Da un diario genovese del passato, automobili nella Superba

E’ arrivato tra le mie mani in maniera inaspettata, me lo ha dato una mia concittadina che legge e apprezza queste mie pagine, una nuova amica.
E’ il diario di un suo antenato, Francesco Dufour, appartenente a una famiglia nota non solo a Genova.
Il signor Francesco ha voluto lasciare i ricordi di ciò che ha veduto e ha scritto le sue memorie, io leggo queste sue pagine battute a macchina e mi pare quasi di conoscerlo!
Ha uno stile piacevole e chiaro, non manca quel sottile senso dell’ironia tipicamente genovese, vi strapperà più di un sorriso!
E allora vi porterò nella strade della Superba con i suoi racconti, li copierò come lui li ha scritti, sono perfetti così e non mi permetterei di cambiare una virgola.
Iniziamo dai rocamboleschi viaggi in automobile nella Genova del passato.

Piazza De Ferrari

 Piazza De Ferrari, viaggiata nel 1910
Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

Quando ero bambino ci si serviva del vetturino Donzelli che posteggiava in Piazza dell’Annunziata; si mandava a chiamare per recarci a Cornigliano.
Qui Carlino teneva un cavallo da sella con il quale si recava a Coronata e al Belvedere.
Nel 1915 papà comprò una Fiat Zero, era una Torpedo a 4 posti.
Era una cosa nuova, nessuno se ne intendeva; Carlino la guidava seguendo il “Manuale dell’Automobilista”.
L’automobile era il primo elemento di prestigio, si diceva “Il tale ha l’automobile” come si sarebbe detto “Il tale è milionario”.
L’automobile era, in principio, riservata ai padri di famiglia, alle persone di qualche importanza, non aveva ancora il significato sportivo che ha adesso.
Chi aveva l’automobile aveva anche lo chauffeur, l’automobile serviva innanzi tutto a scopo rappresentativo, per le visite, i matrimoni, i funerali, il Carlo Felice.
Sarebbe stata una sconvenienza arrivare in taxi.

Piazza De Ferrari (2)

Teatro Carlo Felice
Cartolina appartenenete alla Collezione di Stefano Finauri

Poi avevamo una grossa berlina SPA.
Un vetro separava l’autista dai passeggeri e gli ordini si davano con un tubo portavoce, in un angolo un vasetto di fiori.
Lo chauffeur apriva lo sportello e stava sull’attenti con il berretto in mano.
Gli autisti avevano una divisa scura e una chiara secondo il colore della macchina; portavano i gambali, solo pochi raffinati portavano gli stivali.
Dopo un certo tempo si pensò che una macchina aperta sarebbe stata più panoramica per le gite, allora venne in uso la decappottabile chiamata torpedo e se a due posti chiamata spider.

Piazza Corvetto

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

Le strade, non asfaltate, erano molto polverose, con queste macchine si viaggiava in una nuvola di polvere.
Il viaggio era un continuo cercare di sorpassare per evitare la polvere di chi stava davanti.
Per il vento e la polvere era come andare in motocicletta.
Le signore portavano veli, maschere e spolverini, gli uomini spolverini, berretto e occhialoni, i più chic erano i Meyrowitz.
Molto frequenti erano le pannes, molto spesso scoppiava una gomma tagliata dallo spigolo di una pietra spaccata e specialmente per i chiodi dei ferri dei cavalli.
Non c’era la ruota di scorta, bisognava smontare la ruota, poi con 2 lunghe leve smontare il copertone, estrarre la camera d’aria e su un paracarro, con carta vetro, mastice e una pezza si riparava il guasto.
Spesso si tappava il carburatore, sulla Via Emilia, dove nei rettilinei si lanciava la macchina, erano frequenti le fusioni delle bronzine.
Mi ricordo che quando si arrivava a Genova e si vedevano i tram si diceva: per male che vada ormai si può arrivare a casa!

Via XX Settembre (3)

Tram in Via XX Settembre da Ponte Pila – viaggiata nel 1914
Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

Le automobili avevano vicino al vetro un faro mobile che si poteva puntare in tutte le direzioni.
Il parabrise si poteva abbassare tutto per diminuire la resistenza dell’aria e per aumentare la potenza del motore, si poteva, con un pedale, eliminare la marmitta.
Mi ricordo con che soddisfazione, al principio di una salita, libero e generoso, il fragore del motore.
Nei primi tempi il traffico era molto disordinato, non c’erano semafori e tutti i pedoni camminavano e attraversavano a casaccio.

Via Roma

Via Roma – Cartolina Appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

In un primo tempo era obbligatorio suonare la tromba nell’abitato, la tromba era una pera di gomma.
Poi venne proibito suonare nell’abitato e fu un disastro perché la gente continuava a stare in mezzo, a volte si doveva gridare dal finestrino o dare un’accelerata a vuoto per avere il passo.

Via XX Settembre (2)

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

I vigili davano molte multe, specialmente per eccesso di velocità, queste fioccavano specialmente in fondo a Via Cantore, dove la strada larga e la discesa invitavano a esagerare.
Per vendicarsi del vigile gli si dava del voi come si faceva con le persone inferiori.

Via Palestro

 Via Palestro 1916
Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

Grazie a Raffaella per avermi prestato questo diario prezioso, è una lettura a dir poco emozionante.
Grazie a Stefano Finauri, le sue immagini abbinate a queste memorie sono ancora più suggestive.
E grazie di cuore a Francesco Dufour,  camminare con lui per le strade della Superba è meraviglioso, ho un nuovo amico e presto anche voi leggerete altri racconti.
Un saluto a tutti voi lettori, vado procurarmi un velo da indossare per una gita in automobile!
Sapete, questa faccenda della polvere è a dir poco seccante!

Piazza De Ferrari (3)

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

22 pensieri su “Da un diario genovese del passato, automobili nella Superba

  1. Se l’autista usava il manuale dell’automobilista mi domando se esistesse già la patente, andrò a informarmi in rete. Certo che il traffico doveva essere regolamentato in modo alquanto bizzarro, inizialmente con tutta probabilità c’erano più cartelli e divieti per i carretti a cavallo che per le auto come testimoniano i tuoi post 😉 Davvero molto interessante questo diario, una vera fortuna poterlo leggere. Bacioni

    • Questa faccenda del manuale dell’automobilista mi fa ridere ogni volta che la leggo, mi immagino l’autista con il librone aperto che tenta di districarsi tra mille difficoltà!
      Sì, doveva essere un’impresa destreggiarsi nel traffico, santo cielo!
      Baci cara, buona giornata!

  2. Wow! Wow wow wow!! Perché questi antenati che scrivono io non ce li ho? E devo scrivere e ricostruire tutto io?
    Ma senti un po’… si poteva eliminare la marmitta? Io non mi intendo di motori ma la marmitta dalla mia macchina non la eliminerei!!
    Ciao 🙂

    • E’ fantastico questo diario, una vera gioia poterlo leggere!
      Tiptoe non fare domande difficili eh, io riporto quel che ho letto, a quanto pare è proprio così 🙂
      Un bacione a te cara!

  3. Eh lo credo bene Dufour le caramelle “e ciappellette” chi non l’ha mangiate, loro e altre famiglie storiche potevano permettersi i “bolidi” dell’epoca prototipi antesignani delle vetture prodotte in serie, certo allora avere un’automobile era veramente un simbolo di ricchezza e grande distinzione!!! Miss hai fatto centro un’ altra volta il tuo è un post bello,affascinate e istruttivo per noi figli delle strade asfaltate e super veloci,Autostrade,Statali,e del Codice della Strada…….però la repressione multarola c’era anche allora e loro si rifacevano col “voi” non con le parolacce…….magnifico!!! Miss veramente Grazie che ci affascini,allieti con questi tuffi nel passato, ma non molto remoto gli albori dell’ automobilismo di massa!!!Un caro saluto e un grande abbraccio!:)
    Ps: Grazie a Francesco Dufour per la precisione dei dettagli,abbigliamento passeggeri e autisti e problematiche varie delle auto e grazie al solito Stefano Finauri che belle foto di De Ferrari e le altre!

    • Sì, le celeberrime ciappellette, certo!
      Hai visto che racconto incredibile? Leggerlo è un divertimento unico, sono molto grata a chi mi ha fatto avere questo diario.
      E gli aneddoti sulle automobili non sono finiti, presto una nuova puntata!
      Spero che il Signor Francesco da lassù ci guardi e che sia contento del fatto che ci appassionano le sue storie… e comunque adesso lo sappiamo, in caso servisse si può dare del voi 🙂
      Grazie carissimo, un abbraccio grande!

  4. Interessante questo diario che ci riporta indietro nel tempo! Belle come sempre le cartoline che lo illustrano. Leggendoti si fanno continuamente nuove scoperte! Bacioni Miss!

  5. Fantastico tuffo nel passato cara Miss Fletcher, tutto così dettagliato e ricercato…che bello, sembra d’esserci!
    Ma per il velo da gita in auto….scegli un colore che ti doni e che stia bene con il tuo incarnato, non avvezzo al plebeo sole cocente 😉
    Strabaciottoli Susanna

  6. Grande………. me raccomando a fitou……….t’aspetemmo…….l’è tuttou troppo bellou T’abbrazzou cariscima!!!:)

  7. ma che meraviglia, miss! quanto erano belle quelle automobili e poi l’idea del velo in testa……mamma mia, che fascino. Il mio lo vorrei azzurro!
    un abbraccio
    Emanuela

  8. Grazie Dear Miss Fletcher, un racconto, anzi una testimonianza, davvero preziosa!
    Mi hai tra l’altro fatto venire in mente che, poco prima che io e te ci conoscessimo in quel del Colombo, io avevo conosciuto un paio di discendenti del buon Francesco, non ricordo come si chiamassero di nome, ma di cognome ovviamente facevano Dufour. Erano due fratelli, ma quasi coetanei, visto che la differenza tra loro era di un anno solo.
    All’epoca avevo 13 anni e uno di loro era mia coetaneo, e ci incontravamo all’Andrea Doria, alle lezioni di nuoto.
    Me li ricordo come ragazzi estremamente timidi e semplici. Non davano molta confidenza a nessuno, specie a quelli troppo esuberanti. Un pochino di confidenza, semmai, l’avevano con me, visto che ero come loro, molto timido: una sorta di affinità elettiva, per dirla alla Goethe.
    Quel che poi era proprio scandaloso agli occhi di mia madre, era appunto la loro estrema semplicità: nonostante fossero sicuramente molto ricchi, andavano vestiti, non dico da pezzenti, ma comunque non si distinguevano da me e dagli altri. Lo stesso valeva per una loro cugina più piccola, che invece nuotava con mia sorella, e che portava un altro cognome non certo ignoto qui a Genova, e non solo.
    Mi ricordo, una volta, mia mamma, appunto, che ci raccontava, sempre scandalizzata, come la mamma di questa piccola cugina dei Dufour, durante le attese al bar dell’Andrea Doria, mentre le rispettive figliuole nuotavano in piscina, avrebbe condiviso con lei le dritte su quale mercato di Genova avesse i prezzi migliori!
    Ma come – diceva mia mamma –, questa è ricchissima e va a cercare nei mercati gli stracci più a buon mercato!!??
    Si era alla fine degli anni ’70… In effetti, gli anni successivi sono sicuramente stati molto diversi.
    Comunque, Dear Miss Fletcher, non mi ricordo se già ti sei occupata di quella epigrafe latina in Corso Italia, poco dopo l’incrocio con via Piave, che riporta la frase sentenziosa: Pecunia, si uti scis, ancilla est, si nescis, domina.
    Qualcuno mi ha detto che rimonterebbe proprio a quelle famiglie, in tal caso sarebbe in piena sintonia con questi miei ricordi. Non trovi?

    • Caro Roberto, la semplicità direi che è un pregio!
      E sai che della lapide della quale mi parli non conosco l’origine? Sarebbe interessante saperne di più, io trovo quella frase molto saggia, sai.
      Un abbraccio e grazie di aver condiviso qui i tuoi ricordi!

  9. Ma sai che la storia del “voi” al vigile paragonandolo alle persone inferiori non la sapevo? Insomma mal visti già dai vecchi tempi. L’eccesso di velocità… 😀 In questo articolo sembra davvero di aver fatto un salto nel passato, molto bello sei stata brava coadiuvata da persone che arricchiscono la tua capacità. Complimenti a tutti siete una vera squadra e ne è uscito un articolo molto bello. Baci.

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  12. Miss, sempre “succulento” questo Diario! succulento come, del resto, le Dufour gommose alla frutta che piacciono moltissimo al mio nipotino e devo ammettere, pure a nonno e nonna del suddetto nipotino…

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