Pioveva.
L’acqua cadeva a scrosci sui caruggi e sugli spioventi tetti di ardesia, era una melodia di tempesta che bene si accordava ai battiti del suo cuore.
Aprì il portone, alzò lo sguardo verso il cielo plumbeo, tirò su il bavero della giacca, si calò il cappello sugli occhi e aprendo l’ombrello si incamminò.
Nella vetrina di una bottega in un vicoletto notò le coppe ricolme di spezie, le confezioni di tè, le erbe aromatiche e le ceste con la frutta secca dai toni autunnali.
A Banchi si soffermò ad ascoltare un talentuoso violinista di strada, quindi indugiò sulla bancarella dei libri usati aggiudicandosi un voluminoso poliziesco che per qualche tempo, forse, lo avrebbe distratto dai suoi pensieri.
Proseguì così verso i portici di Sottoripa, era una di quelle giornate nelle quali il vento sferza le strade e pare quasi difficile mantenere l’equilibrio.
Davanti alla bottiglieria incontrò una conoscente che non vedeva da un pezzo, lei lo travolse con il suo entusiasmo stordendolo con un fiume di parole, fu arduo mantenere un educato distacco e riuscire ad allontanarsi con garbo: la salutò a voce bassa, fece un mezzo sorriso e continuò per la sua strada.
Sì fermò a comprare il pane, prese il giornale, sorseggiò un buon caffè nel solito bar: erano i posti delle sue consuetudini, i luoghi di ogni giorno e di una vita intera.
Girò a lungo e senza meta.
Aveva dimenticato di prendere i guanti e l’aria era gelida, certo anche a causa della pioggia battente.
Passò davanti a una chiesa e decise di fermarsi a far due chiacchiere con Dio: cose sue, di quelle che non si raccontano in giro ma si confidano solo al Padreterno, senza neanche parlare perché non ce n’è neppure bisogno.
Rimase seduto, nel suo silenzio, per un tempo indefinito.
Distrattamente guardò l’orologio e si accorse che era davvero tardi così si alzò, fece il segno della croce e uscendo di nuovo in strada notò con stupore che aveva smesso di piovere e la luce cadeva obliquamente facendo luccicare la via e inondando di rinnovato chiarore i vicoli circostanti.
Alzando gli occhi vide poi che il cielo era quasi del tutto limpido, il vento gagliardo aveva spazzato via le nuvole e con passo leggero si diresse verso casa.
Soltanto quando fu davanti al portone si accorse che non aveva più il cappello.
Sorrise: del resto non pioveva più.
Miss, tu e la tua Nikon siete fortissime…
Grazie carissimo, feci questa foto l’inverno scorso e da tempo volevo scriverne, ritrovandola è uscita così questa vicenda.
Sono una coppia esplosiva 😉
Mauro, grazie, amico mio!
Ma che delizia il tuo racconto… la foto che ti ha ispirato è ugualmente suggestiva ma le tue parole hanno saputo creare un mondo intorno a quel cappello dimenticato. Dovresti scriverne di più di questi racconti! 😘😘
Amica mia, grazie di cuore, davvero, la tua opinione è sempre preziosa.
Seguirò il tuo consiglio, anche perché mi diverto a scrivere questi raccontini!
Un bacione Viv, buona domenica a te!
Fra fotografie e scritti fai battere il cuore di chi legge e guarda. Un abbraccio Miss te voggiu ben !!!
Mario, grazie infinite, così mi commuovo, davvero!
Buona domenica a te!
Giù il cappello: sei brava!
Grazie di cuore Vincenzo, troppo gentile!
Brava ! Davvero bello il tuo racconto che ci ha introdotto alla foto! Sarebbe bello potesse leggerlo anche l’ ignaro protagonista della tua storia …
Sarebbe bello davvero, cara. Grazie infinite Brunattola, mi fa piacere che ti sia piaciuto!
Hai creato una pioggia delicata di parole poetiche che mi è molto piaciuto. Sei una poetessa meravigliosa, cara Miss Fletcher. Grazie mille e un bacio.
E tu sei un tesoro di amica, cara Irene. Un bacio grande a te e grazie di cuore.
Le cose ti parlano:è un privilegio raro che condividi con noi, grazie!
Grazie Eliana, sei troppo buona! Un abbraccio!