Attraversando Vico della Galera

È soltanto un breve caruggio dalle parti della Maddalena, Vico della Galera è una traversa di Vico Salvaghi.
E l’altro giorno passavo da quelle parti e così ho veduto questa solita bellezza: una corda e i panni stesi tra le case, una di quelle solite geometrie genovesi che piacciono a me.

E poi l’antico vicoletto che è un modesto caruggio di antica memoria e chissà quanti volti di bimbi si sono affacciati da quelle finestre e quante famiglie hanno ospitato quelle antiche mura preservando storie, memorie, speranze e felicità.

Davanti ad una di queste dimore ci sono alcuni gradini: sono quegli scalini altissimi e vertiginosi che si trovano nella città vecchia e quando ti capita di fare un paio di rampe di quelle scale lì sperimenti una fatica insolita alla quale non siamo più abituati.

Il vicoletto ha un toponimo che si presta a molteplici interpretazioni e ne scrive con la consueta vivacità il mio fido amico Amedeo Pescio che riporta tutte le possibili interpretazioni.
Lo storico infatti esclude che il toponimo si riferisca ad un’oscura prigione e a suo parere non si tratterebbe neanche di un riferimento alle galee, antiche imbarcazioni usate al tempo della Repubblica di Genova.
Pescio per parte sua predilige un’altra interpretazione e sostiene che, secondo la sua opinione, il vicolo prende il nome dalla nobile famiglia Galera originaria di Loano.

Sono tracce del tempo passato, di un’epoca ricca misteriosa e lontana ma il cielo è azzurro come allora e così sovrasta Vico della Galera.

12 pensieri su “Attraversando Vico della Galera

  1. Quindi Miss,questo posto si è salvato dal piccone? I gradini della casa sono proprio antichissimi,se non c’è poi lo scorrimano!La discesa deve essere ancor più pericolosa,comunque è bello così.
    Grazie della tua foto che anche se brevemente mi porta alla storia del caruggio,
    volti passi voci pianti e risate sono impresse in quelle mura.

  2. Miss, quei panni stesi avvoltolati attorno al filo e il toponimo “galera”, fanno pensare alle classiche lenzuola annodate che spesso consentono a un recluso di diventare uccel di bosco…

  3. Bella l’opinione di sertava! Comunque fantastico il dedalo di caruggi della vecchia Zena. Rammento la mia amica due anni fa che guardave le finestre così vicine fronte a fronte e commentava ” lì si potrebbe giocare a carte da un appartamento a quello di fronte e pure bersi un caffè attraverso le finestre! Mica sbagliata l’idea. Vero Miss? Ciao bellissima, buon Giovedì

  4. Bellissime geometrie e belle osservazioni.
    Io ho sempre pensato invece che con quei gradini magari con l’ardesia consumata si rischia di stare in casa come in una galera se per qualunque motivo di fosse impossibilitati a scenderli….. nonostante ciò hanno comunque il loro fascino.
    Fuori argomento: hai visto il servizio di Striscia la Notizia alla farmacia di frate Ezio?

  5. Trovo stupenda la pavimentazione con quelle grandi lastre sconnesse. Speriamo che non asfaltino mai perché non saranno comodissime ma son tanto più belle. A Milano abbiamo ciottoli e pavé ma non sono proprio uguali, anche se ugualmente belli. In bicicletta poi… bacioni cara!

    • Hai colto un particolare prezioso, brava Viv! Non credo proprio che l’asfalto potrà mai avere cittadinanza in caruggi come questi, perderebbero molta della loro poesia. Bacioni cara, buon pomeriggio!

  6. Guardo, e poi torno a guardare, la foto di “quegli scalini altissimi e vertiginosi che si trovano nella città vecchia”. Mi viene da pensare: è incredibile, è come un quadro. Anzi “è” un quadro! Un quadro bellissimo. E all’improvviso mi rendo conto del perché mi affascina: mi ricorda lo stile di Giorgio Morandi. E’ in quel modo che Morandi vedeva gli oggetti, le cose che abbiamo sempre sotto gli occhi e che forse per questo rischiano di sfuggirci ma che a te non sfuggono (“una di quelle solite geometrie” di una casa, di un vicolo, un dettaglio, pochi gradini, le “tracce del tempo passato”): cose del quotidiano sottratte, però, alla presa del quotidiano, rivelate, riportate alla loro vera dimensione, che dimora nell’invisibile.
    (Lo so che mi ripeto, scusami, ma non riesco ancora a non dirti, ogni volta, lo stupore, la stima, la grande ammirazione che ho per il tuo lavoro).

    • Oh, grazie Fiorenza, che cosa splendida mi hai scritto.
      Quelle scale, all’apparenza semplici banali gradini, sono davvero un legame con il passato e con quelle fatiche che a noi sono splesso estranee.
      E così mi piace ritrovarle, anche in questo nostro tempo ormai così diverso.
      Grazie Fiorenza, buon pomeriggio a te!

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