C’era un tempo il Ponte Pila, il ponte che non esiste più si trovava su quella parte del Bisagno ora coperta da un’ampia strada: l’acqua fluiva e separava l’attuale Corso Buenos Aires da Via Cadorna, in quel tratto c’era il Ponte Pila.
Come sempre ne scrive con precisione il solito fidato Amedeo Pescio e narra che nei secoli venne più volte ricostruito non sempre nel medesimo punto.
Narra anche che poi venne denominato Ponte Pila quello che era noto come il Ponte di Santa Zita in quanto Borgo Pila comprendeva anche la zona circostante la chiesa di Santa Zita.
Il ponte, scrive Pescio, subì nei secoli diverse rovine, nel 1780 crollò e così quelli che stavano al di là del Bisagno dovettero servirsi di piccole barche per raggiungere Genova.
E poi ancora, fu sempre la piena del Bisagno a travolgere il ponte e a causarne la distruzione alla fine del ‘700 e nel 1822.
Venne nuovamente ricostruito, era fondamentale per le zone del levante.
Cartolina appartenente alla Collezione di Eugenio Terzo
Poi giunse il nuovo secolo con nuove esigenze, alla fine degli anni ‘20 si ultimò la copertura del Bisagno e così il ponte svanì dalla prospettiva di Genova.
Tuttavia non tutte le sue parti sono andate perdute, le ringhiere e i lampioni disegnati da Gino Coppedè hanno avuto una nuova destinazione.
Sono stati infatti collocati sempre sul Bisagno, sul ponte dedicato allo scultore Giulio Monteverde di fronte all’ingresso principale del Cimitero Monumentale di Staglieno.
Questi lampioni sono per me dei veri capolavori.
E ad essere sincera a volte mi sembra che in questa epoca non sia così comune progettare bellezze armoniche e così perfette, forse sbaglio, forse è solo il mio gusto personale.
Lo stesso vale per le ringhiere con i loro raffinati decori, io le trovo davvero belle.
Genova ottocentesca ancora ci circonda con le sue architetture.
Osserviamo il passato e il presente, troveremo delle differenze e qui ringrazio i miei amici Eugenio Terzo e Giancarlo Moreschi per il cortese prestito delle splendide immagini antiche.
Là sorgeva il Ponte Pila attraversato da carri con le ruote cigolanti, qualcuno andava di fretta, altri si fermavano pigramente davanti alla ringhiera ad osservare il panorama.
Cosa si nota sullo sfondo?
La stazione Brignole e dietro di essa la bella villa dell’Ingegner Cesare Gamba, oltre ancora la città che si arrampica sulle alture.
E cosa si nota in primo piano?
Osservate bene l’immagine antica: ai nostri tempi le lampade sono ospitate in dei globi, all’epoca invece quella parte del lampione era ben diversa.
E sebbene gli attuali non mi dispiacciano, penso che sarebbe sempre meglio rispettare il progetto originale, è solo la mia modesta opinione naturalmente.
Decori, teste leonine, un lavoro molto raffinato.
E una luce che si accende sul tempo svanito.
A volte non si notato i dettagli, a volte i dettagli si perdono nella visione d’insieme e non facciamo caso a ciò che invece dovremmo vedere.
Questo ponte è collocato in una zona piuttosto trafficata e naturalmente lo si attraversa, tuttavia è cambiata la nostra maniera di vivere la città, è mutato il nostro modo di percorrerla e di sentirla.
Il tempo scorre veloce, il progresso cambia le nostre abitudini e noi ci adeguiamo ad esso, è anche normale che sia così.
Noi però cerchiamo qualcuno che sappia condurci in quell’altro tempo, qualcuno capace di narrare e di mostrare ai nostri occhi increduli ciò che non ci è stato concesso di vedere.
Ed è quasi sera, sul Ponte Pila.
C’è un uomo che osserva, non rimarrà sconosciuto.
La prospettiva non è poi tanto mutata ma c’è una differenza: lui guarda Genova dal Ponte Pila, da quel ponte che noi non possiamo percorrere.
Ed è cambiato anche il ritmo delle nostre esistenze, ora è più frenetico e veloce.
Rimbombano i passi sul ponte, è la vita che scorre tra pensieri, incombenze del quotidiano, progetto forse irrealizzabili.
Camminiamo tra la folla di genovesi che attraversa il Ponte Pila.
C’è una signora elegante, si ripara dal sole con un ombrellino chiaro, c’è anche una giovane fanciulla, si volta indietro a guardare.
Posiamo la mano sulla ringhiera, come farebbe lei.
Ed è estate.
C’è un uomo che osserva, non rimarrà sconosciuto, è un poeta, il suo nome è Camillo Sbarbaro.
Ed è lui a portarci là, a guardare il tramonto in una calda e languida sera genovese.
“D’estate si assiste da Ponte Pila al più superbo avvento della notte.
Bisogna attendere, volti al cuore di Genova, all’ora che la riga di rossi vapori all’orizzonte o la fulva mole della nuvola sospesa, che compendiano il tramonto in città, principiano a perdere il loro lume.
Già la prima sera lagrima oro; sbiadito oro di lampioni a gas che l’uomo della pertica va accendendo per Via dell’Edera, tra le aiuole di Piazza Brignole…
I palazzi ghermiti dall’ombra incupiscono le facciate. Il cielo diventa di stagnola.
Quand’ecco fuoco s’appicca da un capo all’altro: tramuta in braciere, lassù, Piazza De Ferrari, in pozzi di luce le strade.
Scampano dal fuoco, tintinnando, coronati di tizzi i carri elettrici: e la folla che si riversa ha negli occhi o nelle chiome impigliata qualche scintilla dell’allegro incendio.”
Camillo Sbarbaro da La Gazzetta di Genova
tratto da Ma se ghe penso…
Realizzazione Grafica Artigiana 1972
Un altro tuffo nel passato con la grazia che ti è solita 😊 Sono felice di aver visto finalmente anche l’entrata del cimitero di Staglieno che non era ancora comparsa sul tuo blog. Bacioni
Grazie cara, come sempre sei gentile, è vero, non avevo mai pubblicato la foto dell’ingresso di Staglieno che è piuttosto notevole.
Un bacione Viv, buon pomeriggio!
che magistrale descrizione del tramonto nella città!!!! una vera poesia che usa parole bellissime per evocare immagini, colori e riflessi… non conoscevo questo poeta ma è davvero bravo
Magnifico Sbarbaro, cara Angelica, è un poeta che amo tantissimo.
Miss, superlativi i lampioni e le ringhiere, e mi fa particolarmente piacere sapere che abbiano trovato una nuova vita davanti a un Cimitero, già Monumentale di suo… per quanto riguarda la descrizione di Sbarbaro, mi ha fatto venire voglia di rileggere: Trucioli…
Splendido ed evocativo Sbarbaro, riesce sempre ad incantarmi, anch’io sono contenta che ringhiere e lampioni abbiano trovato una giusta collocazione, direi che sono stati messi in un posto adatto.
Non avevo mai visto l’ingresso di Staglieno e ovviamente nulla sapevo di questo ponte che certo non ha più il fascino del passato, ma ameno mantiene qualche particolare
Sì, è reso speciale da quelle ringhiere e da quei lampioni!
Cara Miss, questo ponte così importante oggi lo possiamo vedere ricostruito in tutte le sue parti.
Una parte di questo merito è anche mia, una Domenica verso le 20,30 feci intervenire i pompieri per smontare uno dei lampioni che stava cadendo, in quanto il traliccio era diventato pericoloso, c’è voluto la mia costanza a farli intervenire.
Ma la cosa più grave fù la presentazione del progetto, presso i vecchi locali ex circoscrizione in via Bobbio, quella sera in assemblea pubblica venne presentato il progetto di un ponte in cemento armato, durante il dibattito io intervenni facendo notare che il ponte che si intendeva demolire era il vecchio ponte Pila, e feci notare i vincoli che esistevano sulla tutela di quello storico ponte.
Dopo una discussione abbastanza animata l’assemblea venne sciolta, e dopo alcuni mesi il progetto venne rivisto rispristinando sulle nuove pile di cemento armato tutta la struttura metallica originale.
Alcuni pezzi dei lampioni erano mancanti essendo stati tolti da anni perchè ritenuti pericolosi, ed erano stati depositati in un magazzino del comune.
Il ponte che oggi vediamo è il terzo che venne costruito dopo la disastrosa alluvione del 1822.
Il primo ricostruito era in legno ed era molto bello, il secondo era in ferro fuso e venne fatto nella fonderia di San Pier D’Arena presso la fondera Ballaydier, il disegno venne copiato da un ponte sul Tamigi.
Il trasporto di queste grosse arcate venne fatto in parte via mare ed altre attraverso grossi carri trainati da buoi, è curiosa la questione che per passare sotto la Porta Pila l’impresa dovette demolire parte dei laterali della porta, questo avveniva alla mattina, poi dopo il passaggio si doveva rispristinare la porta per essere chiusa alla sera, ed alla mattina dinuovo demolita e di questo passo sino a quando tutti i pezzi furono collocati nel cantiere.
Poi questo ponte fù demolito e al suo posto costruito quello che tu ci hai così bene illustrato.
Engenio, grandissimo, tu sei più unico che raro, ti conosco e mi sembra d vederti, sei un vero e proprio difensore delle vere bellezze di Genova.
La vicenda delle arcate e dei carri trainati dai buoi proprio non la sapevo, ti immagini che ambaradan e che andirivieni?
Grazie carissimo di aver apprezzato, ti mando un grande abbraccio!
Hai ragione, in questa epoca si è perso molto della capacità di immaginare, sentire, progettare ed anche banalmente vedere la Bellezza… è cambiato molto, troppo, il modo di vivere… si chiama progresso ma a volte mi chiedo se sia effettivamente tale…
Non so dart torto, cara Roberta, a volte me lo chiedo anch’io.
Pingback: Una cartolina da Ponte Pila | Dear Miss Fletcher