Quella musica che ha girato nel tuo stereo.
Alcune di quelle canzoni restano, non soltanto per il loro valore artistico o per il significato dei testi, restano per il significato che hanno avuto per noi.
Resta la musica, restano le copertine dei nostri dischi.
U2, War: una foto in bianco e nero, un bambino biondo con gli occhi sgranati.
Io ho ancora la cassetta con i titoli scritti con il pennarello verde dalla mia amica, a dire il vero si è anche un po’ sbiadito ma la musica no, quella mai.
E poi la copertina delle copertine: sfondo rosa, un frigorifero, un aspirapolvere, una piantana.
Tutto molto vintage, anni ’50, direi.
E davvero devo mettere il titolo? Three imaginary Boys , The Cure.
Tra il resto questo LP me lo aveva fatto scoprire un ragazzo che conoscevo, mi ricordo che una volta mi fece un discorso molto complesso per spiegarmi il significato di una delle canzoni di quell’album.
Ecco, io mi ricordo tutto, è proprio come se in questo momento fossi seduta su quella panchina, lui parla, io ascolto.
E lui ha questa espressione seria e concentrata, parla di questa musica con una sorta di ascetico misticismo.
Ed è grazie a lui se ho comprato questo disco, è così che mi ha convinto, a sentir lui quella doveva essere proprio una roba tosta, certo più significativa delle monadi di Leibniz che, tra il resto, sento davvero come poco presenti nell’ordine delle cose della mia vita.
La musica invece no. Quella musica resta, sempre.
E poi, tra le copertine dei dischi, London Calling , The Clash.
Certa musica interpreta il senso di ribellione, io non sono mai stata tanto al di sopra delle righe ma la musica dei Clash mi piaceva, la trovavo energica e potente, ora il gruppo si è sciolto ma ancora resta quella musica per noi che la ascoltavamo.
La musica resta, resta sempre, basta qualche nota per riportarti a ciò che eri, a un altro luogo, a un altro tempo.
E poi c’è la parte più frivola e femminile di me, quella prediligeva anche altri artisti.
E tra i tanti c’era quella ragazza con l’espressione stralunata, io veramente avrei voluto vestirmi come lei, non so se i suoi brani siano memorabili eppure hanno segnato un tratto della mia strada.
She’s So Unusual, Cindy Lauper.
Energica, vitale, pazzoide, eccentrica al punto giusto, la sua musica era tutta da ballare e da cantare.
E io avrei voluto i suoi capelli, sì.
Lei cantava Girls just want to have fun, noi eravamo quelle ragazze.
E poi ancora, questa ragazza aveva la camera tappezzata di poster e sul muro per un lungo periodo c’è stato solo un volto, replicato all’infinito in diverse fotografie, avevo persino ritagliato le immagini dai giornali e composto il mio personale quadro di lui.
Sì, ce l’ho ancora, non chiedetemelo, ormai lo sapete, io tengo tutto.
Tenebroso e trasgressivo ma non tanto, spesso vestito di pelle nera.
Con la cresta, rigorosamente biondo platino.
E gli occhi azzurri.
E quando cantava aveva quella strana abitudine, teneva sempre la bocca storta.
Se ci pensate, le copertine dei nostri dischi sono l’album dei ricordi del nostro passato, ad ogni canzone è legato un momento, un piccolo passo o un’esitazione, semplicemente la vita, ogni vita ha la sua colonna sonora.
Lui era Billy Idol, la copertina del suo LP ha lo stile di quegli anni, Rebel Yell , l’urlo ribelle di un tempo che ho vissuto.
Tratta da quell’album, una canzone che ascolto ancora adesso perché la nostra musica resta, resta sempre.