Questa è la storia di un gentiluomo appartenente a una blasonata famiglia, il suo nome era Ermino de’ Grimaldi.
Ermino aveva così tanti possedimenti e denari da essere più ricco di chiunque altro in tutta l’Italia, tuttavia aveva un gravissimo difetto: ahimé, quanto era tirchio!
Eh lo so, i genovesi hanno fama di essere attaccati al denaro, in realtà ai tempi di Ermino i nobili della Superba erano noti per la loro predilezione per il lusso, amavano far sfoggio di un’eleganza sfarzosa.
Ermino invece era di una diversa pasta: non solamente in onorare altrui teneva la borsa stretta ma era talmente spilorcio da risparmiare persino nel bere e nel mangiare!
E così si conquistò un meritato soprannome, divenne per tutti Messere Ermino Avarizia.
Parsimonioso e attento, accumulava denari su denari, o meglio:
non ispendendo il suo moltiplicava.
E un bel giorno giunse in città un uomo di corte dalle maniere ricercate e dal parlar raffinato, tutta Genova lo accolse in pompa magna, i gentiluomini facevano a gara per averlo ospite nelle loro dimore, tutti gradivano la compagnia del garbato visitatore che rispondeva al nome di Guglielmo Borsiere.
Guglielmo rimase in quel di Genova per parecchi giorni, sono certa che sia stato ricevuto nei palazzi più fastosi!
Questa è una piccola città e sapete com’è, le voci girano!
Si bisbigliava, neanche troppo sommessamente, delle mancanze di Messere Avarizia!
E così Guglielmo fece in modo d’incontrarlo, era davvero curioso di conoscere questo strano personaggio!
Ermino lo ricevette con gran gentilezza e lo condusse in una sua casa nuova, insieme a altri nobili genovesi convenuti all’appuntamento.
E nel mostrargli come fosse sontuosa e bella la sua dimora pose a Guglielmo Borsiere questa domanda:
Saprestemi voi insegnare cosa alcuna che mai più non fosse stata veduta, la quale io potessi far dipignere nella sala di questa mia casa?
Guglielmo ci pensò su, non tanto a lungo a dire il vero.
Fece qualche ponderata digressione e poi disse:
Io ve ne ‘nsegnerò bene una che voi non credo che vedeste già mai.
E a Ermino che fremeva per conoscere la risposta Guglielmo replicò:
– Fateci dipignerere la cortesia.
E qui si deve intendere il termine cortesia come l’insieme delle virtù necessarie alla vita di corte, tra queste non possono mancare gentilezza e generosità.
La vicenda di Messere Ermino Avarizia è narrata da Messere Giovanni Boccaccio nel suo Decameron, è una piccola perla nella quale si accenna appena a questa città, si tratta della novella VIII della I giornata dalla quale sono tratte le citazioni.
E Messere Ermino, direte voi?
Oh, lui si vergognò a tal punto della sua nomea che quel giorno promise a Messere Guglielmo Borsiere che la cortesia sarebbe stata da lui dipinta in maniera mirabile nella sua casa:
Divenne così il più liberale ed il più grazioso gentile uomo e quello che più ed i forestieri ed i cittadini onorò che altro che in Genova fosse a’ tempi suoi.
Bellissima storia. Molto moderna
Attualissima, non solo moderna!
Sì, molto!
Ciao Mauro, buona serata!
Mi piace moltissimo Boccaccio, alcune sue novelle sono imperdibili!
Ma bella storia davvero e… mi sa che anche qui nel mio paese c’è un Erminio Avarizia!! Quanto mi sta antipatico 😛
Ah, vedi? Ovunque se ne può trovare uno!
Sì ovunque!
Ciaooo
“Questa è una piccola città e sapete com’è, le voci girano!”…anche a Genova ci sono le comari!
E certo, proprio così!
Bastasse una parola al momento giusto per raddrizzare i difetti di carattere mi metterei in fila per riceverla 😉
Per restare in tema, certo è che la tirchieria è piuttosto fastidiosa perché spesso si accompagna all’opportunismo…
Bacioni carissima
Vero, è un difetto davvero fastidiosissimo, tra il resto una delle gioie della vita è proprio donare, se ti privi di quella ti perdi una sensazione molto appagante e significativa.
Bacioni a te cara!
Una storia a lieto fine, una volta tanto! 🙂
E sì, ogni tanto ci i vuole!
Ciao Veronica, grazie!
è solo per caso che Boccaccio ambienta la novella a Genova, vero, Miss?
Certo, è proprio un caso 🙂