La Madonna della Città venerata da San Bernardo

La memoria di Genova perduta ancora oggi resta tra di noi in ciò che di essa è stato conservato e viene oggi custodito come prezioso tesoro.
Nella sacrestia della Chiesa di Santa Maria di Castello, nel cuore dei vicoli antichi, si trova un magnifico gruppo scultoreo in legno e risalente al XVII Secolo opera di Marcantonio da Poggio e un tempo collocato nel distrutto Oratorio di San Bernardo nell’omonima via.
Vi è raffigurata la Madonna della Città venerata da San Bernardo e Maria appare così come giovane fanciulla dalle gote rosate, lei e Gesù portano la corona sul capo e l’insieme colpisce per la vivacità dei colori e per il senso di serenità suscitato da questi sguardi.

La Madonna posa i piedi su una soffice nuvola, sotto di Lei piccoli angeli.

E questa grazia, questa sublime lievità.

Lo scettro in una mano, il manto turchese che ricopre la sua figura, il Bambino di Gesù così dolcemente stretto a Lei in una rappresentazione sacra di formidabile armonia.

Ai piedi di Maria il Santo in devota preghiera, colpisce la ricchezza del drappeggio del suo abito e la letizia sul suo volto.

Così si custodisce questa sacra dolcezza, amorevole e materna della bella Madonna della Città venerata da San Bernardo.

L’edicola della Madonna in Vico Casana

Questa è una di quelle edicole che forse passa quasi inosservata per la sua collocazione in un punto piuttosto in alto, in Vico Casana.
Su un muro antico, su una casa che accolto innumerevoli respiri, tra le finestre che ospitano la vita.

E salendo su per Vico Casana se alzerete gli occhi anche voi la vedrete.

L’edicola così riccamente decorata ospita una statua della Madonna.

I visetti delicati di certi angioletti così la sovrastano.

E la circondano i fiori e boccioli odorosi.

Così vigila su questo caruggio dall’altezza vertiginosa, custode del passato e del presente.

Nel ritmo dolce e semplice del quotidiano, scandito da preghiere, speranze e desideri di felicità.

Sotto una striscia lucente di azzurro, sfiorata dall’aria fresca del mare così si staglia la Madonna in Vico Casana.

La visita ai Sepolcri nelle Chiese dei caruggi

In questi giorni che precedono la Pasqua ritorniamo a ripetere la nostra tradizionale visita ai Sepolcri: il Giovedì Santo vengono abbelliti con fiori e foglie gli altari della Reposizione dove è posta l’Eucarestia, questi altari restano così decorati fino al Venerdì Santo.
La consuetudine vuole che si visitino i Sepolcri in numero dispari e così ve ne mosterò cinque che ho veduto nella giornata di ieri.
Ricchissima e sempre suggestiva è la composizione collocata nella Chiesa del Gesù e spicca la scritta in latino: in croce est salus vita et resurrectio nostra.

I candelabri dorati circondano invece l’allestimento predisposto nelle Basilica di Santa Maria delle Vigne dove trova spazio anche la tradizione dei cartelami e cioè le sagome di cartone con soggetti sacri tipici delle tradizioni liguri.
Qui sono rappresentati Gesù e gli apostoli durante l’Ultima Cena.

È semplice ed essenziale l’altare della bella Chiesa di San Pietro in Banchi.

E fiori delicati sui toni del rosa abbelliscono l’altare della Chiesa di San Luca.

Accanto, sulla sinistra, un piccolo spazio è così impreziosito dall’oro e da altri fiori.

E infine così è decorata la nostra splendida Basilica della Santissima Annunziata del Vastato: i vasi fioriti sui gradini e gli ulivi sull’altare.
In questi giorni di primavera, in questo tempo di Pasqua.

Alzando lo sguardo in Vico degli Adorno

Alzando lo sguardo in Vico degli Adorno si trova, netto e chiaro, un simbolo della religione cattolica: è il trigramma di Cristo, le lettere IHS che indicano il nome di Gesù.

L’antico bassorilievo si compone di diversi elementi che sempre testimoniano l’autentica devozione che si ritrova in queste vie dalla lunga storia: una Madonna con il Bambino così è posta sulla sommità del bassorilievo.

Due figure reggono la ghirlanda che racchiude il simbolo di Gesù, ai lati di queste figure si distinguono le due lettere T e A.
Alla base è scolpita le seguenti parole in latino: pax huic domui che significano pace a questa casa.

E attorno ci sono anche alberi rigogliosi.

E ancora due stemmi ormai abrasi.

Alzando lo sguardo in Vico degli Adorno si ritrova una di quelle prospettive tipiche della città vecchia: le case dai colori caldi, un certa sicura genovesità.

E si ammira il chiarore del cielo lucente.

Vico degli Adorno è un breve caruggio e inizia da Via Lomellini, si trova proprio di fronte alla dimora natale di Giuseppe Mazzini oggi Museo del Risorgimento.
E così alzando lo sguardo in Vico degli Adorno si vedono le bandiere che sventolano davanti a quelle finestre e come sempre accade, in queste strade ricche di storia, un pensiero si rivolge a chi le ha percorse prima di noi: alcuni divennero personaggi importanti per la città e per la nazione, altri furono solo persone semplici che vissero le loro vite in un tempo diverso dal nostro.
E come noi, in un giorno distante, alzarono lo sguardo in Vico degli Adorno.

Santa Maria di Castello: l’Annunciazione di Giusto di Ravensburg

Per ammirare quest’opera magnifica dovrete recarvi nell’antica Chiesa di Santa Maria di Castello, nel cuore della città vecchia.
Là, nella Loggia dell’Annunciazione, è collocato l’affresco realizzato da Giusto di Ravensburg tra il 1451 e il 1452.
Un panorama bucolico e rasserenante, colori chiari e tenui e un gioco di sapienti simmetrie.
Dio Onnipotente tutto sovrasta ed è raffigurato al centro dell’affresco, tra l’Arcangelo Gabriele e la Madonna.

E i diversi tempi qui rappresentati insieme: oltre la porta, alle spalle dell’Arcangelo Gabriele, la scena della Natività.
Oltre la trifora, invece, la Visitazione.

In questo affresco spiccano poi una varietà di dettagli e una straordinaria ricchezza di particolari
Ecco così lo sportello socchiuso, i libri e le chiavi.

E ancora altri testi sacri.

Una conca colma d’acqua e un uccellino che beve, pare essere un cardellino, uno dei simboli della Passione di Cristo.

L’Arcangelo Gabriele e il suo gesto ieratico.
Tra lui e la Madonna, scritte in oro ed in latino, le prime parole dell’Ave Maria che compongono appunto l’Annunciazione.

La dolcezza della giovane Maria, il suo manto azzurro a incorniciare il viso etereo, i capelli chiari, l’aureola lucente.

La scatola con i rocchetti di filo, il vaso raffinato e all’interno di esso il giglio odoroso e simbolo di purezza.

Le ombre degli oggetti, la semplice quotidianità della vita e il mistero dell’Immacolata Concezione.

Nella quiete mistica di Santa Maria di Castello.

Questa la delicata Annunciazione di Giusto di Ravensburg, un capolavoro di grazia e di armonia.

La Madonna della Misericordia di Via Tommaso Reggio

È un’immagine sacra della Madonna della Misericordia e così è accolta in una nicchia finemente decorata.

L’edicola si trova in Via Tommaso Reggio, strada che un tempo era denominata Via all’Arcivescovato, sui lunari di fine Ottocento si legge che detta via si estendeva da Via di Scurreria a Piazza Nuova.
Poi Piazza Nuova fu chiamata Piazza Umberto I e infine prese il suo attuale nome di Piazza Matteotti: così accade con i toponimi delle vie e così è successo anche con la nostra Via Tommaso Reggio.

La bella edicola così si staglia nella più tipica delle prospettive genovesi rischiarata dal cielo azzurro di Genova.

L’edicola è raffinata, ricca e armoniosa, alla base si scorge una scritta purtroppo indecifrabile.

Fiori delicati la circondano.

E al di sopra della nicchia sulla quale è collocata la statua di Maria due visetti angelici sovrastano un tondo che forse ospitava qualche altre decorazione che purtroppo non è giunta fino a noi.

Tra muri antichi, all’ombra della vicina Cattedrale, in un luogo dalle molte storie.

Il capo coperto, il manto che copre la figura, lo sguardo amorevole.

Tra le case vetuste, tra i battiti del cuore e sotto il cielo chiaro della Superba così si svela ma Madonna della Misericordia di Via Tommaso Reggio.

Scoprendo Vico del Campanaro

Vi porto ancora con me in un caruggio della vecchia Genova, in un viaggio nel tempo che conduce in luoghi perduti.
Arriveremo così in Vico del Campanaro, uno di quei caruggi dei quali alla nostra epoca si è persa la memoria.
Se ne trova ancora traccia, invece, sui vecchi lunari e sui giornali della fine dell’Ottocento: era un vicoletto dalle parti dell’attuale Via Fieschi bassa e Via Porta d’Archi, a pochi metri dalla perduta Piazza di Ponticello e si estendeva tra Vico Rivotorbido e Vico Vernazza (in seguito denominato Vico Cavallerizza) questi due vicoli ai nostri giorni scomparsi risultano ancora esistenti sulla Guida Pagano del 1926 ma non c’è appunto notizia di Vico del Campanaro.
In proposito riesco solo a fare delle supposizioni e mi sembra verosimile l’ipotesi che il nostro Vico del Campanaro sia andato perduto probabilmente nella costruzione di Via XX Settembre che comportò diverse demolizioni.
Di certo del Vico del Campanaro si scriveva ancora nell’anno 1883, ho trovato infatti un breve articoletto in merito su uno dei numeri di settembre di quel tempo distante.
E così partiamo per questo viaggio nel tempo, passeggiamo in Vico del Campanaro che viene descritto come un caruggio piuttosto largo e diritto.
Sembra, scrive l’ignoto autore della nota, che il toponimo possa naturalmente derivare dai campanari che qui lavoravano alacremente nelle loro fonderie.

Deposito del Museo di Sant’Agostino

In alternativa, aggiunge sempre l’autore, potrebbe anche riferirsi all’antica famiglia dei Campanaro, i primi a far costruire agli inizi del ‘300 nella Cattedrale di San Lorenzo una cappella (ora non più esistente) all’epoca destinata alle sacre reliquie di San Giovanni Battista.
Questo gesto generoso garantì ai Campanaro un particolare privilegio: nel giorno delle loro nozze le donne della famiglia avevano il permesso di entrare nella cappella del Santo che era invece proibita a tutte le altre donne pena la scomunica.
Quante vicende vengono alla luce in un oscuro caruggio di Genova!
Era, tra l’altro, un dignitoso vicoletto, infatti si legge sull’articolo che c’erano ben 11 porte di case.
E poi, secondo l’uso e la devozione genovese, c’erano qui le consuete immagini sacre alle quali si saranno certo rivolti sguardi devoti.
Entrando da Vico Vernazza, infatti, si vedeva una statua della Vergine con Sant’Anna e dallo stesso lato un bassorilievo in pietra nera con l’immagine di Gesù al Calvario.
Davanti c’era poi un’altra edicola con una statua della Madonna con Gesù e San Giovanni Battista e sotto di essa la scritta: sub tuum praesidium – vicini pietatis causa.
Se tutto fosse come era allora certamente vi avrei davvero portato là mostrandovi questi antichi angoli genovesi: non conosco il destino delle statue che un tempo si trovavano in quel vicoletto perduto, nutro però la speranza che si siano salvate e siano conservate al Museo di Sant’Agostino dove vengono custoditi marmi, targhe, portali e antiche testimonianze preziose di Genova perduta.
In qualche maniera sono comunque tornata là con voi, nel caruggio con le undici porte.
Sono scesa giù da Vico Vernazza e seguendo la luce ho posato lo sguardo sulla statua della Madonna e poi mi sono soffermata a leggere le parole incise ai piedi di Lei: sub tuum praesidium, in Vico del Campanaro.

Fratello e sorella

Sono due piccoletti ritratti insieme in un giorno lontano dal fotografo Alfred Noack.
Ho immaginato che fossero fratello e sorella e a vederli così vicini, nella foto del ricordo dei giorni d’infanzia, non penso di essere in errore.
Sono due bimbetti, vestiti con cura con abiti all’apparenza piuttosto ricercati e di buon gusto.
Sono due bimbetti di un altro tempo eppure, ad osservarli con attenzione, hanno dei visetti che ci sembra di riconoscere, sono proprio come i loro coetanei della nostra epoca.

L’espressione vivace e curiosa, un mezzo sorriso appena immaginato.
E un fiocchetto e un completo a quadretti.

E le calze bianche, gli stivaletti e i piedi incrociati che forse lui vorrebbe poter dondolare avanti e indietro.

La sorellina, con il suo vestitino chiaro tutto pizzi, tiene una manina sulla gamba di lui, ha i capelli tirati indietro e tenuti fermi da un cerchietto.
E osserva, in questa maniera.
E magari è un po’ timida e magari un po’ sogna, immagina, si perde nelle sue fantasie di bimba.

In un giorno distante, nei caruggi di Genova.
In Vico del Filo, nello studio del fotografo Alfred Noack, fratello e sorella, così vicini, con tutta la vita davanti.

L’Oratorio di Nostra Signora del Rosario

È uno dei luoghi di lontana devozione sito nella città vecchia, l’Oratorio di Nostra Signora del Rosario è un gioiello nascosto incastonato tra le case vetuste di Salita a Santa Maria di Castello e poco distante da questa antica chiesa.
Come si legge nel volume “Gli oratori di Genova” di Paolo Novella edito da Compagnia dei Librai questo luogo di fede divenne sede di una confraternita che aveva la sua origine nella metà del XVI Secolo nella Chiesa di Santa Maria di Castello.
Da principio a questa confraternita si unì la Confraternita delle Anime Purganti e nel 1690 quella intitolata al SS. Nome di Dio e infine, agli inizi dell’Ottocento, si unì anche un’altra Confraternita dedicata a Nostra Signora del Rosario e un tempo avente sede presso il perduto Convento di San Domenico.
La sede della Confraternita è questo locale raccolto e prezioso che negli anni precedenti al 1800 era parte del Monastero di Santa Maria delle Grazie.

Una mattonata, un portoncino verde e oltre quella soglia una devozione tenacemente custodita.

Un altare marmoreo, candelabri dorati, alle pareti quindici dipinti settecenteschi con i misteri del Rosario.

E questa semplice raffinatezza.

Qui si trova un Crocifisso processionale sempre settecentesco e di modeste dimensioni.

Sull’altare è posta la statua in legno raffigurante la Madonna e attribuita al valente scultore Anton Maria Maragliano.

Una grazia radiosa così rischiara il viso di Maria.

Ed è ancora la Madre di Dio ad essere effigiata in un’altra opera presente in questo oratorio: questa è la Madonna del Rosario scolpita nel legno nel 1767 da Giovanni Maragliano, nipote del già citato Anton Maria.
La statua veniva usata nelle processioni e fu restaurata nel 1840 da Paolo Olivari e nel 1880 da Gaetano Graffigna.

E così si coglie questa dolcezza sul viso di Maria.

Angeli giocosi la circondano.

Tra le dita Maria stringe il suo Rosario così come il piccolo Gesù che con l’altra mano regge il mondo sul quale è posta la sua croce.

Ed è un tripudio di angeli a cantare la gloria della Madonna.

A mani giunte, in preghiera.

Là, sul soffitto, le decorazioni ottocentesche opera di Michele Canzio.

Rimane ancora la testimonianza di questa fede antica: le cappe di colore blu dei membri della Confraternita simboleggiano la devozione domenicana alla Madonna del Rosario.

Affissa sul muro vi è poi un’antica e curiosa iscrizione con delle precise prescrizioni.
Infatti, i proprietari della casa dove si trova l’Oratorio sono obbligati a mantenere il tetto dell’Oratorio stesso e a tenere pulito e sgombro di macerie il cortile retrostante.

In un locale attiguo si conserva poi un antico carretto che in epoche difficili e molto lontane veniva utilizzato per il trasporto delle bare.

Nello stesso luogo è anche custodito lo stendardo che è opera di Giuseppe Isola e reca da un lato la bella immagine della Madonna del Rosario, dall’altro lato si può ammirare invece la figura di San Domenico.

Sono queste le molte bellezze dell’Oratorio di Nostra Signora del Rosario che si trova in Salita a Santa Maria di Castello, in questo tratto accanto alla chiesa.

Là, dove agli abitanti di questo edificio è stato lasciato il compito di prendersi cura del tetto dell’Oratorio e del cortile retrostante.

Là, dove questo marmo indica l’esistenza dell’antico Oratorio.

Qui si celebra la messa alle ore 18.00 ogni ultimo sabato del mese, l’oratorio è poi in genere visitabile il venerdì pomeriggio dalle 16.00 alle 17.00.
Il mio particolare ringraziamento va al Signor Roberto Canepa, priore della Confraternita: è stato lui a contattarmi e ad aprirmi le porte di questo gioiello incantevole dei nostri caruggi, è stato lui a svelarmi molti affascinanti misteri di questo luogo così particolare del nostro certo storico.

Anche questo è un prezioso tassello del grande mosaico della storia genovese: è l’Oratorio di Nostra Signora del Rosario, un luogo vibrante di antiche e sentite devozioni.

Finestre di marzo

E sono finestre di marzo e della città vecchia, finestre racchiuse tra antichi muri di pietra, davanti al mare e davanti al blu.
E così si specchia Palazzo San Giorgio su certi vetri in Via Frate Oliverio.

Sono finestre incantate che divengono specchi meravigliosi.

E custodiscono storie di naviganti, di antichi mercanti e di vicende lontane.

Tende bianche e il riflesso di un lampione a Caricamento.

E una finestra nella finestra, in Piazza della Raibetta.

E ancora bianco e nero della nostra Cattedrale in Via San Lorenzo.

E lassù cose degli ultimi piani e terrazzini e cielo azzurro.

Queste finestre di marzo sanno essere ammalianti e lucenti come laghetti tranquilli.
Così accade, nella nostra Via Balbi.

In Piazzetta San Carlo tendine chiare oltre i vetri e poi una tremula chiave sul muro e una piccola finestrella.

C’è tutto quello che c’è e quello che a volte invece svanisce e c’è tutto ciò che sai vedere e immaginare.
Sotto questa luce, queste sono le finestre di marzo.