Genova, 1899: una scuola per fanciulle

Ritornando a camminare nel passato di Genova, conosciamo insieme una benemerita istituzione scolastica della quale ho trovato notizia nella mia Guida Pagano del 1899: vi porterò con me a scoprire i preziosi insegnamenti impartiti alla Scuola Civica Femminile Industriale Duchessa di Galliera.
Come i genovesi ben sanno, ancora esiste a Genova un Istituto Professionale Duchessa di Galliera nel quale si insegnano materie inerenti il settore industria e artigianato per il Made in Italy e che propone anche un liceo di scienze umane.
Come è normale che sia, la scuola è lo specchio dei tempi e quindi si evolve, cambia e si rinnova.
Attualmente inoltre questo istituto si trova in Corso Mentana, nel 1899 invece la sua sede era in Via San Bartolomeo degli Armeni, elegante traversa di Via Assarotti.

Ciò che lascia meravigliati è il programma scolastico che comprendeva un patrimonio di arti manuali ormai spesso perdute e mi pregio di elencarle di seguito per voi.
Dunque, in questo glorioso 1899 nella sezione disegno e industrie si insegnano appunto disegno e anche calligrafia artistica, cucito, sartoria, ricamo in bianco e a colori.
E c’è una maestra di pizzi, una di fiori artificiali e un’abile maestra crestaia che insegna alle ragazze a creare cuffie e cappelli.
La scuola comprende anche una sezione di studi dove si impartiscono invece lezioni di italiano, aritmetica, storia e geografia, inglese e francese.
Questa scuola volta ad esaltare le attività manuali e le inclinazioni artistiche era stata fondata dal pittore Tammar Luxoro nel 1871 e allora aveva la sua sede nell’ex convento di Via Santi Giacomo e Filippo.
Luxoro fu un quotato e stimato artista, molto attivo nella tutela dei monumenti cittadini e nell’ambiente culturale genovese, fu anche presidente dell’Accademia Ligustica di Belle Arti e proprio in una sala del Museo dell’Accademia troverete il busto che così lo ritrae nella sua austera severità, la scultura è opera di Augusto Rivalta.

Torniamo alla nostra bella scuola, con gli anni l’istituto ampliò il suo ventaglio di proposte formative e infatti se sfogliamo la Guida Pagano del 1902 scopriamo che alle materie precedentemente citate si aggiungono insegnamenti di meccanografia e stenografia.
E dalle pagine della Guida del 1926 emerge poi una scoperta per me straordinaria: nel segno del progresso e della modernità qui aveva una cattedra la professoressa Giulia Montaldo che era insegnante di fotografia, arte destinata a mutare il nostro modo di osservare il mondo e di raccontarlo.
Provate a immaginare le ragazze del 1926 a lezione di fotografia, per loro deve essere stata un’esperienza a dir poco magnifica.
Da quella scuola uscirono veloci stenografe, abili artigiane delle filigrana e dell’arte della calzatura, stiratrici e sarte, modiste e ricamatrici, custodi di arti apprese alla Scuola Civica Femminile Industriale Duchessa di Galliera.

Fili del negozio di passamanerie del mio bisnonno

Camminando nel passato di Caricamento

Tic tac, tic tac, è ripartita ancora la macchina del tempo e grazie ai dettagli di una mia bella cartolina ce ne andiamo nella Genova del passato e in uno dei suoi luoghi frementi di vita e di commerci.
Siamo in Piazza Caricamento che prende il suo nome dal caricamento delle merci che qui veniva effettuato a partire dalla metà dell’Ottocento.
C’è una sorta di chiosco e un continuo andirivieni di gente.

E poi carri, carretti, cavalli, una confusioni di voci e di suoni.

Ecco la figura di Raffaele Rubattino, armatore dei Mille, così raffigurato nella statua opera di Augusto Rivalta.
Come si noterà la solenne figura del Rubattino è rivolta verso ponente mentre ai giorni nostri egli guarda il mare.
E osserviamo bene la palazzata di Caricamento: sotto a certe finestre si scorge chiaramente un’insegna.

È quella del celebre Albergo del Raschianino o della Felicità, reso famoso da certi patrioti.

Infatti, come ancora ricorda una targa marmorea affissa sull’edificio, qui si trovarono i volontari della Spedizione dei Mille pronti ad imbarcarsi sul Piemonte e sul Lombardo al seguito del Generale Garibaldi.
Di quel loro soggiorno all’Hotel Raschianino ho già avuto modo di scrivere diverso tempo fa in questo post.

Proprio a fianco al Raschianino ecco un’altra vecchia gloria cittadina: è l’Hotel Smith con le sue camere con vista.

Continuiamo a passeggiare per Caricamento, qui è tutto un cigolio di ruote di carri e sono cataste di casse e di merci, c’è gran da fare da queste parti.
Ma cosa ci sarà là dietro?

Di sicuro c’è la bottega di un liquorista che di certo è molto frequentata, del resta è in una posizione decisamente strategica.

E tutto attorno la vita è frenetica e pare non fermarsi mai.

Ora, come già sappiamo, Raffaele Rubattino se ne sta là rivolto verso il mare e da qualche tempo lì intorno sono stati posizionati degli alberi che ancora devono crescere.

Guardando con occhi diversi, tuttavia, si può ancora vedere l’antica Caricamento e quel suo lontano passato.

Il Monumento a Giuseppe Mazzini a Chiavari

Sotto il cielo di Chiavari svetta la figura ieratica di uno dei genovesi più amati, il nostro caro Giuseppe Mazzini.
Forte era il legame del patriota con la località del levante ligure in quanto il padre di lui, il dottor Giacomo Mazzini, era proprio originario di Chiavari.
Nella piazza chiavarese dedicata a Mazzini ha così trovato posto anche la statua che ne restituisce l’immagine opera dello scultore Augusto Rivalta.
Rivalta era un prolifico artista al quale si devono diverse opere dedicate ad illustri italiani, ad esempio scolpì il monumento a Garibaldi sito nella nostra Piazza de Ferrari e quello sempre dedicato all’Eroe dei due mondi collocato a Sampierdarena, è ancora di Rivalta poi il monumento a Raffaele Rubattino che si erge a Caricamento.
L’opera nella quale egli ritrasse Giuseppe Mazzini venne commissionata nel 1872, anno della morte del patriota ma ci volle diverso tempo perché la statua vedesse la luce.
Come si legge nel volume Provincia Risorgimentale di Franco Ragazzi edito da De Ferrari, la scultura fu realizzata nel 1883 e fusa nel 1886.

Bisognerà aspettare ancora per la poterla ammirare, infatti l’amministrazione comunale “clericale” non vedeva di buon occhio la concessione di un terreno sul quale erigere il monumento.
Finalmente, nel 1888, l’amministrazione comunale concesse il permesso e in una luminosa mattina di maggio la statua venne così collocata nella piazza chiavarese.

È un monumento semplice ma a mio parere ben rappresenta lo spirito del personaggio e la sua forza dialettica e morale.
Ai piedi di lui si legge la scritta: a Giuseppe Mazzini i chiavaresi 1888.

Nella porte posteriore c’è poi una dedica degli emigrati a Buenos Aires che avevano dato il loro contributo alla realizzazione dell’opera.

Così Giuseppe Mazzini domina la bella piazza di Chiavari.

La mano al cielo, lo sguardo fiero, la potenza del pensiero e la forza eterna delle sue idee.

Il monumento a Giuseppe Garibaldi

La sua figura si staglia nelle piazze di molti luoghi della nazione che egli contribuì a costruire, elencare il numero dei monumenti a Giuseppe Garibaldi sarebbe impresa ardua.
Nel capoluogo ligure ve ne sono diversi, furono eretti in quelle zone di Genova che un tempo erano comuni autonomi, a Pegli e a Sampierdarena svettano le statue nelle quali si ritrovano i tratti dell’Eroe dei Due Mondi.
La statua più celebre, tuttavia, è il centralissimo monumento equestre sito in Largo Pertini nello spazio tra il Teatro Carlo Felice e l’Accademia delle Belle Arti realizzata nel 1893 prima che questa parte di Genova mutasse aspetto con la costruzione della centrale Via XX Settembre e i successivi ampliamenti di Piazza de Ferrari.

Così svetta l’eroe del Risorgimento, l’augusto condottiero delle Camicie Rosse, l’uomo lungimirante e idolatrato dalle folle, colui che con le sue gesta mutò il corso della nostra storia.
Giuseppe Garibaldi morì il 2 Giugno 1882 ma la sua figura restò nel cuore e negli sguardi di molti.
In questa Genova dalla cui rive egli partì a con i suoi giovani e ardimentosi combattenti alla volta di Marsala, si volle tributargli l’onore di un monumento equestre che fu realizzato dal valente scultore Augusto Rivalta.


L’artista fu autore inoltre di diversi monumenti funebri collocati a Staglieno come la tomba della famiglia Raggio e la tomba del patriota Francesco Bartolomeo Savi, a lui si devono anche il monumento a Raffaele Rubattino sito a Caricamento e le statue di Garibaldi e di Niccolò Barabino collocate a Sampierdarena.
Augusto Rivalta, oltre ad essere un talentuoso e prolifico scultore, era anche un ardente patriota e fu fieramente nella schiera dei Mille che seguirono il Generale Garibaldi.
Egli così conosceva bene quel piglio, quella fermezza, quel carattere che effigiò nel bronzeo monumento equestre al Generale.

L’opera fu inaugurata il 15 Ottobre 1893 alla presenza di una patriottica folla festante e di molte illustri autorità.
Così si osserva la fiera figura di Garibaldi nella prospettiva del colonnato del Teatro Carlo Felice.

Così egli si svela a noi nella sua magnifica imponenza di temerario condottiero.

Garibaldi siede in sella al suo destriero e colpisce la sapiente maestria di Rivalta nel forgiare il superbo cavallo nei suoi particolari: la criniera pare come smossa da lieve brezza e le redini sembrano quasi dondolare piano.

Luccica la spada sotto il sole della Superba.

E forse anche Agusto Rivalta avrà guardato il suo monumento nel bagliore di una luce che declina, mentre nell’azzurro scorrono perdendosi leggere certe effimere nuvole vaghe.
Il nome dell’eroe è scolpito nella pietra, immortalato nei libri di storia, ricordato in migliaia di strade, vie e piazze d’Italia.

A Giuseppe Garibaldi, all’Eroe dei due Mondi, ancora in sella al suo destriero sotto il cielo lucente di Genova.

A Francesco Bartolomeo Savi, apostolo della libertà

Poeta e professore di lettere, giornalista appassionato, ardente patriota e mazziniano: Francesco Bartolomeo Savi dedicò la sua vita intera alle cause nelle quali credeva e ai suoi ideali di libertà.
Figlio di uno straccivendolo, Savi aveva spirito caparbio e fiero, egli fu una delle figure più significative del nostro Risorgimento ed è a me molto caro, ho così già avuto modo di raccontare le vicende della sua vita tumultuosa in questo articolo risalente al lontano 2012.
L’eroico patriota lasciò le cose del mondo nel Marzo 1865, di salute malferma e tormentato da disillusioni di carattere politico, a soli 45 anni Savi si tolse la vita con un colpo di pistola.
La sua morte lasciò attoniti i suoi sodali e coloro che condividevano il suo pensiero, a narrare come venne edificato il suo cippo funebre è lo scrittore Ferdinando Resasco nel suo volume dal titolo La Necropoli di Staglieno risalente al 1892.
Resasco racconta di una sottoscrizione fatta dai componenti dei circoli democratici, con quel denaro fu commissionato un cippo e per realizzarlo si scelse lo scultore Augusto Rivalta che lasciò ai posteri una scultura di superba bellezza.
Nel candido marmo egli forgiò una figura alata dai tratti di giovinetto, a prima vista si potrebbe credere che sia semplicemente un angelo ma Resasco spiega ai suoi lettori che in quelle sembianze acerbe Rivalta volle ritrarre il genio alato della libertà.
Chino sul marmo il genio scrive l’anno della morte di Francesco Bartolomeo Savi.

Con questa grazia assoluta, come se tra lui e il patriota intercorresse un dialogo mai interrotto, una reciproca comprensione alimentata da fede e amore autentico.
E Savi amava con vero ardore il senso di giustizia e libertà, quella giovane figura così veglia sul suo eterno sonno.

Sul cippo appare anche il profilo bello e fiero del patriota così circondato da una corona di foglie di alloro.

Le parole scritte in memoria di Savi esaltano poi la sua personalità eroica e le sue azioni: lo si definisce apostolo del pensiero italiano, prode e valoroso soldato della schiera dei Mille, coraggioso combattente a Marsala.

Vibrante commozione si coglie poi in quello sguardo che tutto racchiude e conserva: una storia, una vita, una memoria lontana, le scelte di uomo che volle combattere per la libertà.

Libertà: sulla tomba di Savi è incisa anche questa parola a lui così cara.
Lui che era l’apostolo della libertà, lui che fermamente credeva nell’importanza delleducazione e dell’eguaglianza, coloro che vollero ricordarlo cercarono di fare in modo che il suo monumento funebre raccontasse in qualche maniera il suo pensiero e il suo credo.

L’ultima dimora di Francesco Bartolomeo Savi si trova nel Boschetto Irregolare del Cimitero Monumentale di Staglieno, tutto attorno ci sono le tombe e i monumenti funebri degli eroi, dei garibaldini e dei patrioti che si distinsero nel tempo del nostro Risorgimento.
Francesco Bartolomeo Savi riposa a breve distanza da Giuseppe Mazzini e come giustamente chiosa Resasco è quello il luogo dove egli deve restare.
Sotto gli occhi amorosi del genio della libertà, così vicini al suo cuore e al suo sentire.

Mi unisco anch’io alla schiera degli amici del patriota, anche a me lui è molto caro e quando a Genova mi ritrovo nei suoi luoghi il mio pensiero va sempre a lui.
A Staglieno poi ritorno sempre a salutarlo nel luogo dove egli per sempre riposa, custodito da una figura gentile a volte accarezzata da sole radioso e potente come certi moti dell’animo.
A un fiero figlio di Genova: a Francesco Bartolomeo Savi, apostolo della libertà.

Un patriota e una confetteria

Ritorniamo ancora a camminare insieme per la Superba: gli sguardi sul passato, cari amici, riservano sempre emozionanti sorprese.
E così oggi balziamo in un tempo distante in cui rifulge la stella gloriosa di un patriota noto come l’Eroe dei due mondi: il monumento equestre a lui dedicato si erge davanti al Teatro Carlo Felice nella prospettiva di Piazza De Ferrari.
Fieramente in sella al suo destriero il Generale Garibaldi sembra assorto nei suoi pensieri, pensate a quante generazioni di genovesi hanno alzato lo sguardo verso la sua figura così magistralmente rappresentata dallo scultore Augusto Rivalta.

E in questo tempo lontano della cartolina in bianco e nero ai piedi del monumento sono poste diverse corone come doveroso tributo per il nostro Garibaldi, i passanti si fermano a breve distanza e alcuni di loro alzano gli occhi ad ammirare il monumento.

Tic tac, tic tac, come scorrono gli anni!
Proviamo ad osservare meglio alcuni dettagli e il nostro viaggio nel tempo diverrà ancor più affascinante.
Forse ricorderete che tempo fa vi parlai di un certo Signor Ferro: lui aveva appreso la complessa e raffinata arte della confetteria da Pietro Romanengo.
E così egli offriva agli esigenti palati dei genovesi delizie tutte particolari come buonissimi bomboni e ottimi frutti canditi, so per certo che nel 1874 il Signor Alberto Ferro aveva un magnifica confetteria davanti a San Lorenzo.
Queste notizie si trovano su certi antichi lunari che mi diletto a consultare e a leggerne le pagine si deduce che gli affari del Signor Ferro dovevano proprio andare a gonfie vele.
Infatti nell’ultimo ventennio dell’Ottocento troviamo questo abile imprenditore in società con il Signor Cassanello, con il tempo i signori Ferro e Cassanello avranno ben tre negozi: uno in San Lorenzo, uno a De Ferrari e infine uno alla Nunziata.
E quindi torniamo insieme ai piedi del monumento a Garibaldi e osserviamo con attenzione l’altro lato della strada.
C’è un elegante negozio, certo avrà lucidi arredi di legno scuro, finiture pregiate, i vassoi sono ricolmi di autentiche delizie.
E l’insegna è inequivocabile: ecco il favoloso negozio dei Fratelli Ferro e Cassanello.

In questo emozionante e continuo viaggiare nel giorni passati della Superba mi capita sovente di imbattermi più volte nelle stesse figure e questa è sempre una circostanza piacevole, spero che il destino mi riservi di trovare ancora traccia del Signor Ferro, nel caso sarò felice di scrivere ancora di lui, intanto qui trovate il mio precedente articolo dedicato proprio ai suoi bomboni.
Quanto passate a De Ferrari fermatevi a fare un doveroso omaggio a Giuseppe Garibaldi.
E poi guardate dall’altro lato della strada e immaginate di poter entrare anche voi nella gloriosa confetteria dei Fratelli Ferro e Cassanello.