I segreti di Porta Soprana

 

 

Torri di Porta Soprana

Porta Soprana, primaria porta d’accesso della città, venne edificata nel lontano 1155.
Deriva il suo nome da Superana, superiore, in quanto si trova assisa sulla sommità del colle di Sant’Andrea, dal quale prese il suo altro appellativo di Porta di Sant’Andrea.
Alcune storie che vi racconterò, a proposito di questo luogo, non le troverete in una qualsiasi guida turistica.
Sono tratte da un volume raro e di grande pregio culturale che ho ereditato da mio nonno, un libro che venne scritto da Francesco Podestà, nel 1901, e si intitola “Il colle di Sant’Andrea in Genova e le regioni circostanti”.
La Genova che visse il Podestà è di molto precedente agli orrori dell’età moderna, agli scempi che gli architetti misero in atto lì, nel quartiere di Ponticello e di Via Madre di Dio, spianando un intero quartiere, fitto di case alte, antiche e bellissime, per far posto ad un complesso architettonico, il palazzo della Regione, di incomparabile bruttezza.
Francesco Podestà, nel suo libro, grazie ad una paziente ricerca effettuata negli archivi storici, ci racconta la Genova di secoli fa, con lui si viaggia nel mondo antico, fino a 1100 e anche più lontano nel tempo.
Il libro è corredato di tavole, ma credetemi, è difficile orientarsi in un luogo che non esiste più, bisogna usare tanta immaginazione, e farsi aiutare dalla fantasia: e allora lasciamoci guidare, andiamo insieme, per queste strade ormai perdute, incontriamo le persone comuni, il l popolo che lì, sotto la porta, viveva, esercitando le proprie attività.
Questa è Porta Soprana: maestosa, magnificente e fiera.
Sul lato sinistro le Mura dette del Barbarossa.

Porta Soprana e le Mura del Barbarossa

Vi si accede tramite una salita: è ciò che rimane di Vico Dritto di Ponticello alla cui base si trova la presunta abitazione di Domenico Colombo, padre del celebre navigatore.
A destra  il Chiostro di Sant’Andrea, un tempo parte del monastero, ormai abbattuto, che si trovava nei pressi del palazzo della Borsa.

Chiostro di Sant'Andrea
Quando vi trovate in Vico di Ponticello  immaginate che  alla vostra sinistra, al di fuori della mura, si estenda una piazza, anch”essa denominata di Ponticello: lì le case erano assiepate una sull’altra e dal 1300 la piazza divenne luogo di mercato, in particolare vi si commerciava il legname.
Era del popolo questa parte della città, lì ferveva la vita, il commercio, si compiva lì ogni gesto della vita quotidiana.
Da Vico Dritto di Ponticello, sempre verso sinistra, c’era un Vico denominato Pera e il Podestà racconta che questo nome deriva da pelera, in quanto, alla fine del 1500, vi era in questo vicolo un edificio nel quale si spellavano i maiali.
Al di fuori della porta, invece, uscendo sulla destra, si trovavano i Macelli di Sant’Andrea. E abitavano qui i negozianti, come attesta un atto del 1481, nel quale una certa Primafiore, moglie di un macellaio, richiede il permesso di ingrandire la sua casa.
Ah, che mondo! Casa e bottega insieme! Ma non durò molto, nel 1596 si vietò di macellare e e porre banco sulla detta via e nel 1630 arrivò, definitiva, la proibizione di aprire nuove botteghe.
Guardando la porta dall’esterno poi, alla sua sinistra vedrete quel che rimane di Via del Colle.
E nel tredicesimo secolo, in questa zona, allora priva di abitazioni erano le matamore, parola di origine barbaresca, ovvero fosse per riporre in serbo il grano.
Ai tempi del Podestà ancora esistevano due vicoli, denominati Vico di Fosse del Colle e Vico Matamora.
A pochi passi, in Salita Gattamora, c’era la casa del virtuoso del violino, Nicolò Paganini.
E questa casa, che avrebbe potuto divenire museo e luogo di interesse artistico per la nostra città, grazie ai nostri solerti amministratori cadde, insieme a tutto il resto, sotto il colpo dei piccone che la fecero scomparire.
E’ una ferita aperta la scomparsa di questo quartiere che portava sui suoi muri le memorie del nostro passato, è uno scempio le cui vittime sono proprio i genovesi, privati di un patrimonio che non potranno mai più riavere.
La porta, però, la nostra porta è ancora lì, a difesa dei suoi abitanti.

Porta Soprana e la prospettiva di Salita del Prione

 

E allora andiamo a quei giorni, a quel tempo lontano, al 1155.
Genova è minacciata dalle truppe del Barbarossa e, per difendere la città,  si progetta una cerchia di mura, appunto dette Mura del Barbarossa.
I genovesi tutti, uomini e donne, lavorarono alacremente all’edificazione delle mura, in alcuni tratti si usarono persino gli alberi delle navi.
La porta, già esistente nel X secolo, venne ultimata nel 1155.
E ad avvisare i nemici e coloro che pensano di poter piegare e sottomettere la Superba, sul pilastro meridionale vi è inciso questo severo monito: che non si facciano illusioni, i nostri avversari, qui troverete pane per i vostri denti.

lapide-del-barbarossa

 

† IN NOmInE omnIPOTENTIS DEI PATRIS ET FILII ET SPirituS SancTI AMen
SUM MUNITA VIRIS – MURIS CIRCUMDATA MIRIS
ET VIRTUTE MEA PELLO ProCUL HOSTICA TELA
SI PACEM PORTAS LICET HAS TIBI TANGERE PORTAS
SI BELLUM QUERES TRISTIS VICTUSQue RECEDES
AUSTER ET OCCASus SEPTEMPTRIO NOVIT ETORTus
QUANTOS BELLORUm SUPERAVI IANUA MOTus
IN ConSULATU COmunIS WILLelmi PORCI – OBerTI CANCELLarII – IOHanniS MALIUCELLI ET Willelmi LUSII
ET PLACITORum BOIAMUNDI DE ODONE – BONIVASSALLI DE CASTRO – WIllelmi STANCOnIS
WillelmI CIGALE – NICOLE ROCE ET OBerTI RECALCATI

† In nome dell’Onnipotente Dio Padre del Figlio e dello Spirito Santo. Amen
Ben presidiata d’uomini e munita di una mirabile cinta di mura,
tengo col mio valore lontani gli ostili colpi.
Se vieni apportatore di pace potrai passare da queste porte
se guerra minacci, triste e vinto dovrai ritirarti.
A mezzogiorno e a ponente, a settentrione e a levante è noto
di quanti incontri guerreschi riuscii a superare, io, Genova!
Nel consolato di: Guglielmo Porco, Oberto Cancelliere, Giovanni Maliauccello e Guglielmo Lusio;
e dei consiglieri Boiamondo di Odone, Bonvassallo di Castro, Guglielmo Stangone,
Gugliemo Cigala, Nicola Roca e Oberto Recalcati.

(Trasposizione e traduzione  tratta da “I quartieri di Genova Antica” di G. Miscosi – Ed. Compagnia dei Librai)

Ma voi pensate allo scalpellino che, con il suo strumento, incise queste parole nella pietra?
Quanta fierezza e che inestinguibile orgoglio avrà sentito per la sua città? Chissà se fu lo stesso che, sul pilastro di fronte, lasciò ai posteri questa scritta.

Lapide di Porta soprana (2)

 

MARTE MEI PoPuLI FUIT HACTENUS, AFFRICA MOTA
POST ASIE PARTES ET AB HINC YSPANIA TOTA
ALMARIAM CEPI TORTOSAMQue SUBEGI
SEPTIMUS ANNUS AB HAC ET ERAT BIS QUARTUS AB ILLA
HOC EGO MUNIMEN CUm FECI IANUA PRIDEM
UNDECIES CENTENO CUM TOCIENSQUE QUINO
ANNO POST PARTUM VENERANDE VIRGINIS ALMUm
IN CONSULATU COmunIS Willelmi LUSII – IOHannIS MALIAUCELLI – OBerTI CAnCELLARii
Willelmi PORCI – DE PLACITIS OBerTI RECALCATI – NICOLE ROCE – Willelmi
CIGALE – Willelmi STANGONI, BONIVASSALLI DE CASTRO ET
BAIAMUNDI DE ODONE M

Colla forza del mio popolo fu già l’Africa tocca
dopo altre parti dell’Asia e poi quasi tutta la Spagna.
Soggiogai l’Almeria e Tortosa
or son sett’anni da questa ed erano otto anni da quella,
quando, io, Genova, posi questo ricordo
verso l’undecimo secolo più undici lustri
dopo l’almo parto della Veneranda Vergine.
Nel consolato di: Guglielmo Lusio, Giovanni Maliauccello, Oberto Cancelliere
Guglielmo Porco; e dei Consiglieri Oberto Recalcati, Nicola Roca, Guglielmo

(Trasposizione e traduzione  tratta da “I quartieri di Genova Antica” di G. Miscosi – Ed. Compagnia dei Librai)

Vi sono molte altre iscrizioni, sulla Porta: nella sua parte interna, dal lato di Salita del Prione, dove potrete ammirare il retro della torri,  coronate da merli  a coda di rondine, secondo l’uso dei ghibellini, come ancora spiega Podestà.

porta-soprana-da-salita-del-prione

 

Oppure le potrete ammirare qui, lungo il muro di Via Ravecca, strada nella quale, nel 1292, venne costruita una fonte pubblica.

Via Ravecca

 

Narra sempre il Podestà che, le torri avevano ciascuna ed in senso verticale, due grandi aperture o finestroni ad archi a sest’acuto e con un contr’arco, ed una piccola porta a pian terreno.
Ai due lati, due scale.
Una volta allontanatasi la minaccia incombente del Barbarossa su Genova, poco a poco, la zona sotto le torri prese a popolarsi.
Vi erano lì delle botteghe, a partire dal 1576 vennero addirittura scavate nei pilastri, malgrado un decreto del 1508 ne avesse proibito la costruzione.
Il primo a prender casa proprio lì, entrando sotto le torri verso destra, fu un certo Battista Cavassa, che nel 1430 aveva lì la sua bottega di formaggiaio ed altri due locali, concessi in locazione.
Li cedette nel 1463 e furono destinati ad altro: uno fu data ai Padri del Comune, le altre due ai Conservatori del Porto e del Molo, che avevano il compito di occuparsi dell’Acquedotto.
E altre ne sorsero negli anni a venire: la bottega del merciaio Gambaro e là, ai piedi del pilastro a sinistra uscendo, si trovava la fruttivendola Pellegrina Bergante.
E numerose sono le richieste di scavare, nel muro delle torre, per ampliare le botteghe: il più pervicace è un certo Merello che si invischia, per anni, in una lunga contesa con le autorità, sulle quali, alla fine, l’avrà vinta.
Nel 1600 i Padri del Comune diedero in affitto per quattro lire di Genova le due torri e l’arco della porta al merciaio Tommaso Senno il quale, in cambio, si impegnò a coprire a proprie spese le due torri e l’arco e a tenere al riparo dall’umidità le due botteghe sottostanti.
Io sono stata su quelle Torri, in diverse occasioni e la prima volta che ci sono salita l’ho fatto con passo svelto ma quando sono giunta a metà della scala sono stata colta da crampi e non sapevo più come scendere.
Come sono alti quei gradini!
Il Senno e tutti coloro che dopo di lui abitarono nelle torri erano dotati di ben altra tempra, non c’è che dire!
E furono molti a vivere nelle torri.
Nel 1749 le aveva in locazione un certo Ippolito D’Oria che sullocato l’edificio a donne di cattiva vita ricevette l’ordine di espellerle immantinente, e fu dichiarato decaduto dalla locazione.
Che avventure sotto la nostra Porta Soprana!
Lasciamolo raccontare al Podestà, quanto brulicava di vita e di traffico questa zona:

Lo spazio non bastava al continuo transito di persone, di lettighe, di cavalcature e di bestie da soma cariche, veniva reso anche più angusto e inadeguato dai non pochi rivenditori che vi prendevano posto ponendovi banchi, ceste e tegghie.
Di là i ripetuti proclami che già si hanno per secolo XVI proibenti il vendere nelle adiacenze della porta la verdura, le frutte, i pesci, il mazzamorro, il biscotto, le paste, le scripilite, le torte, la garlascaria, i castagnacci,e più altre cose mangerecce.”

E se siete curiosi di sapere cosa fosse vietato,  sappiate che il mazzamorro è il biscotto sbriciolato, la scripilita è la nostra ottima farinata di ceci e la garlascaria è il polpettone di verdure.
In tempi più recenti, nella torre di Porta Soprana visse il boia.
Qui era la ghigliottina e perdurò fino al 1797 l’usanza di appendere nell’arco della Porta, racchiuse in gabbie di ferro, le teste di coloro che erano stati giustiziati.
Qui visse e lavorò un personaggio di una certa fama, Luis Victor Samson, figlio del boia  che a Parigi aveva fatto cadere la lama delle ghigliottina sul collo di Luigi XVI e su quello della Regina Maria Antonietta.
E’ avvenuto tutto qui, in questi pochi metri: la vita ed è la morte, la pace e la guerra.
Cavalieri e bottegai, nobili e popolani, fanciulle devote e donne di malaffare, rivoluzionari e giustizieri, tutti sono passati sotto queste torri che ancora oggi, magnifiche ed imponenti, svettano contro il cielo di Genova.

Le torri di Porta Soprana

41 pensieri riguardo “I segreti di Porta Soprana

  1. Ma dai! Ma che bello! Tu sei portata a raccontare la storia, riesci ad affascinare anche me che solitamente tendevo a scartarla come materia. E’ bellissimo. Mi sembra di esserci io in quel periodo e di fare quello che hanno fatto queste persone! Sei proprio brava!

  2. Un post ricco e affascinante… sono rimasta sconvolta leggendo della casa di Paganini… quale scempio… Mi piacerebbe visitare Geneva, sono anni che me lo riprometto, e prima o poi lo dovrò proprio fare 🙂

    Ti aspetto da me per un po’ di sano shopping allora 🙂
    Felice settimana carissima
    Argante

  3. Ah, ma vogliamo sapere come sei scesa dalla torre.
    La storia del boia invece mi ha fatto venire in mente il ponte degli Squartai a Venezia, dove si appendevano i quarti dei condannati a morte macellati, come monito. Che immagini rassicuranti!

    1. Chagall, scendere è stato un delirio…anche perché ero da sola, e il custode era lontanissimo. Giuro che per un attimo ho pensato: ora finisce che rimango qui dentro e nessuno se ne accorge!
      Il ponte degli squartati è abbastanza inquietante, non ne sapevo nulla, certo che, tra veneziani e genovesi, eravamo dei buontemponi, eh! Potresti approfondire l’argomento e farci un bel post…mi sa che ne sai parecchio di Venezia 😉

  4. Quello che hanno fatto certe istituzioni alle nostre città meriterebbero la ghigliottina: Fontane, lavatoi, torri cancellate con un colpo di spugna. A casa ho delle foto a ricordo di quello che era e ogni volta i miei genitori se le ritrovano fra le mani mi raccontano storie, aneddoti, di persone che ormai non ci sono più e lo raccontano con un guizzo negli occhi che sa di nostalgia e rassegnazione. (Certo che i miei genitori non sono così vecchi come il periodo da te descritto eh:)

  5. Io lassù non ci salgo neppure per lo stipendio di Burlando e della Vincenzi insieme! Ho le vertigini e me le conservo con cura. Sono le mie e le ho sfidate solo a Gardalalnd e Mirabilandia, con esiti incerti. Ah… dimenticavo quando sono salita sul duomo di Milano e mi tremavano le gambe. Dopo tutto ciò ho signorilmente declinato l’invito a salire sulla torre di Pisa, irritando non poco il mio giovane accompagnatore che avrebbe gradito il brivido della salita, ma senza un maggiorenne nisba….

    1. P.S. Tutta la mia solidarietà al giovane virgulto che si è perso Pisa dall’alto…anche io patisco le vertigini, però non l’altezza, soffro se ci sono le grate, mi tremano proprio le ginocchia 😦

  6. Splendido racconto e meravigliose immagini, cara Miss, e concluderei così: la cosa più bella è che sotto queste torri ci sono passata infinite volte anch’io… 😉 ❤

  7. Caspita veramente complimenti !! Interessantissimo
    Una curiosita’ ma la ghigliottina ritrovata nelle torri che fine ha fatto?
    E’ esposta da qualche parte??
    Grazie

  8. Legendo dello scempio ho quasi provato un dolore fisico!
    Grazie per l’emozione che mi hai dato leggendo quanto hai
    scritto. Bruno

  9. Miss, se quelle splendide torri di pietra chiara, potessero parlare, ti direbbero un commosso grazie, per l’amore, la passione e l’impegno con cui le hai raccontate…

  10. Grazie per il tuo mirabile lavoro. Sono una studentessa di restauro e sto studiando la figura di Alfredo d’Andrade nell’ambito del corso di storia del restauro e ho trovato il tuo blog nei riferimenti di Wikipedia riguardanti Porta Soprana. Mi è stato molto utile e mi ha permesso di realizzare un vero e proprio viaggio nel passato.

      1. Avevo messo “salire su Porta Soprana” nell’elenco di cose da fare, ma dopo quello che avete detto… 😅 Comunque mi piacerebbe tantissimo fare con te quella passeggiata sulle mura del Barbarossa che ci hai raccontato in quel post, Miss!

  11. Fino ad oggi mi era sfuggito! Lei può immaginare l’emozione e la gioia di un genovese che vive lontano da Genova? Bellissimo!

  12. Miss Fletcher è sempre un piacere leggerti,hai uno stile e una delicatezza encomiabili,ci fai tornare indietro nel tempo come pochi sono capaci di fare.Sei davvero unica,grazie di cuore!

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