L’Oratorio di Nostra Signora del Rosario

È uno dei luoghi di lontana devozione sito nella città vecchia, l’Oratorio di Nostra Signora del Rosario è un gioiello nascosto incastonato tra le case vetuste di Salita a Santa Maria di Castello e poco distante da questa antica chiesa.
Come si legge nel volume “Gli oratori di Genova” di Paolo Novella edito da Compagnia dei Librai questo luogo di fede divenne sede di una confraternita che aveva la sua origine nella metà del XVI Secolo nella Chiesa di Santa Maria di Castello.
Da principio a questa confraternita si unì la Confraternita delle Anime Purganti e nel 1690 quella intitolata al SS. Nome di Dio e infine, agli inizi dell’Ottocento, si unì anche un’altra Confraternita dedicata a Nostra Signora del Rosario e un tempo avente sede presso il perduto Convento di San Domenico.
La sede della Confraternita è questo locale raccolto e prezioso che negli anni precedenti al 1800 era parte del Monastero di Santa Maria delle Grazie.

Una mattonata, un portoncino verde e oltre quella soglia una devozione tenacemente custodita.

Un altare marmoreo, candelabri dorati, alle pareti quindici dipinti settecenteschi con i misteri del Rosario.

E questa semplice raffinatezza.

Qui si trova un Crocifisso processionale sempre settecentesco e di modeste dimensioni.

Sull’altare è posta la statua in legno raffigurante la Madonna e attribuita al valente scultore Anton Maria Maragliano.

Una grazia radiosa così rischiara il viso di Maria.

Ed è ancora la Madre di Dio ad essere effigiata in un’altra opera presente in questo oratorio: questa è la Madonna del Rosario scolpita nel legno nel 1767 da Giovanni Maragliano, nipote del già citato Anton Maria.
La statua veniva usata nelle processioni e fu restaurata nel 1840 da Paolo Olivari e nel 1880 da Gaetano Graffigna.

E così si coglie questa dolcezza sul viso di Maria.

Angeli giocosi la circondano.

Tra le dita Maria stringe il suo Rosario così come il piccolo Gesù che con l’altra mano regge il mondo sul quale è posta la sua croce.

Ed è un tripudio di angeli a cantare la gloria della Madonna.

A mani giunte, in preghiera.

Là, sul soffitto, le decorazioni ottocentesche opera di Michele Canzio.

Rimane ancora la testimonianza di questa fede antica: le cappe di colore blu dei membri della Confraternita simboleggiano la devozione domenicana alla Madonna del Rosario.

Affissa sul muro vi è poi un’antica e curiosa iscrizione con delle precise prescrizioni.
Infatti, i proprietari della casa dove si trova l’Oratorio sono obbligati a mantenere il tetto dell’Oratorio stesso e a tenere pulito e sgombro di macerie il cortile retrostante.

In un locale attiguo si conserva poi un antico carretto che in epoche difficili e molto lontane veniva utilizzato per il trasporto delle bare.

Nello stesso luogo è anche custodito lo stendardo che è opera di Giuseppe Isola e reca da un lato la bella immagine della Madonna del Rosario, dall’altro lato si può ammirare invece la figura di San Domenico.

Sono queste le molte bellezze dell’Oratorio di Nostra Signora del Rosario che si trova in Salita a Santa Maria di Castello, in questo tratto accanto alla chiesa.

Là, dove agli abitanti di questo edificio è stato lasciato il compito di prendersi cura del tetto dell’Oratorio e del cortile retrostante.

Là, dove questo marmo indica l’esistenza dell’antico Oratorio.

Qui si celebra la messa alle ore 18.00 ogni ultimo sabato del mese, l’oratorio è poi in genere visitabile il venerdì pomeriggio dalle 16.00 alle 17.00.
Il mio particolare ringraziamento va al Signor Roberto Canepa, priore della Confraternita: è stato lui a contattarmi e ad aprirmi le porte di questo gioiello incantevole dei nostri caruggi, è stato lui a svelarmi molti affascinanti misteri di questo luogo così particolare del nostro certo storico.

Anche questo è un prezioso tassello del grande mosaico della storia genovese: è l’Oratorio di Nostra Signora del Rosario, un luogo vibrante di antiche e sentite devozioni.

Finestre di marzo

E sono finestre di marzo e della città vecchia, finestre racchiuse tra antichi muri di pietra, davanti al mare e davanti al blu.
E così si specchia Palazzo San Giorgio su certi vetri in Via Frate Oliverio.

Sono finestre incantate che divengono specchi meravigliosi.

E custodiscono storie di naviganti, di antichi mercanti e di vicende lontane.

Tende bianche e il riflesso di un lampione a Caricamento.

E una finestra nella finestra, in Piazza della Raibetta.

E ancora bianco e nero della nostra Cattedrale in Via San Lorenzo.

E lassù cose degli ultimi piani e terrazzini e cielo azzurro.

Queste finestre di marzo sanno essere ammalianti e lucenti come laghetti tranquilli.
Così accade, nella nostra Via Balbi.

In Piazzetta San Carlo tendine chiare oltre i vetri e poi una tremula chiave sul muro e una piccola finestrella.

C’è tutto quello che c’è e quello che a volte invece svanisce e c’è tutto ciò che sai vedere e immaginare.
Sotto questa luce, queste sono le finestre di marzo.

Anatre a Boccadasse

E arrivare una mattina di marzo a Boccadasse, è abbastanza presto e tutto è quieto e silenzioso, non c’è quasi nessuno, alcuni mattinieri passeggiano per il borgo sotto il cielo terso e lucente.

E arrivare una mattina a Boccadasse e vedere sguazzare in mare alcune splendide anatre, non mi era mai capitato prima, una circostanza fortunatissima!

Si trattava di certi eleganti germani reali che fluttuavano felici sull’acqua.

Che colori, che sfumature.

E che tinte vivaci nella nostra Boccadasse ancora un po’ assonnata sotto le luci del giorno.

E sassi, cielo azzurro e panni stesi.

E le anatre che con movenze sinuose si allontanavano verso il largo.

In uno romantico annuncio di primavera che mi ha lasciato piacevolmente sorpresa.

E le sole bagnanti, in questa mattina marzolina, erano loro: le anatre.

Una dopo l’altra, via, dietro lo scoglio.

E sull’acqua luccicante di riflessi.

E non mancavano certo i soliti bianchi gabbiani.

E il tempo era dolce, sulla spiaggia di sassi di Boccadasse.

Mentre l’onda lenta accarezzava la riva.

E certe provette nuotatrici si spostavano con eleganza sull’acqua chiara del mare.

Nella cornice incantevole della nostra bella Boccadasse in un giorno di primavera.

Andando verso la primavera

Andando verso la primavera, l’orizzonte è così, celeste e sereno.
Le giornate sono sempre più lunghe, un piacevole tepore fa schiudere i fiori dalle tinte vivaci.
I visi sono più allegri, andando verso la primavera si è come animati dal desiderio di luce e di relax e di giornate da trascorrere all’aria aperta.
E così, andando verso la primavera, anche le scale sembrano meno faticose e tutto ci appare più lieve, più semplice e così dolcemente primaverile.

Tre sorelle in bianco (per non parlar del cane)

Loro sono tre, furono così ritratte in un giorno del passato e della loro giovinezza, scorgo una certa somiglianza tra di loro e così ho immaginato che fossero tre sorelle.
Un candore impalpabile nei loro abiti, aggraziata gentilezza nei gesti e nella posa.
Pensieri vaghi, respiri trattenuti e sorrisi velati di timidezza.

E questa fermezza nello sguardo, sono occhi scuri e grandi i suoi.
Una collana con il ciondolo e una grazia impareggiabile.

Le altre due giovani stringono fiori tra le dita.

E tutte portano vaporosi abiti bianchi e scarpe bianche vezzosamente chiuse con un fiocco setoso.

E i loro cappelli!
Ampi, eleganti e di rara raffinatezza.
Un guizzo negli occhi, le labbra socchiuse, la dolcezza della gioventù.

E una mano sotto il mento, l’espressione saggia e pensierosa, un sorriso garbato e composto, proprio come si conviene.

Il titolo di questo post, come molti di voi avranno certamente già compreso, si ispira scherzosamente ad un capolavoro della letteratura inglese, uno dei miei romanzi preferiti: Tre uomini in barca (per non parlar del cane) di Jerome Klapka Jerome.
Le nostre tre gentili signorine, infatti, non erano sole in questa fotografia.
Insieme a loro c’era anche il loro fido amico a quattro zampe, pure lui candido candido come gli abiti delle giovani donne, sembra un tipo di buon carattere e una buona compagnia per le passeggiate rigeneranti.
E così, da un passato lontano, ho riportato qui questi sguardi: tre sorelle in bianco (per non parlar del cane).

Piazza dietro i Forni: antiche devozioni

È un fazzoletto di Genova, la nostra piccola e raccolta Piazza dietro i Forni si raggiunge da Salita della Rondinella e fa parte di quell’incantato mondo sospeso di caruggi, mattonate e piazzette che occupano la zona sottostante Spianata Castelletto e sopra la Zecca e Via Cairoli.
E qui, sul muro di un magnifico edificio, si trova un’edicola che testimonia antiche devozioni.

Tra le finestre, tra i respiri della vita quotidiana.

Il toponimo, come sempre spiega accuratamente lo storico Amedeo Pescio, si deve al fatto che nell’attuale Piazza delle Zecca vennero collocati agli inizi del ‘700 i forni pubblici e il luogo prescelto venne denominato Piazza dei Forni.
E così la nostra piazzetta ne ricavò, di conseguenza, questo nome.

L’edicola è ricca e sontuosa, con molti elementi decorativi.
Giuseppe Navone nel suo volume Viaggio nei caruggi afferma che un tempo qui era collocato un dipinto della Madonna con il Bambino risalente al XVIII Secolo che venne poi ritirato dalla Curia e al suo posto fu sistemata una copia.
Per lungo tempo, tuttavia, il tabernacolo è rimasto vuoto come lo vedete nell’immagine che segue.

Di recente ho avuto modo di passare in Piazza dietro i Forni e ho notato che nell’edicola è stata collocata un’immagine sacra che mi sembra corrispondere alla descrizione dell’originale fatta dal Navone e quindi potrebbe esserne appunto una copia.
Si nota la Madonna che tiene accanto a sé il piccolo Gesù e alle spalle di loro ci sono due angeli.

Sul cartiglio si legge una scritta in latino: Refugium Peccatorum Mater Dei Memento Mei.
Il significato è: Rifugio dei peccatori Madre di Dio ricordati di me.

Tra profumati boccioli emergono poi i visetti giocosi di piccoli cherubini.

E il cielo della Superba, denso di luce e di azzurro, così sovrasta il palazzo e la bella edicola.

Sono le tracce di un passato lontano, sono le antiche devozioni di Piazza dietro i Forni.

Acqua zampillante in vita eterna

Ritorno con voi nella penombra silenziosa del Cimitero Monumentale di Staglieno, nella Seconda Galleria Frontale a Levante si trova il monumento funebre delle famiglie Cozzetti Perelli Vaccarezza.
L’opera risale al 1931 e si deve al prolifico e talentuoso scultore Federico Bringiotti, un artista che fece della grazia armoniosa uno dei suoi tratti distintivi.
Una palma, la figura ieratica di Cristo.

E l’acqua cristallina che fluisce sulle rocce, una fanciulla così raccoglie l’acqua della vita nel palmo della sua mano.

Lo sguardo di Gesù, la sua amorevole figura.

La veste che tocca i suoi piedi, i suoi sandali.

Il manto che si posa delicatamente sulla caviglia della fanciulla, lasciando scoperto il piede.
Questo dettaglio ricorda la postura della ragazza del Monumento Consigliere.

E osserviamo ancora meglio l’insieme della monumento marmoreo scolpito da Federico Bringiotti.

Lasciamo Staglieno e seguiamo la luce che così sfiora il porticato del Cimitero della Castagna a Sampierdarena.
A custodire l’eterno riposo dei componenti della famiglia Riccardi è ancora un’opera di Federico Bringiotti.
In questo caso le due figure sono in bronzo.

La stessa dolcezza, la stessa mano amorosa.

La stessa acqua che scorre, rapida e ineluttabile.

Acqua salvifica, pura e perennemente sgorgante.

Il sole illumina questa grazia, le mani, le labbra, l’abito che copre la figura.

E l’acqua scende per l’eternità e cade ancora nella mano di una terza fanciulla, rappresentata nella medesima postura delle due precedenti.

Tra fiori sboccianti, in questa perfetta armonia, queste è l’opera di Federico Bringiotti posta sulla Tomba Bonanini e sita nella Galleria delle Edicole del Cimitero Monumentale di Staglieno.

Alla base di queste tre tombe sono scolpite le medesime parole tratte dal Vangelo Secondo Giovanni.

Acqua zampillante in vita eterna, così narrata in maniera magistrale dallo scultore Federico Bringiotti.

Basilica di Santa Maria Immacolata: le ricchezze della facciata

La Basilica di Santa Maria Immacolata è una delle chiese più fastose di Genova: progettata nella seconda metà dell’Ottocento venne realizzata su progetto dell’architetto Maurizio Dufour e aperta al culto nell’anno 1873.
Si tratta di un edificio di particolare ricchezza, è una chiesa ampia e vasta costruita sull’ottocentesca Via Assarotti che è una delle vie di quella Genova Nuova pensata e immaginata dagli uomini di quel tempo e rimasta a noi come preziosa eredità.
Vorrei mostrarvi, in questa circostanza, alcune delle ricchezze che abbelliscono la facciata della Chiesa, sono opere di artisti che lasciarono la traccia del loro indiscutibile talento.

Ho consultato a tal scopo l’esaustivo ed interessante libretto scritto da Ferruccio Mazzucco e disponibile presso la Basilica stessa.
Osserviamo la chiesa nella sua indiscutibile magnificenza, la facciata venne realizzata utilizzando diversi tipi di marmi pregiati e abbonda di decorazioni ed ornamenti diversi come fiori e foglie rampicanti.

Nella parte superiore, nel grande frontone centrale, si trovano dei tondi scolpiti da celebri artisti: al centro si trova il Cristo di Domenico Carli, ci sono poi San Marco di Pietro Costa, San Giovanni di Federico Fabiani, San Pietro di Domenico Carli, San Paolo di Giovanni Scanzi, San Matteo di Lorenzo Orengo, e infine San Luca dello scultore Giacobbe.
Questi artisti lasciarono la loro eredità di bellezza in molti luoghi diversi, primo tra tutti il Cimitero Monumentale di Staglieno.

E al di sotto ecco sette angeli, sono magnifiche creature celesti opera dello scultore Antonio Canepa.

E suonano una musica celestiale per celebrare la gloria di Dio: uno legge la musica e un altro soffia gentile su un flauto.

Uno pare intonare una melodia armoniosa e uno muove le dita svelte sul suo mandolino.

E infine uno suona la tromba.

Si staglia nel cielo chiaro la bella statua della Madonna Immacolata posta sul culmine della cupola e opera di Giuseppe Pellas su modello di Giovanni Scanzi.

Sulla sommità della Chiesa, invece, si erge l’amorevole figura del Cristo Risorto scolpito da Antonio Canepa.

Sulla facciata trovano spazio poi due bassorilievi realizzati da Antonio Burlando su modello di Antonio Canepa.
A sinistra del portale è così rappresentata l’Annunciazione.

Sull’altro lato invece si trova la Visitazione.

Osserviamo ancora questa maestoso portale: nella lunetta si ammira il magnifico mosaico nel quale è rappresentata l’Incoronazione della Vergine realizzata sui disegni di Cesare Maccari.

Sulla sommità del portale invece si erge lieve e gloriosa la figura dell’Arcangelo Michele che stringe in una mano la sua spada, la scultura si deve ancora ad Antonio Canepa.

Due nicchie sono poste ai lati del portale e accolgono le opere di due artisti di impareggiabile talento.
Il sole così lambisce la figura ieratica di San Giovanni Battista scolpita dal talentuoso Giovanni Battista Villa.

Il Patrono della Superba è rappresentato mentre stringe a sé la bandiera di Genova.

Sull’altro lato si staglia poi nella sua fierezza un altro santo molto caro ai genovesi: ha l’armatura, lo scudo, le sue doti guerresche sono bene rappresentate.

E tiene sotto il suo piede il serpente: è il nostro San Giorgio magistralmente scolpito da Giovanni Scanzi.

Non è il solo luogo nel quale potete trovare questo sguardo indomito.
Lo scultore Giovanni Scanzi, infatti, volle un’identica statua di San Giorgio a custodire il suo sonno eterno e così la si ammira sulla tomba dell’artista nel Porticato Inferiore a Levante del Cimitero Monumentale di Staglieno.

La Basilica di Santa Maria Immacolata è una chiesa ricca e imponente, al suo interno si conservano opere di abili scultori e artisti, sull’altare maggiore è collocata la splendida Madonna Immacolata di Santo Varni e numerose sono le altre opere degne di nota delle quali tornerò a parlare.
Vi ho mostrato, con semplicità e alla mia maniera, il sole che sfiora i tratti degli angeli che custodiscono questo luogo.

Percorrendo Via Assarotti lo sguardo incontra questa grazia e questa leggiadria.
Soffermatevi ad ammirare tutta questa bellezza che così si svela sulla facciata della Basilica di Santa Maria Immacolata.

La Madonna della Misericordia in Via di Scurreria

È un semplice medaglione ed è collocato sopra il portone del civico numero 6 di Via di Scurreria, a pochi passi dalla Cattedrale di San Lorenzo.
In questa dolcezza radiosa così si svela l’immagine amorevole della Madonna della Misericordia che accoglie generosa nel suo materno abbraccio chi si rivolge a Lei.

Ai piedi della Madonna il Beato Botta in devota preghiera.

È un’opera magnifica per armonia e per il formidabile senso del movimento creato dalle figure scolpite da Giacomo Antonio Ponsonelli (anche noto come Giacomo Antonio Ponzanelli), artista vissuto tra la fine del ‘600 e la prima metà del ‘700.
Ad osservare questa figura di Maria e la sua postura mi è tornata alla mente un’altra opera di Ponsonelli che ritrae ancora la Madonna della Misericordia: si tratta della statua sita nella Chiesa della Santissima Annunziata di Portoria, di questa scultura scrissi tempo fa in questo articolo.
Trovo che queste due opere presentino dei tratti comuni e che, in qualche modo, sia riconoscibile lo stile dell’artista.

Una moltitudine di angioletti circonda la figura della Madre di Dio.

Se passate in Via di Scurreria alzate anche voi lo sguardo e i vostri occhi troveranno la dolcezza della Madonna della Misericordia.

Fiocco di neve

Fiocco di neve era un biondino con la riga da un parte e gli occhi chiari e vispi.
Fiocco di neve era un tipo sveglio, dall’intelligenza pronta e vivace, basta guardare il suo faccino per capirlo.

Fiocco di neve, un bel giorno, venne vestito così: da fiocco di neve, per l’appunto.
Va detto che aver riconosciuto questa maschera è merito della mia amica Cristiana che ha compreso subito che non poteva esserci altra spiegazione per tutta questa candida morbidezza.
Dunque, Fiocco di neve se ne andava il giro portandosi dietro tutto questo ambaradan piuttosto ingombrante e mi pare di vederlo mentre esce di casa trotterellando dietro alla mamma e dietro alla sorellina.
Sì, perché Fiocco di Neve doveva essere il fratellino minore della Piccola Eva, ho trovato le loro fotografie insieme e sono state scattate dallo stesso fotografo, mi pare poi di notare una certa somiglianza tra i due bimbetti e così mi sembra possibile supporre che fossero davvero fratelli.

Nulla era lasciato al caso anche nell’abito di questo piccoletto.

Erano giorni diversi dai nostri ma la gioia del Carnevale resta identica per i bimbi di ogni tempo.
Ritto in piedi, con tutta la vita davanti, c’era anche lui: un piccolo bellissimo Fiocco di neve.