“L’Attica. Quante cose in una parola sola. L’orgoglio della sua origine, il dolore per quanto ha perso. Casa. D’un tratto la sente più vicina.”
Lo sguardo che si perde lontano, nel rimpianto e nella nostalgia della propria esistenza perduta, è quello di Timarete, greca di Afidna, figlia di un medico e schiava a Pompei con il nome di Amara.
È il 74 d.C., cinque anni prima della drammatica eruzione del Vesuvio che travolgerà Pompei e con essa i suoi abitanti.
Amara è un ragazza del lupanare di Pompei e viene venduta senza troppi riguardi dal suo padrone Felicio così come le schiave Didone, Berenice, Vittoria e Cressa, nessuna di loro porta il proprio nome, nessuna di loro ha più un legame con il proprio passato.
Le lupe di Pompei è il primo straordinario volume della trilogia scritta da Elodie Harper e pubblicata da Fazi Editore, un libro magnifico scritto con vivace sapienza e ricco di dotte citazioni.
È una storia di sopraffazione e di sopravvivenza, è una storia di dolori e di speranze negate, è una storia di sconfitte e di coraggio, si coglie una varietà di emozioni diverse sui visi di queste giovani donne.
Ed è una storia di libertà, sognata, inseguita, inarrivabile, per qualcuno neanche più immaginabile.
“Pensa a quando vedi un uccello volare. Nell’istante in cui decide di scendere in picchiata o salire ancora di più, quando c’è solo l’aria a fermarlo; ecco, quella è la sensazione della libertà.”
Ognuna delle ragazze troverà il proprio imprevedibile destino, la loro vita è faticosa e carica di violenza.
L’autrice usa spesso, volutamente, un linguaggio crudo nel quale non mancano parole scurrili: è lo stesso modo di esprimersi che si trova inciso nelle iscrizioni lasciate sui muri di Pompei dai suoi antichi abitanti o in certi epigrammi licenziosi di Marziale o in alcune poesie di Catullo.
È la vita vera quella cosa lì e ci lascia stupefatti e attoniti davanti alle difficoltà che queste giovani devono affrontare.
Con talento la Harper ci offre un punto di vista inusuale su questo mondo e su questa società dai valori molto diversi dai nostri: è lo sguardo delle donne e delle schiave.
L’intreccio, complesso e avvincente, si snoda sulla loro quotidianità descritta con minuziosa perizia: si cammina per le vie di Pompei, si seguono le ragazze ai Vinalia e ai Floralia, le si osserva scegliere una stoffa per un’esibizione, si comprende che in questo mondo anche i più crudeli, in realtà, sono degli sconfitti.
Le vite di queste donne si reggono sulla solidarietà, sull’amicizia, sull’affetto che riescono reciprocamente a darsi.
E Timarete, detta Amara, palpita ricambiata per Callia, anche lui schiavo e noto come Menandro, figlio del miglior ceramista di Atene.
E il loro è un amore fragile e ha il sapore dell’amarezza, è un amore che non conosce libertà.
Timarete e Callia, il vero nome: la cosa più preziosa che ognuno ha.
“A Pompei nessuno ha mai osato chiederglielo: il vero nome è l’ultimo residuo di privatezza, di se stesso, che rimane a ogni schiavo un tempo nato libero.”
Ogni minuto è fatica nel lupanare.
Le voci delle amiche, un sacco di fave per giaciglio, le luci delle lanterne, i clienti, gli abiti che denunciano lo stato di schiave.
E l’immaginario si intreccia alla realtà.
Allo spettacolo dei gladiatori, ad esempio, le ragazze vanno in visibilio per il prestante Celado che è realmente esistito.
Il suo nome è inciso infatti nella scuola dei gladiatori di Pompei e così ci è stato tramandato il ricordo di lui:
Suspirium puellarum/traex/Celadus.
Sospiro delle ragazze/il tracio /Celado.
Non è il solo personaggio reale che incontriamo tra le pagine del romanzo: Amara conoscerà Gaio Plinio, comandante in capo della flotta imperiale, studioso e naturalista noto come Plinio il Vecchio.
Le pagine dedicate al suo confronto con questa figura così carismatica sono tra le più intriganti ed avvincenti, si resta con il fiato sospeso a seguire i tentativi di Amara di trovare uno spiraglio di fiducia, un nuovo inizio.
Al tempo dell’eruzione del Vesuvio Plinio il Vecchio si trovava a Miseno, in qualità di comandante della flotta.
Si avvicinò a Pompei per osservare ciò che accadeva, prestò soccorso ad alcuni amici e perse la vita egli stesso morendo probabilmente soffocato.
Il racconto della sua morte e di ciò che egli vide ci è stato tramandato da suo nipote Plinio il Giovane in due lettere che egli scrisse a Tacito.
Presumendo che nei volumi a seguire si affronti l’eruzione di Pompei ritengo plausibile ritrovare ancora Plinio il Vecchio descritto dalla sagace penna di Elodie Harper.
Questo romanzo potente è una lettura magnifica e lascia una sensazione di aver impegnato le proprie ore in un vero viaggio a ritroso che offre molti spunti di riflessione.
E al di là di tutte le inevitabili differenze che ci fanno sembrare quel mondo lontano dal nostro, un filo sottile ci unisce ad Amara, Berenice e a tutte le altre: è l’essenza del cuore umano, la perpetua ricerca di amore e felicità, con la speranza di trovare infine il proprio posto nel mondo.
“Timarete, persino gli schiavi sono padroni della loro felicità. Anzi, le emozioni sono le uniche cose che possediamo.”
mi intriga, Miss…
Guarda, Sergio, un libro straordinario, io non credo sia facile riuscire a calarsi nello spirito di persone vissute così lontano nel tempo, operazione riuscitissima! E a metà maggio esce il secondo volume della serie, non vedo l’ora!
Aspettavo con curiosità che arrivasse sul blog la tua recensione. Sembra un romanzo di ampio respiro e bella scrittura, attento agli aspetti storiografici che si mescolano in modo avvincente alle vite dei protagonisti. Non ne avevo sentito parlare prima che me ne accennassi tu e dopo questa tua entusiastica recensione entra a pieno titolo nella mia lista di future letture. Bacioni!
Sì, è un libro straordinario e i continui rimandi al mondo reale lo rendono ancor più interessante, aspetto con ansia il secondo volume che esce tra poco, mi sono affezionata alle giovani protagoniste di questa Pompei. Un bacione a te cara, grazie.
Mi incuriosiscono queste storie,come l’Incoronazione di Poppea,Orfeo ed Euridice
che ci trasmettono anche attraverso le note sonore l’arte del colore e il fascino della letteratura.Certo qui ne”le Lupe di Pompei”l’autore ha lavorato assai nel tessere (anche con fantasia) il racconto.
Questo come altri farà parte dei miei libri.Complimenti Dear Miss Fletcher
Guarda, è un libro grandioso, scritto con una competenza e con una capacità davvero rare.
Se lo leggerai fammi poi sapere come ti è parso.
Grazie caro, buona giornata a te!