È una cartolina del tempo passato, mi ha colpito per l’inquadratura e per la nitidezza dell’immagine: il soggetto è il decantato monumento al Duca di Galliera di Giulio Monteverde nella sua collocazione originaria non distante della Stazione Marittima.
Come sappiamo, in tempi recenti la statua ha trovato una nuova sistemazione sulla rotonda di Via Corsica e adesso l’opera magnifica della quale scrissi in questo post si staglia contro il cielo blu di Carignano e davanti al mare di Genova.
La cartolina, spedita nel 1927, ci mostra invece il monumento a questa maniera e così circondato da curatissimo verde.
Si passeggia in rilassata quiete in questa parte di Genova così vibrante e vivace.
E noi che viaggiamo nel tempo finiamo per apprezzare ancora di più gli scorci, le vedute, il profilo della Lanterna sullo sfondo e la sobria eleganza dei lampioni che rischiarano la via.
Verrebbe proprio voglia di mettersi a sedere su una panchina con questi genovesi di un altro tempo a farsi raccontare da loro le storie del tempo passato!
E tuttavia una storia di istanti perduti è scritta proprio a tergo di questa questa cartolina da me acquistata per la bellezza del soggetto: una volta a casa però mi sono accorta che svela un frammento di vita semplice ma molto interessante per me che amo giocare con la fantasia.
La cartolina fu scritta e spedita da Genova a Milano da un’amorevole mamma a suo figlio, l’Ingegner Paolo.
La signora scrive parole affettuose per lui e poi manda i suoi saluti a una certa Zia Angelina, infine con una certa solerzia si raccomanda di avvisare che lei e il suo consorte sarebbero arrivati a Milano per il pranzo di venerdì e quindi era importante che la Zia Angelina impartisse gli ordini necessari all’Armida.
Ecco, chi sarà mai stata l’Armida? Ah, io da subito ho pensato che fosse la cuoca o comunque un signora impiegata in quella casa.
Ed è naturale immaginarsi la zia Angelina che corre tutta trafelata dall’Armida raccomandandole di fare le cose a modo per il pranzo dei signori e così la paziente Armida annuì e fece del suo meglio preparando deliziosi manicaretti nell’elegante dimora milanese dei signori.
Poi venne quel venerdì e tutti si riunirono intorno a quel tavolo per quel pranzo che era stato annunciato con una bella cartolina.
E così si intrecciano le storie, anche quelle piccole e dimenticate che ci portano ad un tempo che non abbiamo vissuto.
C’era una bella cartolina scelta cura e ritraeva il monumento al Duca di Galliera.
E poi c’erano un’affabile signora con il suo consorte, l’ingegnere che era il loro figlio, la zia Angelina e la paziente Armida: era il 1927, tra Genova e Milano.
Bellissima questa storia di vita quotidiana riportata ai nostri giorni dalla tua cartolina , insieme ai suoi protagonisti ! Che bello pensare che ci fu un tempo lento e accuratamente organizzato nei dettagli, tanto da arrivare ai giorni nostri anziché essere assorbito anonimamente dentro la storia …
Davvero, la penso proprio come te, quelle poche righe restituiscono un nitido quadretto famigliare ed è stato un po’ emozionante immaginare tutti loro. Grazie Brunattola, buona giornata a te.
E sembra proprio che allora la posta funzionasse a dovere…
E ne avevano grande fiducia, direi.
Dovevano essere proprio certi della solerzia delle poste per affidare un messaggio di tal fatta ad una cartolina postale! Quando eravamo piccole noi ricordo che arrivavano un po’ quando volevano… e comunque quelllo scorcio con le panchine è stupendo! Un bacione 😘
Davvero! Lo scorcio piace tanto anche a me e trovare poi il testo a tergo è stata una bella sorpresa.
Un bacione a te cara, grazie!
Miss, nel ’27, erano i treni che arrivavano in orario, non le cartoline…
Se fossi andato in un certo albergo davanti alla stazione Marittima a quel tempo avresti visto il monumento!
lo so… e si presentava assai bene il piazzale… il monumento è stato trasferito a causa della metropolitana, no?
Eh sì, esatto, meno male che ha trovato una nuova collocazione, sono contenta di questo.
Adoro questi tuoi (tu li chiami fantasiosi) racconti ma potrebbe essere proprio così.
Direi che mi toccano il cuore perchè anch’io sono così,alla buona chiudo gli occhi e vedo tutto,penso anche che la signora ARMIDA avesse anche un bel grembiulino con il pizzo e il copricapo,e che le camicie dell’ingegnere Paolo fossero stirate anche bene magari con un ferro a carbone.O deliziosa Miss le ore con te passano bene e in armonia con il creato.Grazie e quanto bene fai! Mi pare di sentire le parole dell’ingegnere alla sua fida Armida:”venerdì mattina vado a Principe a prendere i miei,Lei prepari la stanza…a dimenticavo la mamma la saluta”
Grazie Mauro, io mi diverto a scriverli, è bello giocare con la fantasia.
errata corrige la stazione di Milano non si chiama Principe.
Facciamo stazione Centrale, dai!
Come al solito sei bravissima, pochi riuscirebbero a giocare con la fantasia come fai tu, il bello è che la tua analisi potrebbe essere vera.
Eugenio, grazie di cuore, detto da te è un vero onore! Un abbraccio!