Il busto della Duchessa di Galliera

Molti luoghi in questa città parlano di lei, Maria Brignole Sale fu una nobildonna genovese alla quale dovremmo essere grati per la sua prodiga generosità.
Lei e il suo consorte, Raffaele Luigi De Ferrari Duca di Galliera, si distinsero per la munificenza verso questa città: la generosità del Duca di Galliera permise l’ampliamento del Porto di Genova.
Maria Brignole Sale fondò poi anche l’Ospedale San Raffalele di Coronata, il San Filippo di San Bartolomeo degli Armeni e l’Ospedale di Sant’Andrea, il nostro attuale Galliera.
La Duchessa di Galliera, inoltre, donò alla città i suoi palazzi con i loro ricchi arredi, i dipinti e le preziose opere d’arte che oggi sono il fiore all’occhiello di Genova e sono parte dei Musei di Strada Nuova.
Nell’atrio in uno di questi edifici di Via Garibaldi, il nostro Palazzo Rosso che ora è appunto sede museale, trovate il busto di lei: Maria Brignole Sale, Duchessa di Galliera.

A scolpirlo, con il consueto mirabile talento, l’artista Vittorio Lavezzari, autore di diversi pregevoli monumenti siti sotto i porticati del Cimitero Monumentale di Staglieno.
Ed ecco la grazia della mano di lei, le sue dita sottili, il bracciale al polso.

E gli orecchini pendenti, le perle che le cadono sul petto, lo sguardo che sa vedere lontano.

Così la ritrasse il bravo scultore, lasciando a noi il volto di lei in quella Strada Nuova che era uno dei suoi luoghi, in quell’edificio che fu dimora della Duchessa.
Colpisce la candida leggiadria dei pizzi e dei merletti scolpiti nel marmo.

E spicca la bellezza armoniosa delle sue mani, la raffinatezza dei suoi gioielli che sono il suo ornamento e quel foglio che tiene tra le dita: non so dirvi cosa rappresenti quella carta ma a me piace pensare che possa essere il munifico testamento scritto dalla Duchessa in favore della sua città.

Così si svela, nella sua dolcezza, in un luogo a lei caro, la nostra Marinetta Brignole Sale Duchessa di Galliera, generosa benefattrice che sempre dovremmo ricordare.

Luglio e agosto con gli occhi di Jan Wildens

Troverete il calore dell’estate e tutta la sua splendida bellezza in due dipinti di Jan Wildens, pittore fiammingo vissuto tra la fine del ‘500 e la prima metà del ‘600.
Le opere sono esposte a Palazzo Rosso e appartennero un tempo a Maria Brignole Sale, la generosa Duchessa di Galliera che donò i suoi beni alla città: tra questi anche le tele che raffigurano i mesi e che sono ora appunto esposte in questo pregiato museo di Genova, ne fa parte anche il dipinto dal titolo Gennaio –  i pattinatori sul ghiaccio al quale ho dedicato questo post.
E così, in una stagione qualunque, Jan Wildens sa trasportarvi in questo mondo agreste e pacifico, dai colori caldi e densi di sole.
Ed ecco Luglio – Il taglio del fieno, l’opera risale al 1614.
La vita ferve accanto a questo fiume, i cavalli trascinano i carri e i contadini operosi trasportano il fieno.

E si coglie una sincronia di movimenti, in questo scenario campestre di autentica dedizione al lavoro: cade la falce sul fieno, una donna si china su un mucchio dorato, ognuno compie il proprio dovere con instancabile alacrità.

E l’erba è lucente e florida, è una campagna ubertosa, fiorente e ricca, questo è lo sfondo di uno straordinario frammento di quotidianità giunto fino a noi grazie al talento di Jan Wildens.

E poi il sole brilla ancora più glorioso, nello splendore di un’estate dai molti profumi: così si presenta il secondo dipinto dal titolo Agosto – La mietitura.
Nella canicola estiva forse il respiro si fa affannoso ma il fieno si piega sotto i gesti sapienti dell’uomo, la terra è fatica, conquista e sudore.

E così ci si concede anche un momento di quiete per ristorarsi, si riposa insieme seduti per terra con una scodella tra le mani e forse con un bicchiere di latte per ritemprarsi dal duro lavoro dei campi.

E tutto è armonia, perfezione, nel ciclo perfetto dei mesi e delle stagioni.
In questo panorama che ha i toni caldi del sole, nel tempo in cui si cerca la frescura, mettendosi seduti ai piedi di un albero protetti dall’ombra gentile dei rami carichi di foglie.
Così è l’estate con gli occhi di Jan Wildens.

I pattinatori sul ghiaccio

In uno dei Musei di Strada Nuova troverete un dipinto che vi regalerà un viaggio in un mondo dall’atmosfera vivace e giocosa, nel tempo dell’inverno.
Gennaio, pattinatori sul ghiaccio è opera dell’artista fiammingo Jan Wildens vissuto tra la fine del ‘500 e la prima metà del ‘600.
E così, con leggiadria e semplicità, il suo quadro è una sorta di finestra su un tempo perduto che sa divenire reale e presente.
C’è chi pattina con grazia come se seguisse le note di una musica e chi invece scivola giù sul ghiaccio infido.

In un piccolo paese incantevole, con le sue casette e la sua chiesa.

Un ponticello sommerso di neve, i colori freddi dell’inverno, il tempo del gioco e gli alberi spogli.

In questo piccolo mondo lontano non spiccano solo i colori ma persino i profumi e scoppietta il fuoco nel caminetto, c’è sentore di legna bagnata, nelle cucine si spande generoso il dolce profumo dei biscotti allo zenzero.
Ci sono ceste, cappelli e canne da pesca, cavalli, grembiuli e barche.
E le voci si mescolano e si sovrappongono, sono voci di grandi e piccini ed ognuna è parte della corale rappresentazione della quotidianità.

Si gioca a palle di neve e si celebra così la bellezza della vita.

E i gesti e i movimenti appartengono ai riti di una giornata qualunque.

Così ognuno conduce la propria esistenza, portando un po’ di gioia nel cuore.

Il dipinto di Jan Wildens è esposto a Palazzo Rosso insieme ad altre opere dello stesso artista dedicate ad altre stagioni.
Chiaramente le mie fotografie non rendono giustizia alla bellezza di questo quadro e se non lo avete mai visto andate a cercarlo, con le sue atmosfere d’inverno vi regalerà autentiche suggestioni.

E intanto i pattinatori scivolano lievi sul ghiaccio chiaro, senza pensieri.
Con lo sguardo fiducioso verso il futuro, in un tempo perduto che non abbiamo vissuto.

Sopra i tetti

Sopra i tetti, ancora.
Lassù c’è sempre una città che tu non conosci, una città diversa da quella che sei abituata vedere.
Basta andare su per certe scale e se possibile aprire una finestra.
Sopra i tetti vedrai gli abbaini.

E poi, se guardi giù, mattoni e finestre spinte in fuori.
Che posto sarà mai questo? Lo riconoscete?

Tetti d’ardesia che si incrociano.

E laggiù un passaggio tra un palazzo e l’altro, cose che si vedono nei caruggi.

Ed è diversa la prospettiva da lassù, questo è Vico alla Casa di Mazzini, lo vediamo così da Via Cairoli.
Ed è come dicevo, è tutta diversa la città dei tetti.

E quindi, gironzolando per la città vecchia, non mi lascio mai scappare l’occasione di entrare in qualche portone.

E poi guardo fuori, sempre.

Si tratta solo di imboccare certe scale, a volte impervie e faticose, certe scale ti spezzano il fiato.

Si tratta solo di salire qualche piano e affacciarsi, in questo caso su uno scorcio di Piazza delle Vigne.

E poi un po’ più su.
Troverai ardesie spioventi, cielo e terrazzini.

Le ringhiere, una sdraio, le piante fiorite.

Si tratta solo di trovare certe finestre che già sono pura poesia.

E a volte serve un pizzico di fortuna, può capitare infatti di avere un’amica che abita in una casetta incantevole, lassù, sopra i tetti.
O forse no, non è fortuna, del resto le amiche non si scelgono a caso, giusto?
Si hanno passioni in comune, interessi simili, amore per gli stessi luoghi.
Apri la finestra e guarda fuori.

E sì, l’edificio sulla destra è proprio Palazzo Rosso, sede di un prestigioso museo genovese.

E affacciati dall’altra parte, sulla prospettiva di caruggi che si perde in queste ristrettezze, perché Genova è proprio così e qualcuno vede questi tetti dal salotto di casa.

E lassù, in cielo, c’erano certe nuvole grigie.

Magie di Genova, quando vai lassù, in alto.
Si tratta solo di trovare certe finestre che già sono pura poesia.

Theodore Roosevelt: un turista americano a Genova

È un giorno di aprile del 1910 quando a Genova giunge un illustre visitatore, è stato presidente degli Stati Uniti d’America e con lui viaggiano la sua consorte e i suoi figli.
I Roosevelt sono stati prima a Roma e poi hanno raggiunto la ridente riviera ligure, hanno trascorso una notte all’Hotel Miramare di Sestri Levante e in seguito si sono fermati a Rapallo, da lì sono ripartiti alla volta della Superba.

A Genova tutti li attendono con trepidazione, a dar loro il benvenuto c’è il Console Generale degli Stati Uniti d’America, non manca un drappello di giornalisti americani ed italiani pronti ad incontrare il celebre ospite.
Lo aspettano nell’albergo che Theodore Roosevelt ha scelto per il suo soggiorno: l’Hotel Britannia in Via Balbi.

E come potrete immaginare ad accoglierlo giungono tutte le massime autorità cittadine, c’è una certa fierezza nell’omaggiare un personaggio così importante, il Comune gli donerà alcune pubblicazioni, una di esse è la riproduzione degli Annali del Caffaro.
Tutti si offrono di accompagnare lui e la sua famiglia alla scoperta della città: il presidente del Consorzio Autonomo del Porto, Nino Ronco, si propone per fargli visitare Palazzo San Giorgio, il solerte assessore Caveri si mette a disposizione di Roosevelt per un giro nei musei.

Roosevelt è amabile e cortese, spende parole generose per l’Italia e per Genova, è grato per l’accoglienza riservatagli.
Spiega ai suoi ospiti che lui è già stato nella nostra città, è accaduto durante il suo viaggio di nozze e comunque riguardo ai programmi delle sue ore genovesi dice che dovrà sentire la sua signora.
Ed è proprio sua moglie, dopo breve tempo, a farlo chiamare dal direttore dell’albergo, è l’ora del tè e la bevanda si raffredda.
Per Roosevelt non è semplice accomiatarsi dalla folla di gente che gli gira intorno, tutti si affannano nel proporgli il loro aiuto ma l’ex presidente degli Stati Uniti declina cortesemente e dice che la sua è una visita privata, si fermerà solo un paio di giorni e poi proseguirà alla volta di Porto Maurizio.
La mattina dopo la sveglia suona di buon mattino, Roosevelt sbriga la corrispondenza e poi si gode una buona colazione all’Hotel Britannia assieme alla sua compagna di viaggio e di vita.
Inutile dire che la Direzione dell’Albergo è giustamente fiera di annoverare tra i suoi ospiti una figura così importante, un timbro apposto sul retro di certe cartoline ricorderà quel memorabile evento.

La giornata genovese di Theodore Roosevelt inizia in compagnia di un caro amico, insieme a lui egli visita la Chiesa di San Matteo e le tombe dei Doria.

Poi il nostro turista americano si gode una bella passeggiata in Strada Nuova, vedrà Palazzo Rosso e Palazzo Bianco e avrà modo di apprezzare i capolavori artistici di Genova.

E proprio in Via Garibaldi va a succedere uno spiacevole disguido!
Eh già, infatti il nostro desidererebbe visitare un certo palazzo ma a sbarrargli il passo trova due irremovibili portieri i quali, malgrado le rimostranze dei giornalisti presenti, si rifiutano di far entrare Roosevelt.
I due continuano a ripetere di non aver ricevuto alcuna direttiva dal padrone di casa e quindi non ci pensano neanche a far entrare visitatori non autorizzati!
Eh insomma, un po’ di elasticità, caspita!
Roosevelt non fa un piega e torna verso Via Balbi, dopo una rapida visita a Palazzo Durazzo Pallavicini rientra all’Hotel Britannia.

Qui attende di incontrare un celebre italiano, è lo scrittore Antonio Fogazzaro, uno dei massimi rappresentanti della nostra letteratura.
L’atteso incontro non si verificherà in quando Fogazzaro non si presenterà all’Hotel, purtroppo non conosco le circostanze di questo mancato appuntamento.
Roosevelt e la sua famiglia lasceranno Genova salutati dalle autorità cittadine con tutte le dovute celebrazioni e proseguiranno alla volta di Porto Maurizio con il treno, alla famiglia viene riservato dalle Ferrovie un vagone di prima classe.

Se vi interessa posso anche dirvi che il convoglio lasciò la stazione Principe in perfetto orario, il giornalista che ha raccontato questi giorni genovesi di Roosevelt ha precisato anche questo dettaglio.
Tutte le notizie che avete letto sono tratte dal quotidiano Il Lavoro del 9 e 10 Aprile 1910, le belle immagini antiche dell’Hotel Britannia appartengono al mio amico Eugenio Terzo che come sempre ringrazio.
A leggere i vecchi giornali si hanno sempre piacevoli sorprese, si scoprono frammenti del passato sempre degni di essere raccontati.
Accadde in primavera, era un giorno d’aprile e a Genova giunse un illustre visitatore: era Theodore Roseevelt, un turista americano nella Superba.

Ritratto di dama con maschera

Mi hanno colpita la sua grazia e l’eleganza della sua postura, lei è una misteriosa gentildonna, non so il suo nome ma ho incontrato il suo sguardo in una delle sale di Palazzo Rosso.
Forse i critici d’arte conoscono la sua vera identità, io non so dirvi nulla su questa giovane donna ritratta da Jacop Ferdinand Voet, pittore originario di Anversa vissuto nella seconda metà del ‘600.
Lei con una mano pare stringere un lembo della sua veste chiara.

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Porta un abito raffinato dalle ricche maniche di pizzo, il vestito è ingentilito da vaporosi fiocchi rossi come papaveri.
E così la sua immagine è giunta fino a noi, nella sua incontestabile grazia.

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Indossa orecchini preziosi e al collo porta una collana di perle, i riccioli si posano sulla sua pelle bianca.
Chi sei, graziosa dama di un altro tempo?
Il suo sguardo vivace ha catturato la mia attenzione, la immagino inquieta davanti al pittore, la penso a suo modo impaziente.
L’attesa e la posa immobile, forse invece lei vorrebbe parlare o magari ridere, forse trattiene il respiro.
Forse, io credo.

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Regge con la mano una mascherina nera e a questo dettaglio si lega l’intera opera denominata appunto Ritratto di dama con maschera.

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Nel mese del Carnevale ho incontrato lei.
Viene da un tempo lontano, dama gentile con quella veste dai fiocchi vermigli, con la maschera scura per celare il suo viso.
Viene da un tempo lontano e ancora ci osserva, in un salone di Palazzo Rosso.

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Guardando i tetti da Palazzo Rosso

Di ardesie, caruggi e terrazzini.
In Via Garibaldi, già Strada Nuova, c’è un edificio che un tempo appartenne a una generosa genovese: Palazzo Rosso era la sua casa, lei volle donarlo alla città e ai suoi abitanti, oggi è uno dei prestigiosi Musei di Strada Nuova.

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Benvenuti nella dimora di Maria Brignole Sale, nobildonna e benefattrice che tanto si spese per la Superba, altrettanto fece il suo consorte, il Duca di Galliera, colui che lasciò a Genova ben più di un dono.
Di entrambi tornerò a scrivere, oggi vi porto ad ammirare la Superba da questo palazzo da lei tanto amato.

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Genova di edifici fastosi e di caruggi.
Accanto, grandezza e contrasti.

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E una balaustra, al di là dei vetri geometrie della città.

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Luce e grigio di ardesie, finestrelle e comignoli.

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Prospettive di vicoli e campanili in lontananza.

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Vedute visibili a tutti, oltre alle mirabili collezioni d’arte il palazzo offre ai suoi visitatori panorami mozzafiato.
Sventola la croce di San Giorgio issata sulla Torre Grimaldina, la sospinge il vento di mare.

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E poi ringhiere, pianticelle, cielo.

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Mediterraneo, in una mattina tersa e limpida.

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Rimane tutto in un sola immagine: il Campanile delle Vigne e un filo con i panni stesi,
la Torre degli Embriaci in lontananza e un verde rampicante.
In un solo scatto sacro e profano, la memoria dell’eroe e la semplice quotidianità.

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E tetti, rifugio di pigri gabbiani.

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E ancora si sale, fino alla sommità dell’edificio.
E sono scalette, riquadri di finestre, navi e sovrapposizioni di epoche diverse.

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Una ringhiera, gli abbaini, una scaletta tra le ardesie.

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Profili di curve, di strade, di maestosi palazzi.
E ancora non ho perso l’abitudine di cercare la mia casa quando lo sguardo si posa sulle alture.

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Il terrazzino.
Lassù.
Perso nell’azzurro.
Sopra i tetti, tetti della Superba.

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E ardesie e prospettive che scivolano via, verso l’orizzonte del mare.

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E la città reale e la città riflessa.

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Io so che da alcune case dei caruggi si gode di vedute simili a queste, ma questa particolare bellezza è offerta a tutti: è aperta al mondo, ai genovesi e ai visitatori di questa città.
Un dono di lei, Maria Brignole Sale.
La città di ieri e quella di oggi, i vicoli, il bigo, la vita del porto.

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Un tetto spiovente, tegole rosse, il vento inquieto.
Genova.

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Un dono di lei, Maria Brignole Sale.
Genova.
Guardando i tetti, da Palazzo Rosso.

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Un terrazzino sopra Via San Luca

Accadde un po’ di tempo fa: ero sulla terrazza panoramica del Museo di Palazzo Spinola di Pellicceria.
E lì di fronte c’è un terrazzino.
Sapete, una di quelle meraviglie incastonate tra i tetti e l’azzurro del cielo.

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Faccio una foto, la condivido su Twitter e scopro che questa è la casa di coloro che dispensano preziosi consigli sulla Superba: Genova4Tourist, dritte e bellezze per chi visita Genova direttamente da chi vive in città.
E ieri, sotto un sole scintillante, sono salita lassù.
E così oggi vi racconto Genova da quel terrazzino, è sempre un’emozione grande scoprire la Superba da un nuovo punto di vista.
Una scaletta, le geometrie spioventi del tetto, qualche gradino.

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E ad ogni passo Genova si svela.

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Guarda, ecco la celebre terrazza di Palazzo Spinola, è a breve distanza.

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Cielo azzurro, niente vento, il caldo d’inizio estate.

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E i consueti stupori.
Da un palazzo all’altro, nella città vecchia, il panorama muta e ogni volta puoi scoprire nuove bellezze.
E vedi la linea del mare,  la vita di una città portuale, la curva della sopraelevata che si snoda tra le case alte.

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Guarda lassù, i palazzi della Spianata e l’ascensore di Castelletto.

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Mentre sbocciano i fiori e davanti a te si estendono gli splendori della Superba.

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Ed è un continuo susseguirsi di campanili, finestrelle, altri terrazzi, il tempo di Genova sfiora il cielo.

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E svetta maestosa la Torre degli Embriaci.

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A sinistra dell’immagine si vede parzialmente la chiesa di San Luca, su tutto predomina la Cattedrale di San Lorenzo.

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E poi persiane aperte ed abbaini.

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Vicoli, caruggi e piazzette sono sotto di te.
Ed è proprio quella città, la sua poesia è in certe parole di Giorgio Caproni che amo sempre citare:

Genova città pulita.
Brezza e luce in salita.
Genova verticale,
vertigine, aria, scale.

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E se hai un terrazzino come questo cosa fai?
Ci metti un tavolino, le sedie e ti lasci accarezzare dalla luce delle calde sere d’estate.

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Tra comignoli, profili di caruggi ed ancora campanili.

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E non potrai mai dire di aver veduto Genova se non hai ammirato la distesa dei suoi tetti, lo sanno bene i visitatori che salgono la scaletta che porta al terrazzino di Palazzo Rosso.

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C’è un silenzio magico sopra San Luca, mentre osservo la città nella cornice della ringhiera.

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Sono queste le armonie che svelano la sua identità, il suo spirito fiero, quella bellezza che dovremmo saper esaltare.

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Cartoline da Genova, da un terrazzino sopra i tetti, in una mattina di giugno.

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E tutto attorno è un trionfo di fiori, piante e alberelli che respirano l’aria del mare.

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Genova d’azzurro, di acqua e di cielo.
Si staglia candido il profilo di Palazzo San Giorgio, non lo avevo mai veduto da questa prospettiva.

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E poi.
E poi, chiacchiere tra amici, ancora ardesia, estate e focaccia.
Lassù, sui tetti.

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E petali che si aprono al sole e si dischiudono generosi.

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Le campane suonano, i gabbiani si librano alti e un aereo sorvola la città.

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Ringrazio gli amici che mi hanno ospitato, mi hanno regalato ancora nuove meraviglie.
Questa è la mia Genova, la città che amo, vorrei che tutti potessero vederla così.
Splendente, nella sua unicità.
Vera e Superba, da un terrazzino sopra Via San Luca.

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Gente di Strada Nuova

Ancora amo chiamarla con il suo antico nome, questa via attualmente intitolata a Giuseppe Garibaldi per me rimane Strada Nuova.
Una magnificenza genovese, una strada che racconta di noi, del nostro tempo e di quello che ci ha preceduto.
Anche voi come me guardate le vite degli altri?
Se osservate la gente di Strada Nuova vedrete un intero mondo e un altro ancora.
Ci sono genovesi che passano di fretta, ognuno ha la propria meta.
Turisti in coda davanti alla biglietteria dei Musei.
Visitatori con gli abiti delle vacanze, forse sono sbarcati da una grande nave, sono accompagnati da una guida.
Zainetti, cartine, sguardi che cercano la bellezza della Superba.

Via Garibaldi

Strada Nuova, a volte impiego tantissimo tempo a percorrerla.
Incontro amici, persone che non vedo da tempo, mi fermo a chiacchierare.
Genova poi non è una metropoli, alla fine ci si conosce tutti, davvero è così.

Palazzo Rosso

Gente di Genova, gente di Strada Nuova.
A volte davanti a te sfilano persone che sfoggiano inusitate eleganze: si celebrano le nozze civili in Strada Nuova.
E lo confesso, da ragazzina avevo questa abitudine: ogni tanto andavo di proposito davanti a Tursi a guardare gli sposi.
Anche voi come me guardate le vite degli altri?
Petali di rosa, abiti fruscianti, sorrisi radiosi, nuovi inizi, gli amici che applaudono.
In Strada Nuova.

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E poi la gente di Strada Nuova sale sul terrazzino di Palazzo Rosso.
Una scaletta, una vertigine.

Palazzo Rosso (2)

Un mondo e un altro ancora davanti ai tuoi occhi.
Sopra i tetti dei caruggi.
E certe antiche case godono di vedute simili a quelle che potrete ammirare dal tetto di questo Museo un tempo dimora della Duchessa di Galliera.
Un mondo e un altro ancora davanti ai tuoi occhi.

Palazzo Rosso (3)

Gente di Strada Nuova, luccica il passato della Superba.

Palazzo Rosso (4)

Palazzo Rosso

La bellezza è un’ingenuità bambina e angelica, devi avere occhi belli per vederla e per trattenerla dentro di te.

Palazzo Bianco

Gente di Strada Nuova: fiori in boccio tra le dita candide di Anna Pieri Brignole Sale.

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Anton Von Maron – Anna Pieri Brignole Sale (Palazzo Rosso)

Via dell’aristocrazia e della gente comune, qui troverete una donna del popolo resa famosa da un celebre pittore, è una semplice cuoca indaffarata in un’umile mansione.
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Bernardo Strozzi – La Cuoca (Palazzo Rosso)

Nella città dei tetti guarda fuori dalle finestre, sempre.

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Il vento racconta la vita di Genova, spira sulle sue ardesie e sussurra la sua storia antica che ancora vive tra di noi.

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Questo cielo racconta la nostra passata grandezza, il cielo a volte è dipinto su un soffitto.

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Palazzo Rosso

Gente di Strada Nuova.
E una mistica grazia ritratta dal talento di un artista fiammingo.

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J. Provoost – Santa Elisabetta d’Ungheria (Palazzo Bianco)

Gente di Strada Nuova.
Sacro e profano.
Venere e Marte e il genio inconfondibile di Rubens.

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Palazzo Bianco

Anche voi come me guardate le vite degli altri?
Gente di Strada Nuova.
Genova, città di dogi e di sfarzo, lusso e ricchezza.

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Giovanni Maria Dellepiane – Il Doge Francesco Maria Imperiale ( Palazzo Bianco)

Gente di Strada Nuova.
Un abito scuro, un tessuto pregiato, pizzi raffinati sul colletto e sui polsini.
Una lunga collana che sembra di corallo, gli anelli.
Gente di Strada Nuova.

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G. Van Deynen – Ritratto di Dama Genovese (Palazzo Bianco)

Genova, città di vivaci e armoniosi contrasti.
Anche voi come me guardate le vite degli altri?
Io sempre.
E se osservate la gente di Strada Nuova vedrete un intero mondo e un altro ancora.

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Sui tetti, davanti a San Lorenzo

Tra tutte le vedute incantevoli che Genova sa offrire alcune sanno lasciarmi senza fiato.
E si colgono dalle finestre delle abitazioni private, dai terrazzini che si affacciano sui tetti e su prospettive insolite.
Ed è accaduto ancora, l’altro giorno ho incontrato una persona conosciuta grazie a questo blog e d’un tratto l’ho sentita pronunciare queste parole:
– Sai mia mamma abita in una casa sopra i tetti e ha un terrazzino, ti interesserebbe per caso andarci?
E così nel giro di pochi minuti abbiamo raggiunto un’abitazione nel cuore dei caruggi e una finestra si è aperta sulla città.
Davanti a me i corsi di Circonvallazione a Monte e le alture, sulla sinistra il profilo inconfondibile del Seminario.

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E ancora, l’ascensore di Castelletto, gli eleganti palazzi della Spianata, su tutto domina imperioso e svettante il campanile delle Vigne.
In primo piano, un altro terrazzino.
Ecco, non è tanto distante ma da lì la vista sarà del tutto diversa, lo so bene ormai!

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E poi guarda il vicolo.

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E ancora guarda, questa casa si affaccia sul museo diocesano, una veduta rara ed unica.

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E sotto le volte c’erano dei tavolini apparecchiati con raffinatezza, immagino che fosse in programma qualche evento particolare.

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Le vedute impreviste di Genova, devi andare in alto per poterne godere.

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E allora trovi finestrelle, riflessi di cielo, comignoli e ringhiere.

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E poi, da un terrazzino all’altro.
Guarda, lui l’aspetta lassù, è già giunto a destinazione, lei invece sta salendo la scaletta che porta al terrazzino panoramico di Palazzo Rosso.

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Riuscite a vederli i due visitatori?
Ecco un dettaglio dell’immagine soprastante, queste sono le splendide vertigini della Superba.

Tetti

Sotto questo turchese così limpido, una giornata perfetta.

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E sì, con fierezza sventola la croce di San Giorgio sulla Torre Grimaldina.

Torre Grimaldina

E intanto un raggio di sole lambisce il tetto, lo accarezza e poi vira.
Cogli l’attimo, sempre.

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Una casa così, in posizione strategica sopra i tetti della città, ha una sua magia silenziosa e riserva ancora altri stupori.
Una finestra.
Una ringhiera, le piantine appese fuori.
E la cupola della Cappella di San Giovanni Battista, una delle meraviglie della Cattedrale di San Lorenzo.

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E’ così il centro storico di Genova, ricco di bellezze nascoste che puoi vedere solo da certe prospettive.
Inattesa, una campana, credo di non averla mai vista prima.

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E poi ancora guarda.
Guarda quella scaletta con i pioli posati sulla cupola, meravigliose altezze e stupefacenti conquiste.

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Arduo contenere tutta questa bellezza in una sola inquadratura.
E’ lì, davanti a quella finestra.

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Genova come non te la aspetti è lassù, sopra le distese d’ardesia.

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Osservo i dettagli in bianco e nero del campanile della cattedrale.

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C’è sempre qualcosa che non hai visto prima, devi andare lassù per sorprenderti.
Guarda, questa è ancora la sommità della cupola della Cappella dedicata al Battista.

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In cima c’è una semplice e lineare croce.

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Cose che si vedono da una finestra che si affaccia su San Lorenzo, in uno splendido appartamento, ringrazio la padrona di casa per il cortese invito e per la sua squisita gentilezza.

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E sapete, mentre ero lì si è presentato un altro inatteso visitatore, a dire il vero lì per lì non l’ho neppure notato, ero troppo impegnata a guardarmi intorno, a scrutare ogni pietra e ogni marmo.
E poi, più tardi, l’ho veduto.
Uno straniero salito dal mare, si librava nel cielo turchese della Superba sopra il campanile.
Cose che si vedono a Genova, sopra i tetti, davanti a San Lorenzo.

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