Brighella, il magnifico cagnetto del Serenissimo Doge

Le singolari stravaganze dei detentori del potere a volte passano alla storia e questa è la vicenda di un magnifico cagnetto di nome Brighella.
E non si potrebbe usare altro aggettivo per questo aristocratico quadrupede, lui era l’amico fidato di Cesare Cattaneo della Volta, per l’appunto Serenissimo Doge di Genova dal 1748 al 1750.
Narrano le cronache che il nostro era molto affezionato al suo cagnolino, Brighella era trattato con tutti i riguardi e Cesare se lo portava sempre con sé persino alle sedute del Minor Consiglio.

Palazzo Ducale

Ho già avuto occasione di accennare a questa curiosa storia che ha alcuni risvolti piuttosto particolari.
E insomma, Brighella era tenuto in gran considerazione e gli vennero tributati tutti gli onori.
Ricordate Steva De Franchi?
Sì, proprio lui, il patrizio e poeta dialettale autore della poesia che narra le avventure di Madama Cinciallegra.
Ebbene, il nostro Steva si cimentò anche in un pregiato componimento in rima dedicato al magnifico Brighella, ecco per voi un breve passaggio:

Perché reste ra memoria
De sto can degno d’istoria,
S’è composto uña cançon
Da cantâ sciù un chittaron

Perché resti la memoria
Di questo cane degno di storia
Si è composta una canzone
Da cantare su un chitarrone.

Versi immortali, eh!
E dunque, Brighella era membro indiscusso del jet set e i cronisti del tempo narrano che la presenza del magnifico cagnetto indusse gli altri senatori ad imitare il Doge, alle noiose riunioni politiche ognuno arrivava con il proprio cane.

Palazzo Ducale (2)
E i cani, seguendo la loro natura giocosa, abbaiavano, correvano e naturalmente amoreggiavano mettendo in scena spettacoli che non è difficile immaginare.
E insomma, diciamo che qualcuno non la prese tanto bene, possibile che tutte le riunioni dovessero avere per sottofondo una continua cagnara?
Come risolvere l’annosa questione?
Secondo l’usanza del tempo costui fece ricorso all’anonimo biglietto di calice che venne fatto cadere nell’apposita buca.

La cassetta

E insomma, su quel foglietto c’era scritto che era davvero intollerabile presenziare alle riunioni dei Magnifici ed essere continuamente interrotti da latrati, corse e guaiti, con il rischio di essere pure morsi.
Che i portieri se ne incarichino e li portino fuori, scrive l’anonimo.
E conclude considerando una raccapricciante alternativa e proponendo di spargere un certo intruglio velenoso in tutta la sala.
La notizia corse di bocca in bocca e, come comprenderete,  i Senatori  trasalirono per il terrore!
Chi era il vile e anonimo impostore che voleva avvelenare gli amati cagnolini?
Naturalmente non c’era modo di saperlo e nel dubbio che non fosse solo un’idea campata per aria i senatori corsero ai ripari e da quel giorno lasciarono i loro amici a quattro zampe nelle loro fastose dimore, ben lontani da tremende minacce.
E così alle riunioni del consiglio rimase un unico, solo cagnetto.
Un privilegiato, uno che a suo modo contava.
Gli toccò persino l’onore di accoccolarsi sul trono e naturalmente nessuno ebbe nulla da ridire.
Del resto lui era il magnifico Brighella, il cane del Serenissimo Doge.

Cane

Un altro genere di “trono”, a Boccadasse.
E tra il resto, di che razza sarà stato il nostro aristocratico cagnolino?

Madama Cinciallegra e gli schiamazzi di Piazza Ponticello

Conoscete Madama Cinciallegra?
E’ una genovese dalla parlantina sciolta e ci accompagnerà in un luogo di Genova perduta.
Mi sono imbattuta in lei per puro caso, ritrovandomi a leggere un componimento di Steva De Franchi, nobiluomo e poeta genovese vissuto nel ‘700, autore di rime scritte nel dialetto della Superba.
Ho condiviso questa mia scoperta con un caro amico che mi onora di leggere queste pagine, il suo nome è Pino e parla alla perfezione il genovese, ne è un vero maestro.
E da persona gentile e generosa si è offerto di tradurre per me questa poesia, Pino mi ha fatto uno splendido regalo del quale lo ringrazio di cuore.
E allora vi racconterò alla mia maniera questa poesia che offre un suggestivo spaccato di quotidianità genovese di un altro tempo, vi porterò là, nella piazza di Genova che non esiste più e che si trovava nella zona dell’attuale Piazza Dante.
Piazza di mercato e di popolo, piazza di gente semplice.

Piazza Ponticello (2)

Piazza Ponticello
Cartolina appartenente alla Collezione di Eugenio Terzo

E c’è anche Madama Cinciallegra che si confida con un’amica e narra cosa le tocchi sopportare ogni giorno, questi sono gli schiamazzi che sente Madama Cinciallegra sulla Piazza di Ponticello, ovvero Ri sciaratti che sente Madonna Parissoeua Sciu’ra Ciaçça de Pontexello, questo è il titolo della poesia.
Dunque, dovete sapere che la nostra Madama abita solo da qualche mese in Ponticello, prima stava alla Marina poi ha bisticciato con una vicina di casa e ha pensato bene di traslocare.
Non lo avesse mai fatto, si è andata a cacciare in un bel guaio!
E infatti si lamenta:

Figgia caa! nè dì, nè noeutte
chi no se peu ciù quietâ!

Figlia cara! né di giorno né di notte
qui non si può più quietare!

Di mattino presto ci si mette  quello del latte, a gran voce offre la sua bevanda che vende pura, rappresa, cotta o cruda.

Venditore di Latte

Venditore di latte
Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

E poi si levano i profumi, gli odori e i rumori dei forni, le voci tonanti dei bottegai della piazza che chiamano i clienti.
Castagnacci, cioccolata e sfogliatelle, ce n’è per tutti i gusti!

Castagnaccio

Panificio Sebastiano

E guardate un po’, lo vedete quell’ometto curvo? E’ un zembetto, un gobbetto, fa il merciaio, anche lui ha roba interessante da offrire.
E uno sbraita che ha crusca da vendere, l’altro urla che sa riparare le sedie, se qualcuno ha bisogno si faccia avanti!
E intanto c’è quello che chiama lo spazzino, Piazza Ponticello è un vero bailamme!

Piazza Ponticello

Piazza Ponticello
Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

Serve dell’aglio? Naturalmente qui ne troverete in abbondanza:

Pe oeutto sodi çento teste
Chi voeu l’aggio, vendo reste
Chi voeu l’aggio da pestâ?

Per otto soldi cento teste
Chi vuole l’aglio, vendo reste
Chi vuole l’aglio da pestare?

Aresu (16)

Polleria Aresu

E la besagni-na, la verduraia, con quel suo tono da litania pare quasi cantare mentre enumera i doni della terra che colmano le sue ceste: lattughetta, radicchio fresco e cetrioli.
Ponticello è un caravanserraglio di gente, uno strepito di voci, urla e grida.
E c’è tutto, stringhe e fibbie, aghi, pettini e calamai, uno espone il gioco dell’oca e il lunario con il calendario dell’anno che verrà.
C’è legna da ardere nel fuoco scoppiettante, ci sono ricotte bianche e morbide, vengono da ogni parte a vendere in Ponticello, laggiù c’è un villico di Albaro, lo vedete?

Piazza Ponticello (3)

Piazza Ponticello
Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

E tutto questo per la disperazione di Madama Cinciallegra, povera donna!
Non riesce più a sopportare quello con il violino, più che suonare sembra che torturi le corde, non ha il minimo talento!
Un ambaradan che non finisce mai, c’è un tipo nero nero, è lo spazzacamino e se non è lui a far confusione ci si mettono il falegname, lo scalpellino e il calderaio.
Per non dir dello speziale, batte con il pestello e fa tremare le finestre mentre un altro grida: formaggi, aringhe e baccalà!

Pesce

Mercato Orientale

E piano piano il giorno sta per terminare, forse adesso Madama Cinciallegra potrà starsene in santa pace?
Macché, sentite cosa dice:

Ve stimæ ch’a se finìa?
Pensate che sia finita?

Magari!
Passano i garzoni con asini carichi e muli, intanto il tavernaio urla a gran voce: la torta calda è pronta!
E certe donne invece vendono il sedano per l’insalata, e quando la povera Madama pensa di poter finalmente riposare le orecchie salta su quella che grida che ha le panisse belle pronte e fumanti!

I fritti

Friscieu,  panissa e latte brusco – Ristorante il Genovese

E il peggio deve ancora venire, con il buio dal fondaco viene un can can che non vi dico!
Gente che gioca alla morra per ingannare il tempo!
E poi:

 Spie, camalli e pellendoin
Che se dan pugni e pattoin

Spie, camalli e pelandroni
Che si danno pugni e schiaffoni.

E gli innamorati? Ah, violino, canti e chitarre, povera Madama Cincialliegra!
Quando la musica finisce  ecco che si ricomincia con ben altro, ahimè!
E attacca il fornaio e poi è il turno del pastaio, tutta queste persone fanno un rumore del diavolo e la nostra Madama non ne può davvero più!
E sapete cosa ha deciso?
Se ne andrà a stare al Castellaccio, sulle alture di Genova, ben lontana dai frastuoni di Piazza Ponticello.
E così terminano le disavventure di Madama Cinciallegra.
Io ho dei ringraziamenti da fare e sono rivolti a dei veri amici.
Grazie a Pino per la sua preziosa traduzione, senza di lui non credo che avrei compreso ogni parola di questa poesia.
Grazie a Eugenio Terzo e Stefano Finauri, come sempre le loro collezioni di cartoline mi permettono di vedere Genova scomparsa, è un regalo grande questo.
E infine ancora grazie all’illustre  Steva De Franchi, desidero includere anche lui tra i miei amici, lui che con le sue parole ha saputo farmi ascoltare gli schiamazzi di Piazza Ponticello.

Piazza Ponticello (4)

Piazza Ponticello
Cartolina appartenente alla Collezione di Eugenio Terzo