Il mare di novembre

Il mare di novembre è come una musica che inizia piano, dolcemente.

E poi segue il ritmo concitato delle onde che si abbattono sulla spiaggia di Corso Italia.

Accarezzando i sassi, con grazia e delicatezza.

Il mare di novembre è increspato di candida schiuma e laggiù, sull’orizzonte, si scorgono cime innevate.

Mentre l’onda sempre ritorna, ancora e ancora.

Nella luce chiara e cristallina di una giornata limpida.

E di nuovo si rincorrono quelle onde, ancora e ancora.

In una sincronia perfetta che supera la nostra semplice percezione del tempo.
Il mare ha un canto eterno che mai si posa.

E così si frange sugli scogli.

Per poi levarsi in spruzzi gioiosi.

E gioca con le nuvole, con questi contrasti di bianco e di azzurro.

E ancora ritorna con i suoi incanti e i suoi stupori: questo è il mare di novembre e di Genova.

Un’allegra banda di burloni

Signore e signori, sfoderate i vostri sorrisi migliori, oggi qui ce la spassiamo!
E a tenerci compagnia sarà un’allegra banda di burloni, questa è gente che sa il fatto suo, credete a me.
Vestiti di tutto punto con le braghe bianche, la paglietta e il grosso fiocco colorato sul davanti.
Con la chitarra, il tamburo, il triangolo e il tamburello e tutto un ricco armamentario di strumenti musicali.

Con la tromba sotto braccio e le facce dipinte: questi qui son tipi che se la godono e sono anche provetti musicisti!

Ah, il direttore della banda poi è un tale tutto serio e compito, si può certo dire poi che si distingue tra gli altri, infatti porta la giacca scura e il cilindro sulla testa.

La sentite la musica gioiosa che suonano questi qua?
Al loro passaggio giù scrosci di applausi e apprezzamenti a non finire.

E così, in un giorno felice di un anno lontano, eccoli in posa tutti in fila davanti al muraglione di Corso Italia, dalle parti di Punta Vagno.
Alle loro spalle si legge un cartello con la scritta “fuori concorso” e, in effetti, di qualunque evento si trattasse doveva essere dura batterli, mi paiono effettivamente impareggiabili!
Con il sorriso nel cuore e negli occhi, loro sono i fantastici componenti di un’allegra banda di burloni.

Marzo 1913: le prodezze dell’aviatore Laurens

Era un giorno del 1913, i giornali cittadini avevano annunciato l’evento: l’aviatore francese Laurens sarebbe partito da Beaulieu con il suo idroplano la mattina del 4 Marzo per giungere a Genova e poi proseguire il suo volo verso Roma.
Ecco così i primi pochi curiosi ritrovarsi al Molo Galliera in attesa dell’intrepido aviatore: si notano due signore e una dama solitaria, una coppia di francesi, un giornalista, un fotografo e un operatore cinematografico.
Tutti scrutano il cielo e il mare ma nulla accade, l’arrivo di Laurens è previsto per le nove ma l’attesa sarà ancora molto lunga.
Dopo breve arrivano anche i Carabinieri e poi ancora altre poche persone.
Dovete sapere che queste belle notizie sono tratte da un articolo comparso sul quotidiano Il Lavoro del 5 Marzo 1913 e a tramandare la cronaca di quella giornata fu E. Eugenio Gandolfi.
L’autore precisa che a un certo punto si palesò un signore, con tanto di binocolo a tracolla, ad annunciare che Laurens sarebbe arrivato infine alle dieci.
Il gentiluomo che aveva dato la ferale notizia aveva usato la lingua francese con una certa qual solennità e gli venne così concesso maggior credito, in fondo quella poteva anche essere la lingua ufficiale dell’evento, diciamo così!
Tuttavia gli astanti fecero presto una sorprendente scoperta e qui lascio la parola all’esimio Gandolfi perché non saprei spiegarmi meglio di lui:

Ma quando la parlata gallica si mutò sulla lingua del signore in pretto genovese, uno del pubblico, un simpatico marinaio, che aveva dato molto credito alla notizia… francese si rivolse ai curiosi “ou l’è un zeneize!”con un accento così significativo che l’accreditata nuova in un attimo perdette ogni sua forza di affidamento.

Delusione e sconforto!
Arrivarono barcaioli, marinai, operai, c’è da dire che erano in in pochi ad aspettare Laurens e l’attesa infine si rivelò pure vana.
Il signore italo francese venne infatti a dire che Laurens era rientrato per un guasto, si seppe poi che si era fermato a Diano Marina.
Era già mezzogiorno e gli intervenuti così si avviarono mestamente sotto il sole cocente verso il primo tram, il nostro Gandolfi si avvalse invece dell’automobile della scuola Chaffeurs Pellegrini che lo portò fino a casa.
Verso le 13.30, poi, giunse la bella notizia che Laurens sarebbe arrivato davanti al Molo Giano.
Ecco di nuovo, all’incirca, lo stesso pubblico del mattino, non certo una folla trepidante ma comunque c’era un gruppetto di fedeli spettatori in attesa del tanto agognato arrivo dell’idroplano.
Un telegramma annunciò un altro intoppo: l’idroplano aveva avuto un guasto ed erano ormai quasi le quattro del pomeriggio.
Il brusio cresceva: che ne era stato di Laurens? Sarebbe veramente arrivato, alla fine dei conti, o era tutto uno scherzo?
L’attesa infine diede i suoi frutti, non troppo dolci, oserei dire.
Uso ancora le parole di Gandolfi:

E Laurens arrivò. E ce ne accorgemmo che già era visibilissimo. Il leggero vascello aereo brontolando correva correva verso la terra. Il biancore delle sue ali di tela si perdeva nel velo di tenebra che ricopriva già le acque. Una visione che poteva essere fantastica.”

La delusione però fu grande: Laurens si fermò a 100 metri dal Molo Lucedio e il suo idroplano fu trascinato al Molo Giano da due barcacce a vapore.


L’avventura era terminata, Laurens era amareggiato, il suo compagno di viaggio Schneider la prese con maggior filosofia.
Laurens invece era proprio triste e deluso, gli erano mancati l’arrivo trionfale e gli applausi, la giusta ricompensa che aveva a lungo immaginato.
L’aviatore si fermò all’Hotel Bristol, sarebbe rimasto qualche giorno per le necessarie riparazioni del suo mezzo e promise così di fare un volo sulla città e sul porto.
E la promessa fu mantenuta: come si legge su Il Lavoro del 7 Marzo 1913, il programma prevedeva che Laurens partisse dal Molo Giano per sorvolare il mare davanti al Lido d’Albaro, l’appuntamento era per le ore 17 del 6 Marzo 1913.
E questa volta il pubblico si assiepò dal Molo Giano a Corso Aurelio Saffi in trepidante attesa del magnifico volo di Laurens.
L’aviatore ricevette i primi applausi già mentre si avvicinava al suo vascello volante, ad accompagnarlo nel suo volo c’era anche il viceconsole di Francia.
E partì, si alzò leggero sull’acqua mentre le sirene dei vapori presenti suonavano rumorose, volò oltre il Lido d’Albaro e dopo aver virato fece un altro giro, infine virò verso il Molo Giano e scese in acqua.
La folla entusiasta si levò in applausi scroscianti e quell’evento rimase forse nella memoria di molti per lungo tempo.
Accadde a Genova, in un giorno di marzo del 1913.

Passeggiando in inverno in Corso Italia

Ritorniamo ancora a camminare nel passato e godiamoci una piacevole passeggiata davanti al blu in Corso Italia.
Ed è inverno, il clima è rigido, lo si comprende dagli abiti dei genovesi venuti sul lungomare cittadino, si fa sfoggio di cappotti pesanti e si indossano caldi cappelli che garantiscono un certo conforto durante la stagione fredda.
Un gentiluomo, con tanto di bastone da passeggio, si attarda davanti alla ringhiera ad osservare l’orizzonte.
C’è un tempo per ogni cosa, il tempo della quiete a volte lo scandisce il canto del mare.

Ed è così gradevole camminare con l’aria salmastra che sfiora il viso!
Crescono le giovani palme destinate ad abbellire Corso Italia, in lontananza si scorgono alture innevate e una parte di città così bucolica e verde, sorgeranno qui belle case e strade eleganti.
Un signore si volta indietro e per appena qualche istante pare davvero che i suoi occhi trovino i nostri.

Ritornando a camminare nel tempo che non abbiamo veduto il presente ritorna, vivace come l’onda che batte sulla riva, con i colori prepotenti e accesi che sono i respiri della vita.

Ritornando a camminare nel passato pare di sentire una brezza leggera e frizzante che smuove i pensieri e suscita ricordi.
E sono memorie dolci di una Genova lontana, passeggiando nel tempo d’inverno in Corso Italia.

Guido Gozzano: il mare d’innanzi

È un giorno di dicembre del 1907 e a Genova si trova un giovane poeta angustiato dalla cattiva salute.
Guido Gozzano ha appena 24 anni e soggiorna nella Superba dove cerca ristoro per i suoi polmoni malandati, di quelle sue ore genovesi ho già avuto modo di raccontarvi in questo post.
L’inquieto poeta dalla penna sagace e nostalgica scrive alcune sue impressioni alla scrittrice e poetessa Amalia Guglielminetti, le parole che leggerete sono tratte da una sua missiva inclusa nel volume “Lettere d’amore” di Guido Gozzano e Amalia Guglielminetti edito da Alter Ego.
E così troviamo Guido che a lei parla di sé e così le scrive da San Giuliano d’Albaro:

“Povera amica, ho il mare d’innanzi e Voi non ci siete più! Che cosa strana! Si saluta una creatura, si sale in treno, si va, si va, si discende, ci si guarda intorno: e la creatura non c’è più! … E ho riveduto il mare, il mare che sa consolare di tante cose, anche di questo nostro cattivo ultimo giorno… Ritornando qui, nel luogo stesso dove avevo ricevuto le vostre prime lettere, il mio spirito si è ricongiunto al tempo nel quale ancora Voi eravate per me “Amalia Guglielminetti”.”

Il mare è taumaturgico, miracoloso, vitale, nella sua potenza Guido pare ritrovare la sua stessa energia e l’afflato della sua esistenza.
E trova anche le parole per descrivere quella forza e le sue sono parole perfette ed evocative:

“Il mare è pur sempre il grande purificatore: io mi sento l’anima leggera e monda, nata da ieri! C’è un tepore, una gaiezza nell’aria! Tutto l’orizzonte che traspare dalla mia finestra non è che l’armonia di due fasce azzurre: una più cupa: il mare; una più chiara: il cielo…”

Ed il dono del conforto e di una sorta di equilibrio e Guido vi si aggrappa con sincera speranza sebbene la situazione nella quale si trova non sia proprio delle più confortevoli.
Scrive infatti ad Amalia che ancora gli manca la scrivania, la camera è squallida e ci sono tutti i bagagli in giro, anche il suo aspetto non è dei migliori, sostiene di essere spettinato e barbuto.
E nell’elencare tutte queste sfortunate circostanze Guido scrive più di una volta una frase:

“Ma c’è il mare fuori!”

E poi ci sono le piccole incombenze quotidiane come procurarsi l’acqua bollente per le inalazioni, riordinare i cassetti, farsi il caffè e tante altre piccole seccature.

“Ma c’è il mare fuori: e (sic) sono felice!”

E poi ci sono le parole per Amalia e per il loro tormentato legame.
I baci, i ricordi, gli addii, il sangue che pulsa nelle vene, le distanze, il mistero dei sentimenti e l’incapacità di comprendere persino se stessi.
E Amalia è lontana e anche Torino lontana.

“E quest’oggi ho il mare d’innanzi! Sono libero e sono felice. V’ho scritto giorni fa che in questa pace l’immagine vostra sarebbe risorta nella mia memoria.”

E l’aria salmastra si lascia respirare, intrisa di freschezza tumultuosa e il mare diviene per Guido presenza assoluta e imperiosa, il mare fa sentire a Guido tutte le tonalità delle sua voce, si svela con un volto ancora diverso e sa turbare, far riflettere ed emozionare, ancora.
In un giorno di dicembre del 1907, a Genova.

“Vado a vedere il mare prima di salutarvi. Il mare è furibondo: s’accartoccia sotto la mia finestra ribollendo con voce sorda… Non m’ha salutato e non mi lascia di salutarvi. Io penso, guardandolo ed ascoltandolo, a un giudice iroso che ci ammonisca entrambi. È così!”

Due vele

Erano due vele nel mare di Genova, davanti a Corso Italia.
Quella bianca precedeva di poco l’altra, entrambe navigavano briose e leggere, sospinte da fresca e favorevole brezza.

Poi la seconda si è avvicinata alla prima, come in una danza sull’acqua.

E ad un tratto le due vele si sono ritrovate vicine, quasi sembravano confondersi una con l’altra, in un gioco di armoniche sincronie.

E poi la seconda vela ha superato la prima, mentre ancora il vento spirava frizzante e lieve.

Erano due vele nel mare di Genova.
E così hanno continuato il loro viaggio, in perfetta armonia, verso la loro meta.

Passeggiando in Corso Italia

E si ritorna a camminare nel passato e davanti al nostro blu di Genova in Corso Italia.
C’è grande fermento sul lungomare dei genovesi, i più pigri prendono posto sulle belle panchine e la brezza salmastra accarezza i volti e i fiori sbocciati nelle aiuole.

E pare esserci un piccolo chiosco, forse qui ci si ferma a prendere una bibita o magari un buon gelato.

E si attraversa la strada con una certa cautela, qualcuno poi è arrivato in Corso Italia a bordo di un rombante mezzo.

È un tempo diverso, ma allora come adesso il mare è blu intenso e profondo e l’orizzonte sa essere un sogno.

Ed è una giornata tranquilla, si cammina, si discorre amabilmente e magari si arriva fino a Boccadasse.

Verranno poi i giorni della spiaggia, verranno altre stagioni con altri smaglianti colori.

Così fluisce il tempo, muta a diverse velocità.

Giorno dopo giorno, passeggiando in Corso Italia.

Il saluto a Fratello Mare

C’era davanti l’orizzonte infinito e l’onda lenta lambiva i sassi.
E la spiaggia era deserta, come accade quando ancora non è la stagione dei bagni.
E là, sulla riva, lei.
Silenziosa, immobile, davanti al mare, mistero bello del creato.
Il suo sguardo come una preghiera colma di gratitudine e di emozione.
Mentre l’aria fresca increspava l’azzurro, durante il suo saluto a Fratello Mare.

A gonfie vele verso l’estate

Un pomeriggio, una calda giornata dal profumo di vacanza così accompagnata da una frizzante brezza ristoratrice.
E si viaggia, a gonfie vele verso l’estate, solcando le onde del mare davanti a Corso Italia.

Qualcuno semplicemente passeggia godendosi il sole e l’aria salmastra.

In questo pomeriggio di primavera erano tante le barche che fendevano l’azzurro per puro diletto.

E il vento glorioso gonfiava le vele.

In una bellezza di turchese e di giallo vivace come il sole d’estate.

Navigando nel blu.

E lasciando la candida scia.

Tra i profumi e i colori del Mediterraneo.

E ancora vento, vento, vento per la gioia di felici surfisti.

Sullo sfondo, in lontananza, il profilo del Monte di Portofino.

E ancora vele bianche e spuma del mare e vento salmastro.

E questa dolcezza di Genova, quando la bella estate è sempre più vicina.

Sant’Antonio di Boccadasse: trovando il mare

A Genova c’è una chiesa che Fratello Sole bacia davanti alle onde del mare.
E la si ammira, posata come pietra preziosa, in cima a Corso Italia: Sant’Antonio di Boccadasse è la Chiesa della gente di mare e al suo interno conserva, tra le varie cose, anche certe piccole barche appese lungo le navate, ne scrissi in questo post diverso tempo fa.

E come tutti i genovesi ritorno spesso nel borgo così caro a tutti noi, Boccadasse è davvero semplicemente un luogo del cuore.
E sempre entro nella Chiesa dedicata al Santo di Padova.
L’ultima volta la mia visita mi ha donato un istante di autentica bellezza.
La luce, la porta aperta, la prospettiva della costa, i colori di Boccadasse e questa dolcezza e il nostro magnifico mare.