Pietro e Teresa, nella buona e nella cattiva sorte

– Nella buona e nella cattiva sorte. Finché morte non vi separi.
Il prete pronunciò queste parole con una certa enfasi, Teresa emise un languido sospiro e voltò lo sguardo verso il suo Pietro.
La buona sorte lei l’aveva cercata con ferrea volontà, malgrado l’aspetto fragile era una giovane donna decisa e aveva saputo seguire soltanto i suoi sentimenti.

Teresa e Pietro

La vita. La buona sorte. Accanto a lui.
Per Teresa il padre aveva altri progetti, sperava che lei andasse in sposa al Dottor Luigi, un chirurgo di fama, discendente da una ricca dinastia di stimati dottori.
Teresina, la piccola di casa, si era impuntata: no, lei avrebbe sposato solo il suo Pietro.
Pietro che aveva gli occhi turchesi come le acque pure del mare, Pietro introverso e taciturno.
Un tipo dal carattere schivo, uno di poche parole, diventava improvvisamente loquace solo accanto a Teresina.

Teresa e Pietro (2)

Si conoscevano sin da bambini, la famiglia della giovane era originaria di Varigotti e là i due si erano incontrati.
Sulla spiaggia, davanti alle onde.
Una risata di bimbi, poi un sorriso da acerbi adolescenti, un affetto crescente.

Varigotti

E poi ritornare, a Genova.
In quella casa sospesa sui caruggi Teresina attendeva la stagione della villeggiatura.

Panni Stesi

La giovane donna aveva trovato in famiglia un’importante alleata: era la sorella di suo padre, la zia Amalia.
Lei non si era mai sposata, da ragazza aveva vissuto una passione ardente per quel Gaetano, un calabrese giunto a Genova da disertore, egli infatti aveva lasciato l’esercito delle Due Sicilie per unirsi alle file dei cospiratori mazziniani.
All’epoca la famiglia di lei aveva ostacolato quell’unione: quel giovane era una testa calda, le sue idee rivoluzionarie sarebbero state fonte di guai.
E così, tra le lacrime, Amalia aveva dovuto rinunciare ai suoi sogni ma non avrebbe mai permesso che la medesima sventura capitasse alla sua Teresina, zia Amalia aveva fatto la sua parte nel convincere il fratello ad acconsentire a quel matrimonio.

Teresa e Pietro (4)

Nella buona e nella cattiva sorte.
Del resto il giovane Pietro era un gran lavoratore: portava avanti con successo il negozio di famiglia, una bottega di nastri, ricami e velluti nella strada più elegante di Savona.
E il futuro accanto a Teresina sarebbe stato luminoso.
A pochi giorni dal matrimonio i due giovani sposi avevano voluto suggellare la raggiunta felicità, un lungo cammino li attendeva e il fotografo savonese avrebbe reso eterni i loro visi di giovani innamorati.

Fotografo

A quel tempo Teresina aveva già deciso che la loro prima figlia si sarebbe chiamata Amalia, proprio come la zia.
Ebbero poi otto bambini, non tutti riuscirono a diventare grandi: Elenina chiuse gli occhi tra i tremori di una febbre letale, il piccolo Bartolomeo non imparò mai a camminare.
La vita.
In salute e malattia.
Quel giorno, dal fotografo, l’emozione fu tanta.
Teresa indossava il suo abito blu, un vestito importante e prezioso, rifinito con raffinate decorazioni che cadevano anche sulle spalle.
E poi quel vezzo, la spilla d’oro della nonna a fermare il colletto.

Teresa e Pietro (5)

Il bracciale della mamma, un anello sottile, il ventaglio che Teresa portava sempre con sé.

Teresa e Pietro (6)

Accanto al suo Pietro, per sempre.

Teresa e Pietro 7)

Nella buona e nella cattiva sorte.
Ebbero gioie e dolori, il destino non fu sempre generoso con loro.
Vissero due guerre, il negozio di tessuti ebbe momenti bui, per un certo tempo le cose non andarono proprio per il verso giusto ma Pietro e Teresa seppero rimanere uniti e trovarono il modo di tenere viva la fragile fiammella della felicità.
Per sempre.
Nella buona e nella cattiva sorte.

Teresa e Pietro (3)

Il racconto che avete letto è un gioco della mia fantasia.
È una storia immaginata, non conosco i nomi di queste persone e non so nulla delle loro vite.
Ho acquistato questa fotografia un paio di giorni fa, insieme ad alcune altre.
Era in una scatola, in un negozio.
E ho pensato a quel giorno là, a Savona.
E ho pensato che una certa bellezza vada sempre salvata in qualche maniera, così questi giovani sposi sono diventati Pietro e Teresa.
Ovunque voi siate, per un breve istante siete tornati qui.
Resta ciò che sa andare al di là del tempo e che non possiamo conoscere, le parole sussurrate, le promesse, le mani che si uniscono, oltre la caducità delle nostre vite.
Per sempre.

Teresa e Pietro (8)

Di libri usati e di vecchie cassapanche

E poi ci sono i libri che alcuni non vogliono.
I libri compiono un percorso di vita, il destino li fa passare di mano in mano, a volte arrivano a te nelle maniere più impensate, li trovi sulle bancarelle o in quei negozi specializzati con gli scaffali fino al soffitto, quei posti dove gli amanti della lettura perdono facilmente la cognizione del tempo.
E tra il resto l’ordine è spesso casuale e arbitrario, va già bene che i testi siano suddivisi sommariamente per argomento, scordatevi un rigoroso ordine alfabetico tipico delle normali librerie.
I libri che trovate in posti così hanno un passato, alcuni di essi hanno una storia lontana.
Sono stati in una borsa dai manici d’avorio, in una valigetta di cuoio scuro, hanno viaggiato su un treno a vapore, sono stati illuminati da una lampada a gas o dalla luce flebile di una candela.
In certe notti scure sono stati posati su un comodino di ciliegio, sopra a un centrino di pizzo creato da mani abili e amorevoli.
E poi il centrino è finito sul fondo di una cassapanca insieme alle tovaglie lavorate a punto intaglio, alle lenzuola di lino della nonna e alla scatola di metallo dentro alla quale si conservano le fotografie della grande guerra, le immagini della zia che non si è mai sposata e quelle della prozia che aveva sette bambini tutti in scaletta.
Finisce tutto là dentro, nella cassapanca.
Il libro viene sistemato insieme a molti altri in una bella vetrinetta e resta lì, per molti anni.
Poi il tempo scorre e questa eredità di ricordi passa a qualcuno che non sa cosa farsene, a volte è una questione di spazio, non si può sempre conservare tutto.
E allora via, ci si libera della cassapanca, del centrino di pizzo e delle fotografie.
E a vedere sui banchi dei mercatini certi visi di ragazzi, di spose e di bimbe vorrei poter restituire ad ognuno di loro la propria storia, ci vorrebbero infiniti album con i fogli grandi di cartoncino e sotto ad ogni volto bisognerebbe poter scrivere un nome.
I sogni sono fatti anche così, di certi desideri impossibili.
E i libri?
I libri trovano una strada, una casa e un destino.
A volte tra le pagine ingiallite trovi un foglietto di carta oppure una traccia di matita a sottolineare certe parole.
E magari non le avresti notate con tanto interesse se non ti avesse passato il testimone il proprietario del libro e della matita.
La scorsa settimana sono capitata in uno di quei negozi.
Il libraio se ne stava seduto al computer, tra cataste di volumi di ogni tipo.
Io, da sola, in quattro stanze piene di libri.
Un’ora, forse anche di più.
Quei libri che quando li apri non sono perfettamente dritti, hanno le pagine un po’ deformate dall’umidità.
E quelli che invece sono rifasciati nella carta trasparente.
Sulla prima pagina una data e una firma.
Un timbro, a volte.
Una dedica.
Una cartolina inavvertitamente dimenticata.
Una violetta del pensiero pressata tra le pagine e tra migliaia parole.
E i testi di cucina forse profumano di  prezzemolo e rosmarino?
Avevo anche le mani un po’ impolverate, certi libri così imperfetti e vissuti lasciano una traccia.
E poi tra le mie mani è arrivato un amico insperato, un romanzo di Emile Zola che ancora mancava alla mia collezione.
E un epistolario, le lettere scritte da Niccolò Paganini.
E un altro libretto su un celebre genovese.
Da ultimo mi sono ritrovata a sfogliare un libro del 1914.
Ha la copertina rigida, qualche tavola illustrativa ed è in ottime condizioni, vi sono narrate alcune storie di Genova, l’autore è uno dei miei preferiti.
Lo guardo, scorro qualche riga, lo rimiro.
Lo poso.
Ho già tanti di quei libri, no, non lo prendo.
E poi lo apro ancora una volta e nella seconda pagina noto questa dicitura: della presente opera si sono tirati venticinque esemplari in carta reale a Mano della Cartiera P. Miliani di Fabriano numerati da 1 a 25 e firmati dall’editore.
Venticinque.
Quel libro, la copia numero 2,  è venuto a casa con me, era il suo destino.
Il libraio mi ha detto che il suo catalogo è disponibile sul web e nel salutarmi mi ha lasciato il suo biglietto da visita.
Non lo userò, no di certo.
Io voglio andare proprio lì, dove ci sono scaffali fino al soffitto e dove ho trovato un libro tirato in venticinque copie.