cinguettare nel cuore della notte e non so proprio chi sia, naturalmente non mi è stato possibile vederlo, una sola cosa mi è chiara: non si tratta di una civetta, il suo canto è riconoscibile ed è ben diverso da quello del mio ciarliero vicino.
E comunque di tipi che cianciano ce ne sono sempre in abbondanza!
L’altro giorno ho sentito litigare, dove esserci in ballo una questione di un certo rilievo, mi si passi il termine, era un battibecco piuttosto vivace.
E insomma, ero sicura di aver identificato il colpevole!
Lo scagiono immediatamente, lui proprio non c’entra nulla.
E d’altra parte in questo scorcio d’inverno è piacevole andarsene a zonzo, abbiamo giornate incantevoli.
Solo che certi trovano sempre una buona ragione per bisticciare, come sempre si trattava della solita ghenga di amici che gironzola da queste parti: vanno in giro tutti insieme, sempre.
Uno deve essere il capo, lo si intuisce dal piglio con il quale si rivolge agli altri.
Insomma, questi qui in genere vanno d’accordo tra di loro.
In ogni caso non mi sembra gente con la quale questionare, ecco.
Preferisco gli animi pacifici, quelli che si fermano sulla ringhiera a guardare il mare.
E poi davvero, gennaio è gentile e fino ad oggi ha regalato giornate terse e luminose.
Alza lo sguardo verso l’alto e vedrai allegre bacche rosse, cielo azzurro e una bianca falce di luna.
Così un paio di giorni fa, nel corso di una mia passeggiata, ho incontrato lui.
Eh, quando si dice l’eleganza!
E mi ha stupita questo preludio di primavera, in Via Domenico Chiodo fioriscono profumate le mimose.
Così i soliti tipetti se ne vanno in giro, si posano sui rami, cincischiano, vanno in cerca di qualcosa di buono.
E poi un soffio di vento, un raggio di sole che vira e un battito d’ali.
Arrivederci piccolo amico, ci vediamo presto!
I soliti… ladri di ciliegie!
Maggio, maturano le ciliegie.
E guardala così Genova, nella dolcezza dei frutti di primavera.
Rosse, lucide e succose, le ciliegie piegano quasi i rami degli alberi.
E, a poca distanza c’è anche un nespolo, anch’esso è prodigo e generoso, peccato che sia lontano e non riesco a vedere tanto bene cosa caspita succeda su quei rami!
Comunque tutti gli anni è la stessa storia, c’è una banda di ladruncoli che si aggira tra questi alberi.
E una cosa la so per certo: c’è una ghiandaia che fa la spola tra il nespolo e il ciliegio.
Avanti e indietro, avanti e indietro, è instancabile.
E d’altra parte come darle torto?
Ad avere a portata di becco tanta bontà chi saprebbe resistere?
Toh, eccola la ghiandaia acquattata tra le foglie!
Poco dopo, del tutto incurante della mia presenza, si è andata a posare sulla recinzione a pochi passi da me.
La ghiandaia di Miss Fletcher se ne infischia, ve lo dico io!
E già, a lei interessano soltanto le ciliegie e qui ce ne sono in abbondanza!
Cara signora ghiandaia, è perfettamente inutile che ostenti cotanta indifferenza come a dire: passavo di qua per caso e mi sono fermata un attimo.
A me non la racconta, conosciamo bene entrambe la verità!
E c’era un venticello fresco, c’era il sole e per il pranzo non c’era che l’imbarazzo della scelta.
Così la ghiandaia si è servita, manco a dirlo.
Certo, non è la sola, i merli sono numerosissimi, planano sull’albero e poi battono in ritirata con la ciliegia nel becco.
Saltellano da un ramo all’altro e si saziano che è un piacere.
Ragazzi, due ciliegie ai padroni dell’albero gliele vogliamo lasciare oppure no?
Eh, non è mica detto!
C’è sempre qualcuno che banchetta da quelle parti.
E quei rami ondeggianti così carichi di frutti, che gola!
Qui qualcuno di marcia!
E poi si piazza tra i rami facendo finta di niente, ma guarda un po’!
Esimio signor merlo, vorrei ricordarle che la flagranza di reato è una discreta aggravante, lo sa?
Sono della partita anche i pappagalli, ovvio.
Loro amano i rami alti, si piazzano lassù, si servono e poi volano via.
Fa parte della combriccola anche questo piccoletto del quale ignoro il nome.
Eh, lo so, la foto non è bellissima ma io sono già stupita che sia venuta, questo tipetto è sveltissimo, è uno di quelli che va sempre di fretta!
E’ maggio e gli alberi sono carichi di frutti.
E come sempre arrivano loro, quelli che rubano le ciliegie.
Tempo di primavera
Ed è tornata la stagione dei profumi e della rinascita.
Piano, piano, con grazia, la primavera.
E in un giardino, a poca distanza da qui, maturano i fichi d’India.
Sul mio terrazzo sbocciano le fresie odorose e le prime tenere viole.
E davanti a casa mia l’albero si sta coprendo di fiori, questo è il segnale certo del ritorno della primavera.
E come tutti gli anni certi ladruncoli indugiano più del solito sui rami.
Sorpreso in flagranza di reato, direi che è indifendibile.
E’ tempo di star fuori, eppure alcuni mostrano ancora una certa titubanza, sapete?
Esco o non esco?
Nel dubbio sto alla finestra, ci penso un po’!
Eh, no!
La primavera è il tempo degli incontri e delle passeggiate all’aria aperta.
Su per le creuze, accarezzati da un venticello tiepido e gradevole.
E mi raccomando, in caso di gite ricordatevi la regola aurea dell’amicizia: se qualcuno resta indietro lo si aspetta.
Ci si volta, si fa una piccola pausa e poi si continua a camminare.
Insieme.
Tra amici si fa così, sì.
Poi si prosegue lungo le ripide salite.
E ci si ferma ancora per una sosta ristoratrice.
E occorre sempre tenere a mente tutto ciò che davvero è importante: il percorso e non la meta, il sentiero polveroso che calpesti, i sassi nei quali inciampi, l’albero a cui ti appoggi per riprendere fiato.
E i compagni di viaggio, gli amici.
Luce chiara, clima dolce e pigrizie di stagione.
E poi anche nei luoghi che si conoscono bene c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire, è vero?
E allora alzi lo sguardo, con curiosità.
La primavera, stagione di nuovi inizi e di cieli azzurri.
Di giacche leggere e di capelli al vento, di tavolini all’aria aperta in riva al mare.
Guardi l’orizzonte e sai che questo è il tuo tempo, il tempo perfetto per te.