Salita del Prione e Piazza delle Erbe, le strade del popolo

Ripida, giù a precipizio.
Le discese di Genova vanno in picchiata, come i gabbiani.
Come Salita del Prione, la strada che si incontra lasciandosi alle spalle Porta Soprana e che vi condurrà in Piazza delle Erbe.
Andiamo indietro, fino al Medioevo, a tempi lontani e cupi.
E qui, in Salita del Prione, vedremo un banditore ritto su una pietra che serio arringa la folla.
Il popolo lo ascolta con attenzione, alcuni non comprendono bene ciò che dice.
Una vecchia, con la bocca tutta sgangherata e le spalle curve,  si appoggia ad un bastone e intanto annuisce.
Finge di capire, è il meglio che può fare.
Accanto a lei un giovane, rosso in volto e con lo sguardo infuocato, si atteggia, meglio che può, a persona mite.
Non lo è, è un prepotente, uno di quelli che quando fa buio se ne va in giro con un pugnale.
Lui e i suoi pari, quelli a cui si accompagna, non si fanno scrupolo di puntare la lama al collo del primo malcapitato che abbia la disgrazia di imbattersi sul loro cammino.
No, loro minacciano, rubano e depredano.
Entrano nelle case e si prendono ciò che non è loro, non solo denari anche le donne, vergini o spose.
E nelle chiese, se possono, se la squagliano con i calici d’argento sottobraccio.
Eppure ora è qui, ascolta e capisce fin troppo bene le parole del banditore.
Questi parla con voce stentorea, rende edotti i genovesi degli ultimi decreti emessi dalle pubbliche autorità.
E lo fa da lì, dal prione, la pietra dalla quale sovrasta il suo pubblico, la pietra che lascerà il nome a questa strada.

Era una zona pericolosa questa.
Più giù si incontra Vico di Mezzagalera.
E vai a vedere le coincidenze, questa strada prende il nome da un tipo di imbarcazione, più piccola della galera, evidentemente.
Ma qui destino vuole che, a metà del 1500, abitassero loschi figuri e pericolosi malavitosi.
Narra Francesco Podestà nel suo libro “Il colle di Sant’Andrea in Genova e le regioni circostanti” di una supplica, datata 14 luglio 1567, con la quale i cittadini onesti della zona chiedono a gran voce l’intervento della forza pubblica.
Non si fa vita in Vico di Mezzagalera.
Assassini, omicidi, ferimenti: la gente è terrorizzata.
Non si può mica andare avanti così, la buona gente del quartiere è tutta concorde.
Si sono riuniti più di una volta, ne hanno parlato e alla fine, si legge nella supplica, la decisione è stata presa.
Hanno eletto un comitato addetto a gestire la questione, si sono tassati e hanno raccolto una discreta somma di denaro, sufficiente a comprare le case di quei delinquenti, quella gentaglia di Mezzagalera.
Ah, sì, è la soluzione ottimale!
E quando i cittadini onesti avranno messo le mani su quelle maledette case, queste verranno distrutte, rase al suolo, pietra su pietra.
Ah, sì, questo si chiama risolvere il problema alla radice!
Ripida, giù a precipizio come un gabbiano che si tuffa nel mare, Salita del Prione si inabissa e si perde là, in piazza delle Erbe.

Questa piazza ariosa e soleggiata, scrive ancora il Podestà, fu spianata nel 1529 e dapprima ebbe il nome di Piazza Nuova la Nuova, per distinguerla da quella in fronte a Palazzo Ducale, fu detta poi Piazza Nuova da basso ed infine Piazza Nuova o delle Erbe.
E qui come si può intuire dalla sua etimologia, aveva sede il mercato della frutta e degli ortaggi.
E se eravate un contadino, uno di quelli che voleva vendere il frutto del proprio lavoro sul mercato, dovevate seguire delle regole ben precise.
Oh sì, la burocrazia anche allora!
I bezagnini, ovvero i contadini che avevano i loro orti lungo il fiume Bisagno, dovevano iscriversi ad un ufficio apposito presso i Padri del Comune.
Si mettevano tutti i nomi dentro una grande ruota e, con un’estrazione, si abbinava ogni nome ad un numero che corrispondeva al banco che si sarebbe occupato in piazza delle Erbe.
Chissà che via vai, da queste parti!
E chissà le massaie, quelle che abitavano qui.
Si saranno affacciate dalle finestre per godersi lo spettacolo di tutto quel ben di Dio?

E non era finita.
Un piazzero aveva l’appalto per la riscossione di un diritto di occupazione del suolo da parte dei commercianti.
Da queste parti poi, a partire dal 1649, vennero trasferiti anche i venditori di carne di capretto che prima avevano la loro sede in Sant’Ambrogio e a Porta dei Vacca.
Una bella comodità, si poteva comprare carne e verdura nello stesso posto.
Dieci anni dopo, si aggiunse un altro genere alimentare.
C’erano, in Piazza Nuova, quell’altra sita di fronte a Palazzo Ducale e perciò nella zona più nobile, dei venditori di panisette, friescieu e alte cose simili.
Non stava bene nel salotto buono della città!
Se ne ordinò il trasloco e si stabilì che essi occupassero la zona centrale della piazza, mentre tutto intorno, ad anello, avrebbero dovuto disporsi i banchi di frutta e verdura.
Che meraviglia! Cosa darei per vedere Piazza delle Erbe,con i banchi, le ceste ricolme di frutta, le donne con il grembiule e quelli che friggono la panissa, sudati e trafelati. E quanti clienti!
Tutta la città viene a comprare in Piazza delle Erbe!

Oggi questa non è più piazza di mercato.
Altra folla la occupa, speciamente di sera.
E’ il centro della movida, della vita notturna, ci sono locali, birrerie e ristoranti; io ve l’ho mostrata deserta, ma di sera, qui e nei vicoli circostanti, quasi non si può camminare per tutta la gente che c’è.
A Genova il fruttivendolo si chiama ancora bezagnino, come quei contandini che, un tempo, avevano gli orti sul Bisagno.
Salita del Prione è ancora ripida, va giù, a precipizio.
Come i gabbiani.
Verso Piazza delle Erbe.

29 pensieri su “Salita del Prione e Piazza delle Erbe, le strade del popolo

    • A quanto ho letto, le case le hanno buttate giù. Ma se abbia funzionato, ovvero se negli anni successivi non si siano stabiliti in zona altri deliquenti, chi lo sa…certo è che le cronache del tempo parlano di grandi violenze, molte aggressioni. Per di più, oltretutto, magari emettevano una grida su un ricercato e poi, a chi dava notizie, concedevano la possibilità di rimettere in libertà uno o due “banditi”…direi che così non se ne esce!

  1. Come cambiano le cose vero? Cosa c’è oggi e cosa c’era anni fa. Sempre su quelle strade e tra quelle case. Bellissime foto, nei tuoi post a volte mi sembrava un paese francese, a volte, uno scorcio piemontese, a volte era Genova inconfondibile. Mi sembra di capire che Genova ha mille sfumature e mille facce diverse. Fa parte anche questo del suo fascino. Sai Miss cosa mi piacerebbe facessi se riesci? Che posti una foto di Genova com’era e poi, lo stesso posto, com’è oggi. Ora che me l’hai fatta piacere questa città mi incuriosisce tanto. Mi piacerebbe molto, se puoi. Un abbraccio Pigmy.

  2. Ogni cittadina ha la sua Piazza delle Erbe, il fascino è tangibile… ma tu riesci sempre a dipingere cose “comuni” in modo mirabile, con il tuo pennello specialissimo!
    Un baciotto e buon inizio di settimana
    Susanna Cerere

  3. Pingback: Sette volte Miss Fletcher « Dear Miss Fletcher

  4. Pingback: Una sosta golosa alla Pasticceria Viganotti | Dear Miss Fletcher

  5. Miss, bello-bello, questo post… e già… le altissime Torri di Porta Soprana scrutavano minuziosamente il mare… ma come spesso succede, i veri nemici erano in casa… oggi, le cose non è che vadano diversamente, quelli made in Italy, non è che siano molto lontani…

  6. Alcune fonti riportano la sede del “litografo Nicolò Armanino” nell’anno 1840 proprio all’indirizzo Salita del Prione 474… Chissà a che altezza si trovava questo civico!?

  7. Pingback: Il barchile di Piazza delle Erbe | Dear Miss Fletcher

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