Di mattina, in Via Luccoli.
Prima che aprano tutti i negozi e prima che la strada si affolli.
Scendendo giù, verso Soziglia.
Semplicemente camminando, seguendo la curva, cercando le prospettive della città.
Tra le case alte di Genova che abbracciano e proteggono, in questa bellissima quiete.
Di mattina, in Via Luccoli.
Passeggiando in Corso Italia
E si ritorna a camminare nel passato e davanti al nostro blu di Genova in Corso Italia.
C’è grande fermento sul lungomare dei genovesi, i più pigri prendono posto sulle belle panchine e la brezza salmastra accarezza i volti e i fiori sbocciati nelle aiuole.
E pare esserci un piccolo chiosco, forse qui ci si ferma a prendere una bibita o magari un buon gelato.
E si attraversa la strada con una certa cautela, qualcuno poi è arrivato in Corso Italia a bordo di un rombante mezzo.
È un tempo diverso, ma allora come adesso il mare è blu intenso e profondo e l’orizzonte sa essere un sogno.
Ed è una giornata tranquilla, si cammina, si discorre amabilmente e magari si arriva fino a Boccadasse.
Verranno poi i giorni della spiaggia, verranno altre stagioni con altri smaglianti colori.
Così fluisce il tempo, muta a diverse velocità.
Giorno dopo giorno, passeggiando in Corso Italia.
Monumento Pinoli: come colomba
È una dolce fanciulla a custodire il sepolcro della famiglia Pinoli e a scolpirla fu il valente Federico Bringiotti che negli anni ‘30 lasciò ampia testimonianza del suo talento in diverse sculture presenti nel nostro Camposanto.
La fanciulla che qui vedete posò poi anche per altri monumenti, con la sua grazia così si staglia mentre alle spalle di lei si nota un simbolico volo di colombe.
Eterea e gentile, così si erge nella seconda galleria frontale a ponente del Cimitero Monumentale di Staglieno.
Ai piedi di lei sono incise parole latine tratte da un Salmo della Bibbia e il loro significato è il seguente:
Chi mi darà le penne affinché io come colomba voli e trovi riposo?
Lieve e leggera è la fanciulla e i suoi piedi paiono appena sfiorare il suolo.
Tra fiori in sboccianti e colombe, candore e purezza.
Le dita sottili, i gesti, il viso dai tratti perfetti.
E la leggiadra bellezza della fanciulla che così veglia sul sonno eterno della famiglia Pinoli.
Una dolce mammina
È una giovane donna, tre volte madre per quanto riusciamo ad intuire dalla fotografia in cui lei è ritratta con la sua prole in erba.
È una giovane donna e mi colpisce per la sua disarmante sobrietà: è limpida, semplice, di certo non si risparmia e si prende cura della sua famiglia con amorevole impegno.
E si è così messa in posa davanti a Erminio Zanollo nello studio di Via Fieschi e il bravo fotografo ha posato il suo sguardo su di lei e sui suoi affetti più cari.
La bambina di mezzo se ne sta composta sulla seggiolina con le manine appoggiate sui braccioli, ha i ricciolini un po’ ribelli, gli occhi grandi e l’espressione intimidita.
Sorelle, sorelle con lo stesso abitino fatto con la stessa stoffa.
La maggiore pare essere un po’ più contenta di questo gioco di fare la fotografia e se ne sta lì in piedi, accanto alla mamma, con la riga da una parte e un sorrisino tenero.
E con gli stivaletti con i bottoncini, è stata vestita con amorosa attenzione.
E poi ecco una cuffietta vezzosa e il candido sangallo e questo stupore ingenuo mentre le mani della mamma proteggono e tengono al sicuro.
Così è giunta a noi questa fotografia che conservo accanto ad altre.
È l’immagine della pazienza e della cura, dell’affetto e della dedizione, è il ricordo di lei: una dolce mammina.
Un bacio nei caruggi
E poi un bacio.
Un bacio nei caruggi, davanti a Palazzo Giustiniani.
Un bacio bianco e rosso, un bacio appassionato, gioioso e colorato.
Un bacio di benvenuto o forse di addio.
Un bacio, un’edicola sul muro, le finestre chiuse.
Un bacio, una carezza sulla guancia, un sospiro dolce.
Semplicemente un bacio nei caruggi.
Chiesa dei Santi Vittore e Carlo: la Cappella della Madonna del Carmine
È una delle cappelle della ricca Chiesa genovese dedicata ai Santi Vittore e Carlo in Via Balbi.
Marmi preziosi e sculture raffinate compongono questo luogo di devozione e bellezza, ai lati della statua della Madonna ci sono due tele di Orazio De Ferrari provenienti dall’antica e scomparsa Chiesa di San Vittore.
La Cappella della Madonna del Carmine ospita al centro una magnifica scultura opera di Filippo Parodi e risalente al 1678.
E la figura di Maria ha questa grazia eterea e questa leggiadria.
Qui dove vi sovrasta questo armonioso candore.
Maria ha l’ovale perfetto, il viso amorevole, lei ha le dita affusolate e stringe a sé con dolce sicurezza il suo piccolo Gesù.
La Cappella, nel suo insieme, è grandiosa e maestosa.
E si devono sempre allo scalpello di Filippo Parodi le quattro statue che adornano ulteriormente l’arco di coronamento dell’altare.
Sulla destra è collocata la statua di San Giovanni della Croce.
Sulla sinistra, invece, c’è la splendida Santa Teresa e di lei mi hanno colpita la gestualità e la bellezza del volto, il suoi manto e i suoi drappeggi paiono poi stoffa impalpabile.
Al centro sono infine posti due angeli che reggono un cartiglio con la scritta latina: Ecce signum salutis che significa Ecco il segno della salvezza.
Luminosa e così radiosa nella sua santità, la giovane Maria risplende di grazia e beltà.
Così materna e rasserenante trattiene a sé il suo piccolino che pare dimostrare la spontanea vivacità di tutti i bambini.
E così si ammira la raffinata opera di Filippo Parodi nella Chiesa dei Santi Vittore e Carlo in Via Balbi.
La seggiolina con le frange del fotografo Giulio Rossi
La seggiolina con le frange e la seduta di velluto era uno degli arredi del fotografo Giulio Rossi, ho imparato nel tempo ad osservare con attenzione i dettagli e a ritrovare oggetti e mobili presenti in diversi ritratti del medesimo fotografo.
Come già ebbi modo di scrivere in passato, gli accessori e i complementi di arredo passavano poi da un fotografo all’altro e questa consuetudine è ben descritta e documentata nel prezioso volume Vivere di immagini curato dagli studiosi Elisabetta Papone e Sergio Rebora.
Il fotografo Giulio Rossi, dunque, teneva nel suo studio questa seggiolina che era chiaramente destinata ai più piccini, mi sono domandata tra me e me se la scelta dello scenario fosse una questione complicata o se i genitori si affidassero fiduciosi all’intuito del fotografo.
Sulla seggiolina si stava così, con piedini incrociati e un cappellino in testa.
E con questo sorriso inaspettato e una sorta di incertezza, mentre la manina si aggrappa allo schienale.
In un giorno diverso, nel fluire del tempo, sulla seggiolina con le frange trovò posto anche una dolce bambinetta con l’abitino leggero, le calze scure e gli stivaletti.
E con questo visetto da bambolina di porcellana, gli occhi grandi e celesti e gli orecchini piccini e luccicanti.
Quante persone passarono nello studio di questo fotografo!
Famiglie intere, giovani madri con la prole al seguito, compiti gentiluomini e seri militari in divisa, Giulio Rossi vide tutta questa Genova e lasciò traccia di quel popolo e di quella città nelle sue belle fotografie che sono la testimonianza vera di un’epoca.
Alla seggiolina con le frange si appoggiò anche un piccolo marinaretto, è un soldo di cacio di pochi anni ma pare avere una compita consapevolezza dell’importanza del momento.
E così a noi è giunto il suo visino dai tratti regolari e raffinati.
Queste fotografie, come sempre, fanno parte della mia piccola raccolta.
A metterle vicine ho immaginato un vivace andirivieni di bambini diligenti e forse annoiati condotti dai genitori nello studio di Giulio Rossi per essere ritratti nel tempo della loro infanzia.
Ci giunsero anche loro due con gli abitini con i pizzi e i fiocchi, la sorellina grande tiene un ombrellino in una mano.
Si misero in posa e una rimase in piede mentre l’altra si accomodò sulla seggiolina con le frange.
Con le loro speranze segrete e gli occhi innocenti spalancati sul futuro.
Nello Studio di Giulio Rossi, con tutta la vita davanti.
San Michele Arcangelo: la grazia trionfante
È una bella e antica statua e la si ammira percorrendo una creuza del mio quartiere, la nostra Salita San Nicolò.
La statua è compresa negli spazi di un’associazione polisportiva e così si staglia la fiera figura di San Michele Arcangelo nella sua trionfante leggiadria.
Ha le ali grandi e saldo stringe la spada, il suo sguardo non conosce timore.
Così resta, ritto e regale, in questa suggestiva rappresentazione.
E vittorioso così trionfa sul male.
San Michele Arcangelo è il patrono di diverse città e nazioni, è patrono anche del popolo ebraico e della Chiesa Cattolica: il 29 Settembre si celebra la festività dei tre Santi Arcangeli ma anche il giorno 8 Maggio è una data significativa per San Michele Arcangelo.
A Genova, nella nostra Salita San Nicolò, egli è così ritratto in questa fontana così evocativa di lontani e sontuosi fasti.
E si svela nella sua fermezza e nella perfezione dei suoi tratti fanciulleschi.
Glorioso e magnifico questo è San Michele Arcangelo nella sua grazia trionfante.
Mediterraneo
Blu di Genova, Mediterraneo.
Vibrante, intenso, così acceso, semplicemente il mare di Corso Italia.
Mentre una vela rossa e temeraria prende il largo e sospinta da favorevole brezza si allontana dalla costa.
Blu mediterraneo e l’onda bianca increspata come prezioso merletto che fragile si posa sui sassi.
Acqua chiara, trasparente, limpida, inquieta e appena sfiorata dalla brezza leggera.
Blu della Superba.
E appena qualche nuvola lieve e primaverile all’orizzonte.
E uno splendore smagliante, in questo chiarore radioso.
Blu di Genova, luce e Mediterraneo.
Aglaja – Una rinascita
“Il bianco del grande battello contrastava nettamente col verde cupo del Nilo, un colore unico al mondo, da millenni portatore di vita e di morte. Ecco, pensava Aglaja, questo è il Nilo, una striscia scura che corre da sempre in mezzo ai colori caldi e forti dell’Egitto.”
Il viaggio che sta iniziare a bordo del Karnak II è quello che compirà la protagonista del romanzo dal titolo “Aglaja – Una rinascita” di E. M. Mikalis nom de plume di una scrittrice brillante e arguta, amante della storia, della filosofia e dell’arte in ogni sua forma.
Queste sue passioni animano anche lo spirito della giovane donna protagonista del suo libro: Aglaja è di Sidney, è una redattrice di successo di una rivista di viaggi e si trova in Egitto per lavoro.
Ad accompagnarla sono due colleghe con le quali Aglaja vivrà alcuni notevoli contrasti, il suo carattere del resto non le consente compromessi, Aglaja e una donna forte e determinata.
Ed è esile e sensuale, poliedrica, testarda e battagliera ma anche molto tormentata e in lotta con le sue fragilità, l’animo di lei non conosce pace.
Il suo viaggio, poi, è anche la metafora di un viaggio più profondo ed intimo alla scoperta di se stessa nel quale lei si svelerà come “una viandante intrepida”.
In questa sua avventura il destino pone Aglaja in una situazione imprevista: ritroverà Frederick, un suo antico amore con il quale i conti non sono per niente chiusi.
Va detto che alla nostra giovane protagonista non mancano certo gli spasimanti: Aglaja è una che lascia il segno ma Frederick ha lasciato una traccia profonda dentro di lei.
E le vite dei due, fatalmente, si intrecciano ancora.
Dal misterioso Egitto alla scintillante New York le ambientazioni del romanzo sono accattivanti e suggestive, delineate sempre in maniera onesta e credibile.
La cornice restituisce poi un dipinto d’insieme e al centro di esso c’è sempre Aglaja e il suo gioco con il proprio destino.
Tra queste pagine non mancano le digressioni filosofiche e i caratteri dei diversi personaggi sono tratteggiati con sapienza e ben definiti, la scrittura della Mikalis è puntuale, efficace, fa subito centro e va dritta al cuore: come Aglaja, del resto.
Nella trama si intrecciano così vicende sentimentali e tormenti dell’anima più legati alla personalità che al trasporto amoroso e quando si crede che i protagonisti si siano avviati su un certo cammino ecco che l’autrice ribalta la situazione e finisce per sorprendere il lettore.
E così si svela una nuova Aglaja, con nuovi talenti, uno spirito ancor più combattivo e un orizzonte per nulla prevedibile.
È un romanzo godibile e dal ritmo sempre sostenuto, Aglaja sa essere una piacevole compagnia e se vorrete conoscerla e leggere la sua storia qui potete acquistare il volume.
Ognuno ha il proprio sguardo sul mondo, quello di Aglaja è certamente insolito e non lascia indifferenti.
“Se la Vita era un pendolo che oscillava tra noia e dolore, sosteneva Aglaja, allora bisognava cogliere ogni frutto possibile quando toccava la sua acme, quando era al culmine.”