I fratelli Lamb

“Uno dei passeggeri sulla carrozza per Stratford aveva avuto l’imprudenza di chiedergli: « Qual è dunque la vostra occupazione, signore?» Dopo averlo fissato per un istante in silenzio, Samuel Ireland aveva risposto: «Mi occupo del mestiere di vivere, caro signore.» ”

Raffinato, elegante, fortemente evocativo e squisitamente british, ecco un romanzo che delizierà gli amanti della letteratura inglese e gli estimatori della terra di Albione.
I fratelli Lamb è un raffinato romanzo storico scritto dall’ineffabile Peter Ackroyd ed edito in Italia da Neri Pozza.
Ackroyd, uno dei massimi autori britannici, offre uno spaccato straordinario della Londra del passato portando il lettore nel lontano 1795.
I protagonisti del suo volume sono persone realmente vissute: si tratta infatti dei fratelli Charles e Mary Lamb, entrambi autori di romanzi ed opere letterarie.
E tuttavia l’autore avverte il lettore: ha inventato personaggi e modificato le vicende della famiglia Lamb per amore della narrazione.
Per amore della narrazione: arte della quale Ackroyd è incomparabile maestro.

Dunque, la vicenda del romanzo è tanto semplice quanto intrigante.
Il giovane Charles Lamb lavora per la Compagnia delle Indie ma aspira a divenire un celebre scrittore, la sorella Mary condivide con lui l’amore per la poesia e la letteratura, lei è una ragazza dal viso segnato dal vaiolo e vive per lo più nell’ambiente domestico.
Per un caso del destino i due fratelli Lamb si imbattono nel giovane William Ireland, libraio con il padre Samuel a Holborn Passage.
E sapete qual è la circostanza stupefacente?
Il giovane Ireland ha scoperto per ventura alcuni manoscritti di William Shakespeare e l’emozione per tutti loro è davvero incredibile!
Sui manoscritti e sulle presunte opere shakespeariane non vi svelerò nulla di più, sappiate comunque che il colpo di scena è sempre dietro l’angolo e che anche Ireland è realmente esistito.
Questo romanzo ha il profumo della carta e degli antichi manoscritti, vi è inoltre ancora una protagonista fondamentale e nessuno come Ackroyd è capace di narrarla in tale maniera nei nostri tempi: la città di Londra.
È una città a volte fosca, caotica, complicata, per le sue vie si muovono carri e calessi, in questa Londra si incontrano poi personaggi particolari:

“Jonathan Baker era un omino tarchiato dall’aria completamente esausta, con la bocca ripiegata verso il basso e le palpebre pesanti. A Samuel Ireland sembrò una sorta di Pantalone appena uscito da una commedia. Si presentò nell’ufficio con un bizzarro berretto a punta di datazione incerta.”

E i luoghi di Londra, poi, sono descritti in maniera indimenticabile:

“Il palco Amleto odorava di paglia fradicia, cordiale alla liquerizia e ciliegie. L’odore dei teatri di Londra. A William piaceva quell’odore e si sentiva inebriato dai profumi di essenze e unguenti che si levavano a ondate dalla platea eccitata e mormorante.”

In ogni riga di questo romanzo emerge, netto ed evidente, il talento narrativo di Ackroyd e spicca la sua innata capacità di affascinare e coinvolgere in maniera totalizzante i suoi lettori.
Su ogni evento descritto tra le pagine del libro aleggia la figura misteriosa di William Shakespeare, il Bardo è a suo modo anch’egli uno dei protagonisti del romanzo I fratelli Lamb.
Adorato, amato, riletto, i suoi versi sono mandati a memoria e per sempre immortali.
E le sue opere, all’improvviso divengono persino palpabili.
Ecco la sua calligrafia, ecco le sue maniere di scrivere, ecco i personaggi riconoscibili e ritrovati in certi manoscritti davvero straordinari: un’emozione destinata a mutare il destino di certe vite.

“Dunque Shakespeare aveva tenuto quel libro fra le mani… proprio come stava facendo lui in quel momento. L’assoluta reciprocità del gesto gli diede il capogiro.”

Colori di aprile

Sono i colori di aprile a ravvivare con dolcezza le nostre ore, sono le sfumature della vita e dei fiori che rivestono i rami degli alberi.
Così il glicine odoroso sboccia nei giardini.

E i fiori bianchi del ciliegio dondolano nell’aria.

Tutti i toni della primavera si svelano nei giorni di aprile.

Sul mio terrazzo si aprono i miei amati fiorellini rossi e sono davvero tanti.

E tra loro anche la delicatezza di petali bianchi.

Aprile porta doni improvvisi, come le violette caparbie che sono spuntate a sorpresa in uno dei miei vasi.

Tutto attorno una dolcezza tenera, tenue e perfetta: è la bellezza confortatrice della natura che sa essere in armonia con l’universo.

E così ritorna, sempre.
Silenziosa, fidata, puntuale.

E dedicate a questo mese porto qui le parole perfette, le scrisse in un suo sonetto William Shakespeare:

“April hath put a spirit of youth in everything.”
“Aprile ha infuso in ogni cosa uno spirito di giovinezza.”

E i suoi profumi, la sua bellezza generosa, nel tempo dolce di primavera.

Sulle nostre labbra

Eternity was in our lips and eyes,
Bliss in our brow’s bent.

L’eternità era sulle nostre labbra e sui nostri occhi,
La felicità nell’arco delle nostre ciglia.

William Shakespeare – Antony and Cleopatra

Cimitero Monumentale di Staglieno

Le porcellane inglesi di Miss Fletcher

Tutto ebbe inizio diverso tempo fa ad un mercatino dell’antiquariato, amo molto gironzolare tra i banchetti in cerca di cose belle e particolari.
Tutto ebbe inizio con un piattino, poi ne venne un altro e poi un altro ancora.

Porcellana (2)

E così è nata la mia piccola collezione di porcellane inglesi bianche e rosse, se ne stanno tutte insieme sul ripiano di un comò.

Porcellana (3)

Molti di questi pezzi appartengono a servizi diversi e pertanto presentano decori differenti tra loro.

Porcellana (4)

Alcuni invece sono parte della stessa serie, questa panciuta teiera è una romantica porcellana Mason’s.

Porcellana (9)

Si accompagna a questa capiente lattiera.

Porcellana (15)

E insieme c’erano questi due contenitori, uno è certamente per lo zucchero e l’altro forse serviva per il tè?

Porcellana

Certe porcellane hanno disegni orientali e vi sono templi, alberi esotici, panorami che hanno tutto l’incanto di luoghi lontani.

Porcellana (5)

Porcellana (6)

E poi, come è ben noto, sulle porcellane inglesi sono ritratti panorami di celebri località dal fascino imperituro, ecco la casa natale di William Shakespeare a Stratford-Upon-Avon.

Porcellana (7)

E un mulino con le dolcezze della campagna inglese.

Porcellana (8)

E poi castelli e dimore reali, luoghi amati che fanno parte della storia della Gran Bretagna.
Cosa manca alla mia collezione? Le tazze, curiosamente non le ho mai comperate, dovrei proprio provvedere!
In compenso ho un ambaradan di piattini di varie misure, pur appartenendo a servizi diversi stanno benissimo tutti insieme.

Porcellana (12)

Nella foto che segue spicca il panorama di una città con le tipiche case a graticcio, sulla vetrina di uno dei negozio si nota questa insegna: The Old Curiosity Shop.
E’ il titolo di un romanzo di Charles Dickens, questo servizio si ispira agli scritti dell’autore inglese.

Porcellana (11)

Appesi al muro ci sono due piatti da portata, questi provengono dalla Scandinavia.

Porcellana (13)

Per ragioni di spazio a un certo punto ho smesso di fare acquisti ma a dire il vero andar per mercatini in cerca di nuovi pezzi era davvero un bel passatempo.
E comunque ci vorrebbe almeno una tazza, non pare anche a voi?
Un piattino dopo l’altro così è nata la piccola collezione di porcellane di Miss Fletcher.

Porcellana (14)

Una cartolina per San Valentino

L’amore e i suoi dolci misteri, in questo giorno si celebra San Valentino e allora oggi è tempo di romanticismo.
E devo sempre dire grazie ad un amico, il solito impareggiabile Eugenio, giorni fa di sua iniziativa mi ha inviato una mail con queste belle immagini.
Forse potrebbero servirti per il 14 Febbraio? Così mi ha scritto, ve l’ho detto, sono una persona fortunata e le cartoline di Eugenio sono tutte bellissime, come sempre.
Il tempo dell’amore, uguale in ogni tempo.

1

They do not love that do not show their love.
Non amano coloro che non mostrano il loro amore.

E questa è l’immortale saggezza di William Shakespeare.
Ci sono tante maniere di mostrare i propri sentimenti, gli amanti le conoscono tutte.

2

E a volte scrivono poche righe dense di significato.
Lì, sulla cartolina.

3

L’amore in queste immagini del passato è dolcemente galante.
Lui le prende la mano e accenna a sfiorargliela con le sue labbra.

4

E poi le parole, a volte trovi quelle perfette per te.
Una cartolina per San Valentino, pensate alla fanciulla che ricevette proprio questa!

5

Un tenero bacio e un abbraccio complice, non occorrono altre ricchezze.

6

Una giovane donna dallo sguardo fiducioso e un gentiluomo dal fare protettivo.

7

E poi ancora fiori e parole, in una preziosa cartolina dipinta a mano.

8

E le note di un violino, un palpito nel petto e occhi sognanti.

9

E rare atmosfere settecentesche ma il tempo dell’amore è uguale in ogni tempo.

9a

Lui, lei e rose chiare e profumate.

10

L’emozione, la ritrosia, la gioia, la comunione di intenti, tutto in una sola immagine.

11

E osservate queste coppie di innamorati, hanno stile, eleganza e portamento armonioso.
Lui, lei e la strada da percorrere insieme.
Lunga, tortuosa, sconosciuta e foriera di immensa felicità.

12

Una cartolina per il giorno dei sospiri, non ci può essere nulla di più romantico.
E così si celebra la festa degli innamorati a casa di Miss Fletcher, buon San Valentino a tutti voi!

13

Love

Love is blind and lovers cannot see
the pretty follies that themselves commit.

L’amore è cieco e gli amanti non possono vedere
Le graziose follie che commettono.

William Shakespeare – Merchant of Venice

Varigotti

Varigotti, 15 Marzo 2014

Dell’amore

Scrivo dell’amore.
E in verità forse non bastano le parole che conosco.
Che cos’è l’amore?
Le parole sono già nelle poesie, nei romanzi, le parole sono una dolce musica ed un richiamo.
E spiegano certe nostre inclinazioni, spiegano la nostra vita.

Who loves believes the impossible.

 Chi ama crede all’impossibile.
(Elizabeth Barrett Browning – Aurora Leight)

L’amore raggiunge attraverso strade sconosciute, a volte davvero neppure si sa come vi si è giunti.
Ci si trova in un luogo, dentro a un’emozione che riconosciamo come nostra, dentro a un battito che sovrasta ogni altro suono.
E quella cosa lì, secondo me, è l’amore.

All love is sweet, given or returned.
Common as light is love, and its familiar voice wearies not ever.

Tutto l’amore è dolce, dato o restituito.
Comune come la luce è l’amore e sua voce familiare non stanca mai.
(Percy Bisshe Shelley – Prometheus Unbound )

L’amore tocca certi nostri abissi, certe profondità che non sapremmo spiegare.
L’amore esce dai confini della razionalità, guarda con occhi velati di illusione, a volte l’oggetto dell’amore è trasfigurato dal nostro sentire.
Arduo descrivere, narrare e spiegare certe emozioni, lo fanno altri per noi, usando le parole che vorremmo saper dire.

If thou remeber’rest not the slightest folly
That ever love did make thee run into,
Thou hast not loved.

Se non ricordi la minima follia
In cui amore ti fece incorrere,
tu non hai mai amato.
(William Shakespeare – As you like it)

La misura dell’amore non è il tempo, la sua misura è l’infinito.
E’ il sempre, l’eterno, l’assenza del limite.
E qui risiede la nostra emozione, il desiderio e sentimento.

Love, all alike, no season knowes, nor clyme,
Nor houres, dayes, months, which are the rags of time.

L’amore, sempre uguale, non conosce stagione o clima,
Né ora, giorni, mesi che sono i brandelli del tempo.
( John Donne – The sunne rising)

Amare, camminare su un filo, con il rischio di cadere a causa del vento che sconquassa il nostro animo e che fa perdere l’equilibrio.
Puoi precipitare, perdere e dovrai rialzarti, ancora.
E non smetterai di amare.

‘Tis better to have loved and lost
Than never to have loved at all.

E’ meglio aver amato e perso
Piuttosto che non aver amato affatto.
(Lord Tennyson – In Memoriam A.H.H.)

E ancora cercherai altre parole.
L’amore non è una definizione, una frase, una parola sola.
E’ una musica d’orchestra nella quale non sai distinguere tutti gli strumenti che insieme creano quell’armonia.
Ha bisogno di aria, di spazio infinito, di quella assenza di confini che è l’essenza dell’amore stesso.
Ha bisogno di esistere, al di là della ragione.

Love is not love
which alters when it alteration finds,
or bends with the remover to remove.
O no, it is a never-fixed mark
that looks on tempest and is never shaken.

 Amore non è amore
se muta quando trova un mutamento,
o se è pronto a recedere quando l’altro si allontana,
O no, è un faro sempre fisso
che sovrasta la tempesta senza esserne mai scosso.
(William Shakespeare – Sonetto CXVI)

L’anima dei libri

L’anima dei libri.
I libri hanno un’anima, i libri sono come gli amici, ognuno sceglie i propri, alcuni sono più importanti, ci assomigliano, sono più vicini al nostro sentire.
E di loro rammentiamo ogni istante, ricordiamo il momento esatto nel quale la nostra strada ha incontrato la loro.
I libri hanno un’anima, a volte sorella e compagna di viaggio.
E allora quell’esatto istante sembra solo ieri, mentre invece magari sono trascorsi anni.
Era quel giorno.
Il giorno nel quale ho aperto un volume, l’ho sfogliato e desiderato.
Ed è venuto a casa con me, qui è restato, così si fa con gli amici, si tengono accanto perché di loro abbiamo un dannato bisogno.
La memoria di quell’istante.
Quando ci siamo incontrati, ricordi?
Ricordo.
Era gennaio, pioveva.
Ero al Camden Market di Londra.
James Joyce’s Ireland, uno studio di pregio e molte immagini e fotografie in bianco e nero.
Un mondo del quale avevo letto e studiato, una città, Dublino, tante volte immaginata e ancora mai veduta.
Un autore enigmatico, a volte oscuro, quanto sono attraenti le cose oscure e complicate?
Quel tuo nome assurdo da greco antico, io e Stephen Dedalus ci conosciamo da tanto!
Prendo in mano il libro, chiedo il prezzo.
Poche sterline, un vero affare.
Lo poso per estrarre il portafoglio.
E sono passati anni ma non ho dimenticato quel viso, è come se lo avessi veduto ieri.
Una giovane donna afferra il mio libro e a sua volta si rivolge alla commessa, vuole comprarlo.
Un istante tremendo nel quale ho visto svanire un compagno prezioso.
E’ della signorina, mi dispiace.
E ricordo anche lei, la libraia che disse questa frase restituendomi il sorriso.
Quando ci siamo incontrati, ricordi?
Ricordo.
C’era una bella libreria a Genova, la mia preferita.
Al suo posto c’è adesso una profumeria, ma la Libreria Di Stefano di Piazza Dante era speciale e ha lasciato una sorta di vuoto.
C’era un intero piano dedicato ai libri stranieri, trascorrevo lì ore ed ore.
Sfogliavo i volumi della Penguin, mi perdevo a guardare i quadri sulle copertine, scoprivo nuovi autori neppure tradotti in italiano.
E’ spesso e voluminoso eppure leggero.
International Thesaurus of quotations, pagato la discreta cifra di 29.000 Lire.
Una miniera di belle parole e di saggezza, ha ormai la copertina tenuta insieme con lo scotch ma va bene così, quando si tratta di amore vero non si bada alle apparenze.
Quando ci siamo incontrati, ricordi?
Ricordo.
Ero a un mercatino dell’usato, in Val Trebbia.
Un libro antico con la copertina rigida, prima edizione del 1879, Fratelli Treves.
Ha le pagine spesse e porose, numerose stampe con i personaggi e le scene principali del romanzo:  L’Assomoir di Emile Zola.
La disperata e tragica Gervaise Macquart, un libro che amo a tal punto da averlo letto un’infinità di volte.
E Gervaise ha trovato spazio su queste pagine in questo post, non avrei potuto far diversamente.
Quando ci siamo incontrati, ricordi?
Ricordo.
Ero ancora a Londra, ma in estate.
Ero appositamente partita con una valigia mezza vuota, lo spazio era destinato ai libri.
Che follie si fanno per coloro che amiamo?
E passavo interi pomeriggi in quelle immense librerie a più piani, un paradiso per me.
Due tomi, due compagni di vita senza i quali le mie giornate sarebbero prive di significato.
The complete works of William Shakespeare.
E sono tornata a Genova portando con me re e regine, traditori e cortigiani, nobildonne e buffoni di corte.
The complete works of Oscar Wilde.
E con me sono venuti anche i dandies e certe creature delicate e impertinenti, un pittore autore di un celebre ritratto e il suo modello.
E poi, comprato al castello di Hever, un piccolo cartoncino piegato in quattro.
Non è un libro ma contiene tre lettere: una di Enrico VIII, mentre le altre due sono state scritte da Anna Bolena.
L’ultima lettera di Anna al suo Re, parole belle e terribili, un giorno le condividerò con voi.
Quando ci siamo incontrati, ricordi?
Ricordo.
In una libreria che non esiste più, la piccola Feltrinelli della Nunziata, un negozio raccolto ed intimo, aveva una scaletta che portava a un piano inferiore, mi piaceva, era un luogo che sentivo mio.
Lo Zibaldone di Pensieri di Giacomo Leopardi.
Mi ha sempre affascinato il suo genio sofferto, da bambina ero stata a Recanati.
Quando andai nella sua casa e vidi la sua biblioteca pensai: da grande ne voglio una come questa.
Un’intera stanza con volumi fino alle pareti.
E lui che aveva camminato in quella casa.
E le sue poesie, versi ai quali sono affezionata.
Potrei continuare ancora ma non lo farò.
Ho giocato con la memoria, la mia memoria bella di alcuni dei miei amici più cari, i libri che hanno un’anima che ha incontrato la mia.
E rammento l’istante, l’istante esatto nel quale ci siamo incontrati.
E voi? E’ così anche per voi?
Ricordate lo scaffale, il luogo e la città nella quale avete trovato i libri dai quali non vi separereste mai?
E quanto tempo è trascorso?
Li tenete anche voi vicini?
E a volte li riprendete in mano?
E forse anche voi guardate al vostro passato, a quell’esatto istante.
Quando ci siamo incontrati, ricordi?
Ricordo.

Cinici e sognatori

Who is a cynic? A man who knows the price of everything and the value of nothing.

Chi è un cinico? Un uomo che conosce il prezzo di ogni cosa e il valore di nessuna.
Perfetta, bilanciata e concisa la definizione di Oscar Wilde, sondare l’animo umano e comprenderne l’abisso è proprio del genio, rara rappresentanza del genere umano alla quale ascrivo senza dubbio lo scrittore irlandese.
Il prezzo di una cosa spesso non corrisponde al suo valore.
Questo un cinico lo sa, ma il sognatore?
Per il sognatore hanno valore le inezie, ciò che per alcuni è un nonnulla, qualcosa di evanescente al quale non si può attribuire un prezzo, sarebbe difficile stabilire il prezzo dei sogni, in effetti.
Chi è un cinico? A blackguard who sees things as they are, not as they should be.
E questo è Ambrose Bierce, uno che certo era parecchio arguto, e concordo con lui, il cinico è mascalzone che vede le cose come realmente sono e non come dovrebbero essere.
E’ realmente così, il cinico ha una coscienza perfetta del mondo che lo circonda, sebbene non ne conosca il valore, questo no.
Il cinico sa calibrare le distanze, trovare le parole giuste, fingersi ciò che non è, a volte.
Tutt’altra storia rispetto ai sognatori.
I sognatori stanno altrove, nell’indefinito, a volte neppure il sognatore sa dove si trovi, ci è arrivato per caso, vi è stato condotto dal flusso delle sue illusioni.
Perché un sogno trascina in una direzione ignota, verso una strada della quale non si intravede il confine.
Il viaggio del cinico, lui lo vorrebbe piano, programmato, scandite le tappe, i tempi, definito il percorso lungo il quale non sono contemplati troppi imprevisti.
Il condizionale è d’obbligo, direi, la vita poi prende derive improbabili a volte, accade anche ai cinici.
Ma il cammino del sognatore è differente, è naturalmente tortuoso e pieno di nebbia, incerto e insondabile.
Conoscerete anche voi dei sognatori, vero?
Provate a porre loro domande concrete, avrete domande evasive.
Non tanto perché non vogliano rispondervi, no, più che altro non sanno come farlo, credete a me.
E sanno che se ci provassero, difficilmente saprebbero spiegarsi.
E sono coloro che, consciamente o no, fanno proprie le parole che Shakespeare fa pronunciare a Prospero, in The Tempest:

We are such stuff
As dreams are made on, and our little life
Is rounded with a sleep.

Noi siamo fatti della materia
di cui son fatti i sogni; e  la nostra breve vita
è racchiusa nello spazio di un sogno

Lo spazio di un sogno.
Anche i cinici sognano e si abbandonano a certe illusioni, ma poi sanno maneggiarle senza affondarci dentro.
Ma vive meglio un cinico o un sognatore? Non so rispondervi.
D’istinto direi che i cinici si perdono alcuni aspetti del pensiero e del sentire, la meraviglia e la sorpresa, la capacità di entusiasmarsi e di calarsi in impensabili voli di fantasia.
D’altra parte al sognatore manca la concretezza, bisogna dirlo.
E forse il quotidiano del cinico ha meno scosse di quello del sognatore, proprio perché il cinico sa come difendersi.
E sa che la vita presenta dei trabocchetti nei quali è meglio non cadere.
Come Karl Kraus, celebre autore austriaco, il quale sosteneva:

Prima di dover subire la vita, bisognerebbe farsi narcotizzare.

Datemene atto, è una ragionamento che non fa un piega.
La vita, l’amore, la più difficile delle sfide.
E quali sarebbero le parole di un sognatore? Forse quelle di William Butler Yeats:

I have spread my dreams beneath your feet;
Tread softly because you tread on my dreams.

Ho steso i miei sogni sotto i tuoi piedi
Cammina leggera, perché cammini sopra i miei sogni.

Cammina leggera sopra i miei sogni. Credete che un cinico lo direbbe mai?
No, il cinico tornerebbe a usare le parole di Kraus e direbbe:

La donna non ama essere protetta se non da chi allo stesso tempo è un pericolo.

Non saprei dargli torto, tutto sommato.
Cinici e sognatori, quando si incontrano, a volte, per qualche oscura ragione, si comprendono, altre volte si guardano perplessi, le loro visioni del mondo sono totalmente differenti.
Ma accade, a sognatori e cinici, di trovarsi su un sentiero comune, dove si arriva con qualche mirabile dote che entrambi possono avere.
L’intelligenza, ad esempio.
E il senso dell’ironia, che aiuta chiunque.
E la consapevolezza che si è sulla stessa strada, in qualche maniera.
E che le parole di un grande poeta possono appartenere a chiunque, al cinico come al sognatore.

Life’s but a walking shadow, a poor player,
that struts and frets his hour upon the stage,
and then is heard no more; it is a tale
told by an idiot, full of sound and fury,
signifying nothing.

La vita non è altro che un’ombra che cammina, un povero attore
che si agita e pavoneggia la sua ora sul palcoscenico
e poi di lui non si udrà più nulla. È un racconto
narrato da un idiota, pieno di suoni e furore,
che non significa nulla.

 (William Shakespeare, Macbeth)

Rose

Nel weekend in Via Cairoli e Via Garibaldi  si è svolta la manifestazione Una rosa a Palazzo.
Sabato mattina c’era un caldo quasi estivo, prima che le nuvole avessero la meglio abbiamo goduto di alcune ore  di cielo sereno e  soleggiato.
Gli espositori vendevano le loro piante e alcuni di loro hanno allestito il loro stand in maniera davvero scenografica, come questo vivaista di Diano San Pietro.

Io amo le rose, ancor più quando sono così tante.
Profumate, di differenti varietà, con i petali che si aprono al sole.

Le rose gialle sono allegre e vivaci, nel linguaggio dei fiori questo colore vuol dir gelosia.

La rosa degli scrittori, la rosa di Herman Melville.
Reign endless, Rose! For fair you are, nor heaven reserves a fairer thing.
Regna per sempre, rosa! Perché tu sei bella, e il cielo non riserva una cosa più bella.

La rosa dei poeti, la rosa che nei versi di Guido Gozzano personifica l’amore perduto e mai raggiunto.
Non amo che le rose che non colsi, non amo che le cose che potevano essere e non sono state.

La rosa, nelle parole che William Shakespeare fa pronunciare a Giulietta, protagonista di un altro sfortunato amore.
What’s in a name? That which we call a rose by any other name would smell as sweet.
Cosa c’è in un nome? Ciò che noi chiamiamo rosa con un altro nome conserverebbe il suo dolce profumo.

La rosa, decine di rose in boccio, che diffondono nell’aria quella dolcezza pulita che sa di primavera.

La rosa dei nostri giardini segreti, dei nostri pensieri nascosti.
La rosa che si offre generosa alla luce.