Borgo Lanaiuoli, sulle poltrone del Teatro Apollo

Un teatro in una strada che non esiste più, Borgo Lanaiuoli, un tempo situata nella zona di Piazza Dante.
Strade perdute, come quella Via Madre di Dio della quale vi ho parlato qui.
Emergono dal passato luoghi che non conosco, non li ho mai veduti, non potrei ricordarli.
E dall’annuario genovese del Fratelli Pagano del 1926 traggo alcune notizie sul celebre Teatro Apollo.
Venite con me, vi porto a Teatro.
L’Apollo venne inaugurato il 18 Dicembre del 1853, negli anni del nostro fulgido Risorgimento e sorse sulle fondamenta di un antico Oratorio.
Eccola la pianta del Teatro, con i suoi palchi e la platea.

Teatro Apollo

Il giorno dell’inaugurazione il pubblico genovese poté assistere a un concerto messo in scena da un’Accademia Vocale e Strumentale.
La prima compagnia che si esibì in questo teatro fu la Drammatica Compagnia Asti & Trivelli, che andò in scena la sera del 25 Dicembre.
E posso immaginare l’entusiasmo degli spettatori!
Sapete chi suonò tra un intervallo e l’altro? Niente meno che il celebre violinista Camillo Sivori, amatissimo allievo di Niccolò Paganini.
Un teatro di pregio, che riscosse grande successo di pubblico, nella quaresima del 1854 vi si tennero ben trenta differenti rappresentazioni, sia drammatiche che liriche.
E a quanto leggo, nel periodo di Carnevale, erano apprezzati i Veglioni elegantissimi, convegno della buona società, come è riportatato testualmente sul mio annuario.
Recitarono in questo teatro molti famosi attori, come alcuni allievi di  Gustavo Modena quali Ernesto Rossi e Tommaso Salvini, che aderì senza riserve agli ideali del Risorgimento.
Sulla scena del teatro Apollo recitò anche Fanny Sadowsky, nota attrice anch’essa della compagnia di Gustavo Modena.
Il fior fiore del teatro venne all’Apollo, in Borgo Lanaiuoli!
E sapete, ciò che mi ha più incuriosito è stato leggere che questo teatro fu spesso palcoscenico per riunioni patriottiche, caspita!
Così, spulciando tra i miei altri libri, ho fatto una scoperta davvero interessante.
Proprio di fronte all’Apollo c’era la bottega di un ciabattino, un certo Ghersi, appassionato mazziniano che teneva riunioni clandestine nel retrobottega del suo negozio.
Costui fece una brutta fine,:anni dopo,  mentre tentava di far sparire alcune bombe Orsini che erano nascoste in una cantina di Vico del Filo, le maneggiò maldestramente e morì saltando per aria.
IL ciabattino andava alle riunioni patriottiche che si tenevano all’Apollo, io ne sono più che certa!
Un teatro che ebbe ancora una lunga storia, divenne di proprietà di un certo Gerolamo Badano che vi istituì una Scuola di Recitazione diretta da Santina Scotti.
Grandi compagnie di prosa vennero all’Apollo, qui si veniva ad assistere all’operetta e al varietà, a spettacoli messi in scena da compagnie italiane e dialettali.
Nel 1913 la gestione passò alll’impresario Carlo Amore e questi dotò la sala di svariate comodità, con sfarzo di illuminazione, così come si legge sull’Annuario.
Agli inizi del secolo scorso, tuttavia, il teatro mutò il suo stile, secondo quanto ci racconta Michelangelo Dolcino, uno degli autori più esperti delle vicende della Superba.
Dolcino narra che parte del pubblico era particolarmente indisciplinata, per non dir di peggio.
Costoro sedevano nel loggione Paradiso ed era comune usanza lanciar per aria bucce d’arancia e gusci di pistacci.
E anche parlare e questionare a voce alta, consumando frizzanti gazzose e dolcetti di vario genere.
Insomma, un vero bailamme!
La direzione del teatro fu costretta, suo malgrado, ad esporre cartelli che invitavano gli spettatori ad evitare rumorosi turpiloqui e a togliersi i cappelli per permettere la visione degli spettacoli a coloro che sedevano nelle file posteriori.
Va detto che anche durante le rappresentazioni questo scalmanato pubblico se ne guardava bene dall’astenersi da certe abitudini e spesso capitava che gli attori che interpretavano la parte dei cattivi venissero bersagliati da torsoli di frutta.
Il glorioso teatro Apollo, palcoscenico di noti e stimati attori del suo tempo, rimase attivo sino al 1930 e venne quindi demolito nel 1935, abbattuto insieme alle case di Borgo Lanaiuoli e queste come altre, seppur perdute, restano comunque nei nostri cuori.

Piazza Ponticello

Piazza Ponticello
Cartolina appartenente alla Collezione di Eugenio Terzo

18 pensieri su “Borgo Lanaiuoli, sulle poltrone del Teatro Apollo

  1. Non ce n’è, il teatro un tempo era molto partecipativo 😉 che bella descrizione la tua e le piantine dei teatri mi hanno sempre fatto impazzire, ti ricordi l’era pre internet quando si prenotava allo sportello e l’addetto segnava con le croci a matita colorata i posti prescelti? Che bello! Buona giornata 🙂

  2. E quell’odore tipico che si avverte entrando in teatro? Sa di velluto rosso e di stucchi dorati…un’atmosfera magica davvero, un mondo a sè.
    Scusa il paragone quasi blasfemo ma… ho la sensazione di entrare in un luogo mistico,di culto,ogni volta che accade!
    Un baciotto cara Miss
    Susanna

    • Non vicino, in quella parte della città.
      Dalla piazza che vedi nella cartolina – Piazza Ponticello – partivano diverse strade.
      Da una parte Via Rivo Torbido e Via Porta d’Archi che conducevano a Via XX Settembre.
      Dall’altra Via Fieschi, Borgo Lanaiuoli, Vico Dritto di Ponticello e e Vico Nuovo di Ponticello.
      Se vai a rivedere il post su via Madre di Dio che ho linkato all’inizio di questo articolo troverai la cartina della zona che avevo pubblicato e credo che ti sarà tutto chiaro.
      Baci, grazie Vale!

  3. Hai fatto bene a parlare del nostro glorioso teatro Apollo, fù un colpo micidiale la sua demolizione, ma questo è il destino della nostra città, che tra l’otto e il novecento ha subito demolizioni devastanti.
    Nella rivista ” A compagna” del 1935, narra un episodio in occasione del “Trovatore” un signore dal loggione apostrofò una comparsa suggerendogli di pagare i debiti, lo stesso che era già stato richiamato diverse volte durante lo spettacolo, alzò il capo nel bel mezzo della rappresentazione e gridò all’anonimo accusatore: ” Tho conosciuò se, Caracalla, va là che se vedemo de fèua!…. ” Ma non riuscì a terminare il suo dire dato un certo rumoraccio, che i genovesi chiamano ” gnaera” , coprì addirittura la musica che immediatamente, per ristabilire gli equilibri, il maestro fece alzare di tono.
    Pensa che spasso esserci stati, c’era da morire dal ridere.
    Questo teatro fù il primo tra i locali pubblici ad inaugurare l’impianto elettrico nel 1890.
    Saluti Eugenio

    • Caro Eugenio, come sempre il tuo commento è un perla! Come spesso mi capita quando tratto argomenti genovesi mentre scrivevo pensavo: ci scommetto che Eugenio conoscerà qualche mirabile e indimenticabile episodio, speriamo che lo scriva.
      Ed eccoti qua, che spasso davvero e che risate! Io ho riso da sola solo per la tua descrizione, una scenetta strepitosa 🙂
      Grazie dei tuoi splendidi contributi, oltre alle cartoline che così gentilemente mi presti le tue parole sono sempre un valore aggiunto per il mio blog.
      Un abbraccio!

  4. Cara Miss, oggi sono riuscita ad accedere al pc di mia mamma, in quanto il mio è ricoverato in qualche reparto nell’ospedale della tecnologia. Ebbene si. Ma sono venuta volentieri a leggerti appena ho potuto. Bellissimo questo post. Quella canzone “…vicu dritu puntexellu…in cafè pe due palanche, in cichettu vinti citti…”, che tanto piace a mio papà. E insomma oggi vengo a scoprire che lì c’era un teatro. Che pillola di ricchezza storica Miss ci regali anche oggi! E che bella la piantina! Bravissima. Un abbraccio.

    • Uh, mi dispiace per il computer, spero che te lo rendano presto!
      Sì, laggiù c’era un teatro, c’è sempre qualcosa meritevole di essere scoperto nel nostro passato, credo che sia poco conosciuto anche tra i genovesi, sono contenta di averne parlato.
      Un bacetto e un abbraccio a te!

  5. In questo quartiere nacquero i miei bisnonni nella tarda metà dell’ottocento. La
    bisnonna la ricordo quando ero bambino, aveva più di novant’anni e viveva in casa di una delle sue quattro figlie: a lalla B. Dire che avesse fatto una vita di sacrifici suonerebbe quasi canzonatorio, la lingua genovese utilizza un termine:”giaminà”. Un gran giaminà per tirare su una caterva di figli e figlie
    uno dopo l’altro, letteralmente! Il genovese che parlavano tra di loro era una vera e propria lingua cittadina, non un gergo zeppo di italianismi come il dialetto odierno.
    Ho un oggetto suo, della mia bisnonna intendo, in passato ne avevamo molti
    ma con il passare degli anni non si perdono solo parenti, affetti e giovinezza…
    Ebben, è un vecchissimo schiaccianoci che la mia bisnonna aveva recampato chissà dove. Quando ho bisogno di ricordarmi da dove vengo, lo cerco in cucina e lo rimiro per un po’.

  6. Miss, questo è un bel post che a tratti fa sorridere, ma essendo l’Apollo, in Borgo Lanaiuoli, fa anche parecchio rattristare perchè il Teatro ha fatto la triste fine della strada… e poi, dai Lanaiuoli a Via dei Servi e Via Madre di Dio, il passo è stato breve… perciò è da brividi lo schiaccianoci di o martinpescou…

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