E’ autunno, una notte d’autunno con un tempo inclemente e piovoso, una di quelle notti nella quali infuria, impietoso, il temporale e i lampi squarciano il buio del cielo, illuminando l’oscurità.
Notte di pioggia, potente e forte.
Notte di paura, di terrore, di emozioni grandi ed immense, di moti dell’animo capaci di mutare per sempre una vita.
E tutto accade qui, in questo palazzo, al civico 7 di Salita San Francesco, la mattonata che da Piazza della Meridiana sale verso Castelletto.
Ospite di parenti, in quella casa, si trova il poeta francese Paul Valéry.
Valéry è giovane, ha appena ventun’anni quando si trova a vivere questa esperienza che segnerà il suo futuro.
Non è un caso che il poeta si trovi nella Superba; sua madre, infatti, è genovese e lui, nella sua infanzia, ha trascorso molte delle sue estati nella nostra città.
Valéry conosce bene Genova e la descriverà come anche noi possiamo vederla, come noi la sentiamo, nella vertigine delle sue salite trafitte dalla tramontana.
Questa città, tutta visibile e presente a se stessa, rifilata con il suo mare, la sua roccia, la sua ardesia, i suoi mattoni, i suoi marmi. In lavorio continuo contro la montagna.
E poi i caruggi, con il suo popolo di donne e bambini, così scrive Valéry: si cammina nella vita complicata di questi profondi sentieri come si entrerebbe nel mare.
E gli odori, i profumi, ve li fa sentire tutti il poeta francese, il formaggio e il caffé, il cacao e le spezie.
Gli odori di una città che per lui è cava d’ardesia.
Una città che in una notte d’autunno flagellata dalla pioggia cambierà il destino di Paul Valéry.
E’ la notte del 5 Ottobre del 1892.
Il temporale, i suoni, la potenza dell’acqua, la prepotenza della luce dei fulmini che filtra nella stanza, notte tremenda ed insonne, notte di sussulti.
Quando si ha una sensibilità fuori dal comune, quando si è altro, rispetto alla banalità di molti, un simile vissuto lascia una traccia profonda nell’animo.
Paul Valéry, intellettuale, filosofo e poeta attribuì a quella notte e alla potenza di quel temporale la sua ferma decisione di raffrontarsi in maniera diversa con il suo mondo poetico allontanandosi da esso e abbandonando la poesia per lungo tempo per votare la propria esistenza al culto dell’intelletto.
E nel suo ricordo di quell’esperienza, nelle parole che Paul Valéry scrive, si legge una sorta di rivoluzione interiore, totale e definitiva.
Temporale spaventoso questa notte. L’ho passata seduto sul mio letto.
Abbagliante per ogni lampo, tutto il mio destino si giocava nella mia testa. Io sono tra me e me sofferto enormemente. Ma io voglio disprezzare tutto ciò che passa dentro le tempie.
Stato insopportabile. Stato critico. Stato di trasformazione. Può essere effetto di questa tensione e di questi scoppi improvvisi.
Quella notte che lui definisce spaventosa ed infinita svelò al poeta quale fosse il suo destino e Valéry così scriverà.
Voglio ricordarti che tutta la mia vita intellettuale è dominata dall’evento del 1892.
Sul palazzo in Salita San Francesco, in alto è posizionata una lapide, a memoria di quanto accaduto in quelle terribili ore buie, la Nuit de Gênes di Paul Valéry.
Sei un pozzo di scienza e conoscenza!
Oh caspita, non esagerare Elena…grazie però! Un bacione!
E’ vero!!! BAci e buon we!
Buongiorno!
Non voglio fare l’insensibile, ma il nostro caro Valéry si è spaventato per un temporale e decise di abbandonare la poesia? Qualcosa non mi quadra…
Che razionalismo! Un abbraccio Massimo!
Adoro la scrittura di valery, bellisimo questo post!
Grazie tesoro, un abbraccio grande!
Credo che quando la nostra mente è in grande fermento qualsiasi fenomeno che esca dall’ordinario possa fungere da catalizzatore. Forse il temporale per Valery è arrivato al momento giusto, a suggellare il desiderio di cambiamento. Bacioni
Credo che tu abbia centrato il tema Viv! Un abbraccio!
Ma……io non ho capito tanto bene!!!!!Ma che tragedia è successa??
Lo dici sempre tu, gli artisti sono particolari…così è per Valéry!
Miss, perdonami ma non ho capito. Praticamente il temporale è stata quella cosa che ha fatto scattare come una molla nella testa del poeta, giusto? Una molla che gli ha bloccato il suo voler far poesia. Oh che figura Miss, se non è quello il messaggio, ti prego, perdonami!!! Però è intrigante comunque questo post. Brava, brava.
Sì cara, una sorta di evento scatenante, che ha fatto scaturire la sua crisi interiore.
Non hai proprio niente da farti perdonare, tranquilla! Un bacetto!
Ma tu pensa… questa proprio non la sapevo. Interessante. Mi hai fatto conoscere proprio una curiosità.
peccato che questi temporali siano così rari allora. Farebbero cambiare idea a molte persone.
Mi era sfuggito questo commento, sempre puntuale e preciso, hai perfettamente ragione.
Pingback: Nella casa che ospitò un celebre poeta | Dear Miss Fletcher
e così ho letto anche questo tuo stupendo articolo.. vedi che pian piano mi rifaccio del tempo perduto… Grande Miss! ❤
Grazie Anna Maria, tu sei davvero una lettrice fedele!
Un bacione!
Miss, e poi alcuni i temporali li chiamano: “cattivo tempo”…
Eh già, sei sempre arguto, caro Sergio!